Il dibattito sui Lavori Socialmente Utili da assegnare ai migranti, secondo quanto proposto dal prefetto Morcone in un’intervista al Corriere della Sera, si è acceso coinvolgendo diversi esponenti del mondo istituzionale, politico e della società civile.
Il prefetto aveva sottolineato, in qualità di capo del Dipartimento Immigrazione del Ministero dell’Interno, come l’affidamento di LSU ai migranti avrebbe il vantaggio di inserire in una realtà sociale e professionale soggetti che altrimenti si vedrebbero del tutto esclusi dal contesto di accoglienza, col pericolo di essere tentati dall’intolleranza nei confronti della società ospite e di diventare preda dello spettro della radicalizzazione, nonché delle mire della criminalità organizzata alla ricerca di manodopera disperata e a basso costo. Secondo quanto riportato dal Corriere, infatti, il Prefetto ritiene che <<non possiamo più lasciare queste persone appese in attesa di un destino che cada dall’alto. E che si abbrutiscano passando la giornata ad attendere il pranzo e la cena>>: i migranti dovrebbero poter aspirare ad un’attività lavorativa che, oltre che a benefici sul piano sociale in sé, potrebbe portare anche altri vantaggi di tipo economico e assistenziale. Tenendo infatti conto del fatto che gli stessi LSU possono esercitarsi con riguardo ai servizi di pulizia, custodia e manutenzione delle infrastrutture e degli arredi urbani, nonché interessare, ad esempio, l’assistenza agli anziani in difficoltà, secondo il Prefetto l’idea in questione si ripercuoterebbe positivamente sulle comunità ospitanti, <<nell’interesse (dei rifugiati e) della collettività>>. Va comunque sottolineato che lo stesso Morcone ritiene di poter applicare, oltre a trattamenti economici in linea con quanto già previsto per i lavoratori LSU italiani, anche corsie preferenziali per il consolidamento dello status di rifugiati e richiedenti asilo a coloro che si distinguano nelle attività assegnate: ciò implica peraltro che usufruirebbero di quello che a questo punto costituisce un vero e proprio “premio” <<solo quelli che sono legittimamente sul nostro suolo: i rifugiati o chi ha già presentato la richiesta di asilo>>. Il capo del Dipartimento Immigrazione sottolinea infine che, poiché nessun coinvolgimento nell’iniziativa è da attribuire all’UE (<<è chiusa nelle piccole paure>>) gli interlocutori privilegiati dovranno essere altri, ovvero sindaci e Regioni.
Il tema, com’è ovvio, ha suscitato reazioni diverse: per testimoniare la vicinanza a Morcone di un “partito” di amministratori cittadini che si riconoscono nell’idea del Prefetto, ha parlato tra i primi il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, il quale ha rilasciato una breve intervista all’AdnKronos: <<Se la proposta è: usiamo i lavori socialmente utili, attraverso una retribuzione a compensazione anche dei costi dell’accoglienza, e la finalità è integrare e far sentire protagonisti i migranti mi sembra che vada in una direzione civile e democratica. A Napoli siamo già in questa direzione (…) Sinora un certo pensiero unico, anche molto improntato su politiche liberiste e a tratti razzista, ha interpretato il povero, l’immigrato, come uno scarto sociale, un peso economico. Per un sindaco quando arrivano ondate di immigrati è un problema da gestire, la strada politica più semplice sarebbe dire che si è lasciati soli, che non si hanno abbastanza soldi, ma a Napoli e in altri Comuni del Sud si sta lavorando in controtendenza rispetto ad altri sindaci che pensano a respingimenti, ad alzare muri e barriere (…) Vanno rivendicate risorse verso un governo sordo>>, questa la sintesi del pensiero del sindaco. De Magistris si è poi sbilanciato su uno degli argomenti della polemica politica sulla proposta di Morcone, quella del pericolo di una “guerra tra poveri” che penalizzi gli italiani nella fruizione di un istituto, come gli LSU, di per sé già controverso per lo scarso trattamento economico riservato ai lavoratori: <<Noi cerchiamo di evitare sempre una guerra tra poveri, la proposta va verso tutte le fasce deboli. A Napoli quello che stiamo sperimentando è destinato a migranti, ma anche detenuti in affidamento per il reinserimento nella società e ai cittadini napoletani che si trovano in difficoltà>>.
In effetti, il problema di una “rivalità” tra poveri è argomento di critica da parte delle destre, con Maroni in particolare che ha avvertito: <<Io mi occupo degli italiani e quindi il lavoro va prima agli italiani. Dopo di che chi ha diritto a rimanere sono quelli che ricevono lo status di rifugiato, ma sono una percentuale minima. Gli altri vanno rimpatriati, ma così non avviene ed è responsabilità del Ministero dell’Interno>>. Tuttavia, anche dagli ambienti della sinistra radicale sono arrivate critiche simili: Gino Monteleone, storico leader dei precari Bros, in un’intervista rilasciata al Corriere del Mezzogiorno ha asserito che <<l’idea di destinare gli immigrati ai lavori socialmente utili è solo un tentativo di scatenare una guerra tra poveri (…) Sia tra i disoccupati organizzati del Movimento di lotta per il lavoro, sia tra i precari Bros capita sempre più spesso di ascoltare discorsi contro i migranti, che sarebbero i responsabili della mancanza di lavoro. Se cadono nella trappola del populismo e dell’ostilità agli stranieri persone che provengono da anni di lotte sociali e che dovrebbero avere consolidato una propria coscienza politica, immaginiamo cosa possa accadere all’esterno di queste realtà politicizzate ed organizzate. Le parole di Morcone rischiano di appiccare il fuoco che cova sotto la cenere>>.
In controtendenza rispetto alle critiche e più vicino alle posizioni del sindaco di Napoli è invece la CEI, che nella persona di Monsignor Giancarlo Perego, direttore generale di Migrantes, la fondazione della Conferenza Episcopale per i migranti, i profughi, i rifugiati e i richiedenti asilo, commenta così: <<una proposta intelligente, positiva e realizzabile, che facilita l’inserimento sociale, valorizza le risorse impiegate nella società civile e favorisce la legalità sul territorio contro forme di illegalità>>.
Ludovico Maremonti