L’avvento dei social network ha rivoluzionato la vita di chiunque, in primo luogo di coloro che ne usufruiscono, ma anche dei pochi stimabili che, al contrario, non ne fanno uso.
L’effetto domino dei social ha contribuito enormemente a cambiare anche il mondo del lavoro, con l’introduzione di tecnologie ad hoc (vedi alla voce LinkedIn), ma soprattutto nell’ambito delle relazioni che si stabiliscono sul posto di lavoro: in primis con il proprio capo.
Dipendenti e manager sono spontaneamente portati a sviluppare un rapporto umano, ancor prima che professionale; su Facebook possono stringere amicizia e guardare foto e interessi reciproci, su Twitter scambiarsi consigli, contatti o il Vine all’ultima moda. Tuttavia, ci sono delle controindicazioni.
L’utilizzo smodato dei social e la loro integrazione con la quotidianità hanno dato vita ad un fenomeno che può sembrare surreale, vista l’attuale situazione del mercato del lavoro: sempre più frequentemente, dipendenti seri e preparati si licenziano, rinunciando a contratti a tempo indeterminato, a causa di ingestibili incomprensioni, screzi, dissidi con il proprio manager.
Dagli Stati Uniti, un approfondimento dell’Huffington Post enuncia le nove principali cause di questa realtà, legate principalmente ad una totale mancanza di empatia del “boss” nei confronti dell’ “employee“: assenza di riconoscimenti adeguati, di stimoli, di soddisfazione, di creatività.
Anche in Italia, ove il Jobs Act sembra inefficace e il mercato del lavoro è in costante crisi, non è per nulla impossibile entrare in contatto con situazioni analoghe, con dipendenti sotto contratto a tempo indeterminato che decidono di abbandonare le proprie sicurezze per allontanarsi da un ambiente lavorativo, ma soprattutto da un manager inadeguato.
A tal proposito, interessantissime sono le testimonianze dirette di Marco, Ludovica e Stella (pseudonimi) raccolte da Centodieci – Mediolanum Corporate University, che raccontano la propria esperienza e suffragano ulteriormente una realtà sempre più diffusa: il reciproco rispetto e un rapporto umano gratificante con il proprio capo possono valere più di un contratto a tempo indeterminato.
Andrea Massera