L’Italia ha un modello di giustizia costituzionale caratterizzato prevalentemente da un giudizio successivo, accentrato, ad accesso indiretto. Non mancano le eccezioni esistendo, ad esempio, una forma di sindacato preventivo che, però, dopo la riforma del Titolo V Cost. opera solo con riferimento agli Statuti regionali in caso di impugnazione da parte del Governo. Sussiste, ancora oggi, un sindacato preventivo di legittimità su regolamenti amministrativi governativi o ministeriali.
Invece, unica ipotesi di sindacato diffuso è quella che si attiva in via sussidiaria in caso di non funzionamento della Corte costituzionale. La VII disp. Trans. Cost. disponeva che prima dell’entrata in vigore della Costituzione dovessero essere i giudici ordinari a sollevare le controversie relative alla costituzionalità delle leggi con gli strumenti e gli effetti propri del sindacato diffuso. Questo meccanismo diverrebbe ancora oggi attuale in caso di un qualsivoglia impedimento duraturo al funzionamento della Corte stessa. Un giudizio in via diretta della Corte si avrà invece solo nell’eventualità che lo Stato impugni una legge regionale o che la Regione impugni una legge statale o una legge di altra Regione.
L’art. 134 della Costituzione elenca le competenze attribuite alla Corte Costituzionale. Essa innanzitutto vaglierà la legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni, risolvendo le relative controversie. Si occuperà, inoltre, di risolvere i conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni e tra le Regioni. Allo stesso modo, negli Stati federali le varie Corti Costituzionali si occupano di dirimere le controversie sorte tra Stato federale e Stati federati.
Un’ulteriore peculiare funzione della Corte è quella di giudicare relativamente ai reati commessi dal Capo dello Stato o dai membri del Governo, reati che, solitamente, sono legati allo svolgimento dell’attività politico-istituzionale. In Italia la Corte Costituzionale è chiamata a giudicare anche l’ammissibilità del referendum.
Tra le leggi e gli atti aventi forza di legge oggetto del sindacato della Corte bisogna ricomprendere non sono solo le leggi ordinarie, bensì anche le stesse leggi di revisione costituzionale. Il vaglio della Corte riguarderà sia i possibili vizi formali (ovvero quelli prodotti dalla violazione delle regole procedurali) sia quelli materiali (prodotti dalla lesione dei limiti posti dalla nostra Carta, sia esplicitamente, sia implicitamente). In relazione a quest’ultimo aspetto, posto pacificamente che oggetto del sindacato possono essere anche le leggi antecedenti all’entrata in vigore della Costituzione, lo stesso sindacato sarà però limitato ai soli vizi materiali, dato che le le stesse, al tempo, sono state emanate nel rispetto delle procedura allora vigenti. Nella categorie degli atti aventi forza di legge sono ricompresi i decreti legge e i decreti legislativi. Il decreto legge potrà, nello specifico, essere oggetto del vaglio, solo se impugnato e giudicato dalla Corte nei sessanta giorni in cui è provvisoriamente vigente o, in un’altra sola ipotesi: se reiterato dal Governo contrariamente a quanto ribadito dalla Corte stessa in varie pronunce. Infatti se il decreto non fosse convertito in tempo, la decadenza avrebbe effetto su tutti i rapporti determinando l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale. Invece, se convertito, la questione di legittimità riguarderebbe la relativa legge derivante dalla conversione e non più il decreto stesso.
Pur essendo, come detto, il sindacato esteso anche alle leggi regionali, non esistono nel nostro ordinamento atti con forza di legge emanati dalle Regioni.
Le decisioni della nostra Corte Costituzionale, possono materialmente avere la forma della sentenza e dell’ordinanza. Con la prima si definisce il giudizio, si chiude il processo. La seconda, sebbene nella prassi, talvolta, venga usata anche per chiudere il processo, si caratterizza per essere uno strumento interlocutorio volto a risolvere le questioni sorte nel corso del processo.
Gennaro Dezio