Extinction Rebellion
Fonte: The Times UK

A pochi giorni dal termine della settimana di Ribellione Internazionale, la ribellione è tutt’altro che finita. Il movimento ambientalista Extinction Rebellion ha scosso le capitali di tutto il mondo con un’ondata di mobilitazione di massa a partire dal 7 ottobre.

Tra la festa tecno davanti al Ministero dell’Ambiente berlinese e lo sciopero della fame degli attivisti di Extinction Rebellion Italia, passando per i “die-in” (performance in cui tutti gli attivisti si stendono a terra mimando una morte di massa) e i “glue-on” e “lock-on” (tecniche di disobbedienza civile che consistono nell’incatenarsi o incollarsi a un edificio), da Amsterdam a Melbourne, da New Delhi a Cape Town, la Ribellione è arrivata in ogni angolo del globo.

Ribellione che, nonostante il divieto della polizia, continua tutt’ora a Londra. Solo qualche giorno fa The Guardian ha reso pubblico l’arresto di uno tra i giornalisti che stavano coprendo (e partecipando) alle proteste.

Meno di una settimana fa la polizia di Washington ha arrestato la nota attrice Jane Fonda. Ma Fonda non è l’unica ultraottantenne ad essersi aggiudicata l’attenzione della stampa: a Londra i pensionati arrestati sono stati numerosissimi, e la foto dell’ottantatreenne Phil Kingston incollato ad un treno londinese mentre mangia un sandwich è presto diventata virale.

Extinction Rebellion
Una performance di die-in a Berlino [Credits: South China Morning Post]

Ma per quale motivo tanti attivisti di Extinction Rebellion accettano di farsi arrestare?

Gli attivisti di Extinction Rebellion credono nella necessità di una risposta urgente dei governi alla crisi climatica.

Le loro richieste sono chiare: i governi di tutto il mondo devono diffondere la verità sulla gravità della situazione climatica, così come fanno gli scienziati già da tempo; bisogna adottare misure vincolanti per ridurre le emissioni di CO2 allo zero netto entro il 2025 e costituire un’assemblee di cittadini/e per supervisionare le misure di amministrazione dei territori, per il compimento di una vera e pura democrazia diretta.

La strategia con la quale si propongono di raggiungere tali obiettivi è quella dell’azione diretta non-violenta, cioè la disobbedienza civile. Sì, è vero, gli attivisti prendono parte ad azioni illegali. Ma è davvero così assurdo farsi arrestare per la sopravvivenza del nostro pianeta? La questione ovviamente è che cosa riteniamo essere moralmente giusto o sbagliato. La disobbedienza civile si basa precisamente sul concetto di infrangere una legge considerata ingiusta.

Se Gandhi non avesse mai raccolto il sale insieme ad altre 79 persone, probabilmente l’India oggi non sarebbe un Paese indipendente. Se centinaia di bambini non si fossero fatti arrestare a Birmingham il 2 maggio 1963, forse gli Stati Uniti avrebbero proseguito con la politica di segregazione razziale. Dopo una settimana è ancora difficile determinare se le proteste di Extinction Rebellion abbiano avuto successo, però sicuramente sono riuscite ad attirare l’attenzione pubblica (e spesso anche molte critiche).

La polizia porta via un’attivista a Londra [Credits: The Guardian]

Extinction Rebellion è un movimento di estremisti?

Un’altra accusa che viene mossa a Extinction Rebellion, soprattutto dal Regno Unito, è di essere un movimento di estrema sinistra anti-democratico. Il principale imputato delle critiche è uno degli slogan delle proteste che recita “We want system change not climate change”.

Secondo alcuni, le richieste di Extinction Rebellion di diminuire la produzione di beni materiali e rivedere il sistema di riproduzione capitalista sono posizioni anti-benessere provenienti da un movimento anti-democratico e anti-liberale che mira a far cadere le democrazie occidentali.

Qualcuno li ha addirittura definiti eco-fascisti. Chiaramente la richiesta di portare a zero le emissioni di CO2 implica necessariamente fare a meno di tante cose, ad esempio le automobili private. Secondo molte persone, soprattutto nell’opinione pubblica tedesca, nessuno dovrebbe limitare la libertà di ogni cittadino europeo di comprare cannucce di plastica e guidare la propria Audi al massimo della velocità.

Ma la libertà personale di una minoranza della popolazione globale può essere più importante della libertà di tutta l’umanità a sopravvivere e a non andare incontro all’estinzione?

E soprattutto, non c’è più tempo perché ognuno scelga uno stile di vita sostenibile per proprio conto. C’è bisogno che i governi agiscano sulle grandi multinazionali che producono CO2, rendendo uno stile di vita sostenibile non una scelta ma la norma. È necessario superare l’idea che la Terra abbia risorse infinite e che sia possibile continuare a sfruttarle per sempre.

Extinction-Rebellion
Le proteste a Oxford Circus, Londra [Credits: Desmog.co.uk]

Ma essere anti-capitalisti significa essere anti-democratici (o addirittura eco-fascisti)?

Molti sostengono che Extinction Rebellion sia troppo radicale, e appoggiano invece Fridays for Future.

Sebbene entrambi i movimenti abbiano dichiarato pubblicamente di sostenersi a vicenda, dal mio punto di vista Extinction Rebellion, pur essendo più radicale, ha una strategia di azione più coerente ed efficace.

Non solo per la disobbedienza civile, ma soprattutto per le pratiche democratiche: la struttura non gerarchica e decentralizzata del movimento, l’importanza attribuita alle assemblee nel contesto della protesta (a tutti i livelli, dal gruppo di amici fino a quelle cittadine, regionali, nazionali, etc…) e ai momenti di scambio non solo di informazioni (discussioni, conferenze, workshop) ma anche emotivo.

Sarebbe riduttivo pensare che la democrazia sia possibile soltanto nell’ambito di un sistema capitalista. Piuttosto la democrazia è una pratica politica che Extinction Rebellion sostiene ogni giorno, insieme ad altre pratiche come la cosiddetta “cultura rigenerativa”.

Mettere tra i propri obiettivi la creazione di un’assemblea di cittadini/e scelti in maniera casuale tra la popolazione significa credere fermamente nella capacità delle persone comuni (fornite ovviamente di un’adeguata informazione scientifica) di prendere le decisioni migliori per il benessere collettivo.

Il Klima Camp, davanti al Parlamento tedesco a Berlino [Credits: Worldunion.info]

È proprio questa pratica di democrazia attiva che rende Extinction Rebellion un movimento rivoluzionario. Non credo che l’obiettivo ultimo sia quello di rovesciare il governo, come sostengono alcuni critici. Al contrario Extinction Rebellion crede nella possibilità che il consenso della popolazione sul tema climatico convincerà il governo a cambiare e che quelle stesse persone debbano essere rese responsabili del proprio futuro.

Ed è proprio in questo momento di quella che Paulo Freire definirebbe “prassi rivoluzionaria” che si creano le basi per la democrazia: quando le persone agiscono insieme e successivamente si riuniscono per riflettere e prendere decisioni, ci si libera dalla sensazione che lo Stato sia un’entità esterna e si inizia a partecipare in prima persona alla vita democratica.

Claudia Tatangelo

Quotidiano indipendente online di ispirazione ambientalista, femminista, non-violenta, antirazzista e antifascista.

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