Grandi opere, tutti in piazza per il "No": #SiamoAncoraInTempo?

Il 23 marzo, a Roma, avrà luogo la marcia per il clima e contro le grandi opere inutili. La manifestazione, che partirà da Piazza Repubblica alle ore 14:00, vedrà la partecipazione di oltre 650 comitati. Lo scopo sarà quello di opporsi, con un grande ‘’No’’, a tutti quei progetti di opere definite ‘’inutili’’ e dannose per l’ambiente.

Sulla base dei principi affermati pochi giorni fa (come al Fridays for future), sarà dunque ribadito con fermezza che la gestione del territorio deve sempre confrontarsi con le persone che lo abitano.

Dai No-TAV ai casi finiti nel dimenticatoio della politica: ecco quali sono i comitati contro le grandi opere

Come detto, in campo ci saranno centinaia di comitati. Tante piccole realtà, ognuna con un motivo diverso e con la propria battaglia da mandare avanti. Per questo, dal momento che risulterebbe difficile enumerarle tutte, facciamo una panoramica sulle maggiori rappresentanti di questo grande corteo:

No TAV; due paroline che sentiamo (ahinoi) ogni giorno e che abbiamo ormai memorizzato come un mantra. Il caso – inutile ricordarlo – è quello maggiormente dibattuto rispetto a quanto avviene per le altre grandi opere e riguarda l’opposizione alla creazione del Treno merci ad Alta Velocità, che dovrebbe coprire la tratta Torino-Lione.

No Ilva; l’Ilva di Taranto, l’acciaieria più grande d’Europa, è stata posta ‘’parzialmente’’ sotto sequestro dalla magistratura nel 2012, con il conseguente arresto di alcuni dei suoi dirigenti. Ancora oggi è oggetto di discussione, visto che la chiusura totale dell’impianto determinerebbe il licenziamento di migliaia di lavoratori (tutelare l’ambiente o tutelare il lavoro? Questo è il dilemma…) e un forte impatto sul PIL.

No TAP; con “TAP” si intende il gasdotto che dovrebbe permettere a diversi paesi europei (attraverso un canale posto tra le coste pugliesi e quelle dell’Albania) di beneficiare delle riserve di metano dell’Azerbaigian. Inizialmente bocciato dal Movimento 5 Stelle, è ora avallato dalle forze di governo, in virtù dei costi di uscita dal progetto ormai troppo elevati.

No Triv; altro tema che ha scaldato l’opinione pubblica in passato, culminato nel referendum abrogativo (reso però inutile dal non raggiungimento del quorum) dell’aprile 2016. Le trivelle – da qui l’abbreviazione “triv” –, poste nel Mediterraneo, hanno lo scopo di ricercare fonti di energia fossili. Il comitato del No promuove, invece, l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili.

No Grandi Navi; come facilmente intuibile dal nome, ci si oppone alle compagnie crocieristiche che vanno contro il divieto di approdare in Laguna, a Venezia.

No MUOS; il Mobile User Objective System è un moderno sistema di telecomunicazioni satellitare della marina militare statunitense, composto da cinque satelliti e quattro stazioni di terra (di cui una a Niscemi). Il comitato No MUOS esprime perplessità sulle conseguenze che l’installazione dell’impianto ha sulla salute, sull’ecosistema e sulla qualità dei prodotti agricoli, data la potenza delle radiazioni emesse dallo stesso.

No TTIP; chi si oppone al trattato di liberalizzazione commerciale USA-UE teme che un accordo simile, oltre a manifestare una certa ostilità nei confronti dei Paesi emergenti (es. Cina, India, Brasile), darebbe un potere decisionale troppo importante a organi sovranazionali, che avrebbero così l’ultima parola anche su provvedimenti potenzialmente pericolosi per l’ambiente.

Tutti gli altri comitati contro le grandi opere (vedi No Centrale del Mercure, No Megalotto 3 sulla SS106 Jonica e tanti altri ancora), pur non avendo la stessa risonanza dei precedenti a livello mediatico, conservano lo stesso una grande importanza. Anche e soprattutto per questo scenderanno in piazza per far sentire la propria voce.

Grandi opere “inutili” e imposte: che impatto hanno e a chi convengono davvero?

Tutte queste grandi opere, come si evince anche dal titolo della manifestazione, sono definite “inutili” e “imposte”. Inutili perché, secondo i comitati che marceranno il 23 marzo, avrebbero come unico fine il guadagno dei cosiddetti “ricchi” (chiamati in questo modo dagli stessi manifestanti). Coloro, cioè, che trarrebbero benefici economici dalla costruzione di impianti e opere, appunto, ignorando anche totalmente la cura del territorio e il rispetto per l’ambiente.

Proprio l’impatto ambientale che queste opere produrrebbero è alquanto rilevante e ha, come prima conseguenza, il tanto celebre riscaldamento globale, tornato di stretta attualità grazie al Global Strike for Climate della scorsa settimana.

Per questa ragione, infatti, tali progetti appaiono come un’imposizione agli occhi degli abitanti che popolano le zone coinvolte nei lavori. Gli stessi cittadini si sentirebbero dunque messi in pericolo da decisioni fuori dalla loro volontà e governate da interessi di natura puramente economica.

I comitati sono numerosi ed eterogenei, ma cosa li unisce?

Abbiamo parlato della quantità di rappresentanze che saranno presenti a Roma il 23 marzo. Grandi numeri, però, comportano una altrettanto grande eterogeneità.

Tuttavia, questi comitati – seppur separati da motivi geografici – condividono una lunga lista di principi (esposti perfettamente qui), che saranno di fatto alla base della manifestazione. Principi che, per certi versi, somigliano quasi a delle “richieste” rivolte alle istituzioni, così sintetizzabili:

  • riduzione drastica dell’uso di fonti energetiche non rinnovabili;
  • gestione diversa (auspicabilmente migliore) del ciclo dei rifiuti;
  • abbandono di progetti riguardanti opere e infrastrutture inutili e dannose, con conseguente concentrazione delle risorse su interventi ben più necessari (messa in sicurezza di zone a rischio idrogeologico o sismico, bonifica dei territori, riconversione energetica, educazione ambientale eccetera);
  • garanzia del diritto all’acqua pubblica;
  • nuova Strategia Energetica Nazionale riscritta senza interessi terzi.

Si richiama pacificamente, dunque, a una maggiore attenzione da parte dei politici e dello Stato in generale, il cui obiettivo primario dovrebbe essere proprio la salvaguardia della salute e del benessere del territorio, oltre che dei propri cittadini.

Si marcia al grido di #SiamoAncoraInTempo: lo siamo davvero? Se sì, da cosa si comincia?

Per rispondere all’esigenza (più “social” che sociale) dei tempi moderni, l’evento di sabato sarà etichettato con l’hashtag #SiamoAncoraInTempo. Prima di iniziare a scrivere cartelli e a riempire bacheche con questa frase, però, occorre fermarsi un attimo e riflettere: siamo davvero ancora in tempo? Abbiamo ancora speranze o dobbiamo arrenderci all’inesorabile suono del gong ormai imminente?

Mettiamola così: è un po’ come se dovessimo prendere l’autobus alle 07:00 e avessimo posposto la sveglia di 5 minuti in 5 minuti, fino ad arrivare alle 06:45.

Ecco, diciamo che il tempo c’è, ma dobbiamo smetterla di procrastinare e alzarci se vogliamo farcela. Certo, magari avremo bisogno del caffellatte con pettinata incorporata (cit.), ma salvarci è ancora possibile.

Pertanto – appurato il fatto che sì, siamo ancora in tempo – cerchiamo di soddisfare anche l’ultimo quesito: da dove cominciamo?

Di sicuro, opporsi alla costruzione delle grandi opere (soprattutto di quelle inutili) è un obiettivo ambizioso, ma un grande risultato si ottiene solo attraverso la cura dei dettagli.

E allora, iniziamo a non lasciare mozziconi di sigarette ovunque ci troviamo (smettere di fumare sarebbe meglio, ma questo è un altro paio di maniche…), a non considerare la raccolta differenziata come un esperimento per la cura del daltonismo e a non gettare quei maledetti fazzolettini dal finestrino (e neanche i frigoriferi, possibilmente).

Magari, così facendo, il messaggio arriverà forte e chiaro anche alla politica. Perché l’ambientalismo non è né di destra né di sinistra: è un valore universale e bisogna ricordarselo prima che sia troppo tardi, persino a costo di prendere l’autobus al volo (ri-cit.).

Per non doverci ridurre, un giorno, a chiederci se abbiamo salvato il mondo e a risponderci: “Non l’ho mai fatto, ma l’ho sempre sognato”.

Samuel Giuliani

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