I santuari animali, o oasi, sono rifugi che accolgono gli “animali da reddito” che sono stati liberati dagli allevamenti intensivi o da situazioni di maltrattamento. Le ragioni per cui gli animali vengono sfruttati sono tante: quando mangiamo, quando ci vestiamo, quando assistiamo a uno spettacolo dobbiamo chiederci se questo causa sofferenza agli animali e se ne provoca la morte.
Uso degli animali per l’alimentazione umana
Il tipo di sfruttamento che direttamente danneggia gli animali è il loro utilizzo come fonte di cibo. Si dà per scontato che usare gli animali come cibo rappresenti la normalità e che essi non risentano delle atroci sofferenze che subiscono durante il processo di allevamento. La realtà è ben diversa.
La vita di polli e galline è una vita breve e sofferta: la maggior parte viene allevata per diventare carne o per la produzione di uova, in allevamenti intensivi e spazi ristretti. Trascorrono la loro vita sotto luci artificiali che alterano i cicli biologici. Tutto questo causa stress negli animali che iniziano a strapparsi le penne l’un l’altro e si è spesso assistito a casi di cannibalismo. Per evitare tutto questo gli allevatori hanno iniziato a tagliare il becco agli animali, una operazione dolorosa generalmente effettuata tramite lama o attraverso la troncatura a raggi infrarossi.
I maiali vivono in condizioni di sporcizia e in spazi molto ristretti. Le scrofe usate per l’accoppiamento vengono rinchiuse in gabbie, impossibilitate a muoversi. I maialini vengono mutilati e uccisi dopo poco tempo.
Spesso si crede che usare gli animali per la produzione di latte non comporti alcuna conseguenza. Invece le mucche sono costrette a partorire per produrre latte e vitelli, in seguito separati dalla madre e portati al macello: i vitelli possono essere uccisi appena nati per avere carne più tenera, oppure fatti crescere per qualche mese per la produzione di “carne di vitello” o “carne bovina”. Le mucche possono essere uccise ancora giovani in caso di calo della produzione.
Lo stesso vale per pecore e capre: vengono impiegate per vari scopi, dalla lana al latte alla carne. Gli agnelli vengono uccisi prestissimo per diventare carne. Pesca e itticoltura contano il più alto numero di sfruttamento da parte dell’uomo: ogni anno milioni di questi animali soffrono terribilmente prima di venire uccisi.
Santuari e rifugi
Nel mondo esistono diversi tipi di santuari, che possono ospitare animali che appartengono alla stessa specie o a specie diverse. Molti di questi luoghi sono stati pensati per ospitare animali che sono stati salvati dal traffico illegale, dai circhi, dagli zoo o da allevamenti e fattorie. Gli animali che arrivano nei santuari vengono curati e, laddove possibile, liberati poi nel loro habitat naturale. Un ulteriore scopo di questi luoghi è anche educare le persone al rispetto delle altre specie: per chi vive in città è complicato entrare in contatto con animali come mucche e galline e questo è uno dei motivi per cui spesso – troppo spesso – si ignorano le caratteristiche comportamentali di questi animali. Esiste un sistema per cui siamo più empatici nei confronti di animali come il cane e il gatto, mentre non lo siamo per animali come i maiali o i pesci; questo sistema si chiama carnismo – termine coniato dalla psicologa e sostenitrice dei diritti degli animali Melanie Joy – ed è una forma di specismo per cui si mangiano certi animali e altri invece no. I santuari sono un modo per vedere come questi animali – considerati come cibo in potenza – si relazionano con i loro simili e con gli esseri umani.
In Italia è nata la Rete dei Santuari degli Animali Liberi, un network nato nel 2010 e che riunisce i santuari che si occupano degli animali da reddito salvati dallo sfruttamento. Un santuario non alleva, non acquista, non commercia alcun tipo di animale, si impegna a offrire agli ospiti la miglior vita possibile senza scopo di lucro. Ma i santuari sono purtroppo equiparati, a livello giuridico, a qualsiasi allevamento: gli animali sono quindi costretti a soddisfare quei requisiti richiesti per legge per l’animale destinato al consumo umano, un problema che è burocratico ma anche concreto, poiché spesso si traduce nell’impossibilità di somministrare certi farmaci agli animali. Dal 2012 però sono partiti alcuni tavoli di discussione con il Ministero della Salute per cercare di trovare un punto di incontro per inserire questi animali nella banca dati degli animali di affezione e toglierli quindi dall’anagrafe degli animali da reddito.
C’è, purtroppo, ancora molto da fare per costruire un mondo libero da ogni discriminazione e da ogni sfruttamento.
Valentina Cimino