Gli zoo non sono mai accettabili.
Limitare la libertà di un essere vivente, incatenarlo in un habitat che non gli appartiene, per fini ricreativi, è qualcosa di mostruoso, che poco ha a che fare con la parola “umano”. O non è così? Siamo stati in grado di smentirci. Il vero mostro è dentro di noi. Gli zoo umani li abbiamo dimenticati. Sepolti nella storia del razzismo.
Eppure li abbiamo creati, gli esseri umani si sono spinti fino a tanto. La loro crudeltà si è spinta fino a rinchiudere uomini di colore in gabbie da zoo per la gioia dei bianchi che si recavano a guardarli. Accadeva tra il 1800 e il 1900 un po’ ovunque. In città come Parigi, Amburgo, Antwerp, Barcellona, Londra, Varsavia, New York, i neri venivano esibiti come animali davanti a file di Europei dagli occhi brillanti e il cuore arido, un cuore che aveva dimenticato l’umanità.
Ben 34 milioni di visitatori, ogni sei mesi, a Parigi. Questa storia mi ha ricordato il motivo per cui ho deciso di intitolare questa rubrica “Stay human”. Restare umani non è così semplice. Non ci siamo riusciti in passato, e il presente non fa che confermare che secoli di evoluzione non sono bastati a farci acquisire questa capacità. Restare umani. Già sforzarci di farlo ci rende tali. A questo punto le immagini, con brevi didascalie, saranno molto più eloquenti.
Sundra Sorrentino
Una bambina africana, a Bruxelles, riceve del cibo da una visitatrice.
Il pigmeo congolese Ota Benga, era costretto a girare per il parco portando con sé delle scimmie.
Ragazza ventenne, proveniente dal Sudafrica, affetta da steatopigia, esibita come una venere del Paleolitico, per le caratteristiche genetiche causanti la somiglianza con le famose statuine.
Pigmei costretti a danzare per intrattenere i visitatori inglesi e tedeschi.