Lo scorso 17 giugno, i giornalisti de “Il Mattino” hanno proclamato una giornata di sciopero in vista della procedura di licenziamento nei confronti di quattro lavoratori del settore prestampa impedendo l’uscita del quotidiano domenica 18 giugno e l’aggiornamento del sito web. Reale solidarietà o interesse personale?
C’è più di un sospetto su ciò che avrebbe spinto il Cdr de “Il Mattino” a proclamare lo stato di agitazione e il conseguente sciopero del personale. Le ultimi quattro procedure di licenziamento, infatti, aumenterebbero il carico di lavoro alla redazione del quotidiano in particolare sulle attività svolte dai poligrafici: quelle comunemente dette di prestampa.
I tagli del personale hanno inizio già nel 2016. L’1 gennaio, i primi tre licenziamenti: Maurizio Di Bianco, Leopoldo Centore e Ciro Anatella (sistemisti); nell’ottobre 2016, altri quattro dipendenti vengono fatti fuori: si tratta di Antonio Verde e Sissi Contessa (area diffusione), Annalisa Romano (ufficio del personale) e Liliana Scarpato (ufficio contabilità); e ancora, l’1 giugno 2017 tre gestori dell’area Help desk del giornale, Domenico Costagliola, Fabrizio Fiorenzano e Silvio Sonnino, venivano licenziati. Pochi giorni fa è stato il turno dei quattro poligrafici, Domenico Mazza, Arturo Piscitelli, Angela Riccio e Giovanna Manna che hanno chiuso il cerchio dei quattordici licenziamenti che hanno interessato il personale non giornalistico.
Insomma, nelle precedenti situazioni non fu mosso un dito. Nessuno sciopero, nessuno stato di agitazione, nessuna solidarietà. Ecco perché bloccare l’uscita del quotidiano il 17 giugno, in segno di solidarietà, agli occhi di tanti è apparso come un contentino. Non è da escludere che manchino le reali intenzioni di lanciare un messaggio chiaro e forte ai vertici dell’azienda, differentemente da quanto sta avvenendo all’interno della redazione de “La Città di Salerno“. Certo, far sentire la propria voce con Giovanni Lombardi e Vito Di Canto, non è proprio come quando di fronte hai uno tra i più ricchi imprenditori edili in Italia e nel mondo come Francesco Caltagirone.
Diverse persone con famiglie a carico si sono trovate, nel giro di un anno, senza un lavoro. Allo stesso tempo, effettuando qualche breve ricerca, si può notare come tre dei cinque piani della storica sede in via Chiatamone a Napoli siano inutilizzati da oltre dieci anni oppure, volendo andare più in fondo, proprio sul quotidiano “Il Mattino” si legge che il 2016 è stato un anno positivo: in crescita e con più estero. L’ennesimo capolavoro capitalista.
Paolo Vacca