Le parole di “distensione” pronunciate da Papa Francesco riguardo l’aborto suonano in tanti modi diversi.

Innanzitutto il perdono, termine che denota di sicuro un atto rivoluzionario, anche se tuttora indissolubilmente legato ad una colpa, quella di aver scelto appunto l’aborto. E vale per donne e medici, ovviamente.

Un’apertura epocale certo, che però va inquadrata sempre all’interno del pensiero cattolico, che su questo tema continuerà comunque a viaggiare su una retta parallela a quella della scienza senza incrociarla mai.

Più che altro le parole di Francesco sull’aborto, che comunque sia avranno fatto drizzare i capelli a buona parte della comunità cristiana, appaiono come un atto di umanità estrema, che denota la comprensione della sofferenza di chi compie questa scelta. Una sorta di “non ti giudico perché quella scelta è piena di dolore” che, nell’era dello sparare a zero su tutto e tutti dovrebbe farci riflettere non poco.

Ma quello che dice oggi il Papa rivela, anzi conferma, un’altra questione, cioè il fatto che di aborto si parla in termini religiosi, etici, morali e praticamente mai in termini scientifici. Che quantomeno dovrebbero essere metà della faccenda, visto che lo studio accurato e la comprensione delle fasi di sviluppo del feto hanno permesso di costruire quella che di fatto è un’ottima legge, la 194\78.

Il punto fondamentale stabilito dalla legge è il periodo entro il quale è possibile ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), che la 194\78 stabilisce in 90 giorni dal concepimento.

Senza girarci troppo attorno, la domanda per eccellenza in tutta la questione dell’aborto è se il feto possa vivere autonomamente in questo lasso di tempo determinato dalla legge.

E la risposta è no.

Esistono rarissimi casi documentati di feti con età inferiore ai 90 giorni che hanno vissuto per qualche minuto fuori dall’utero materno, ma in questa fase l’organismo è talmente incompleto che la sopravvivenza è impossibile.

Ma come si presenta un feto al terzo mese di sviluppo? Di certo non è l’ammasso ordinato di cellule osservabile nelle prime fasi del concepimento. Ha arti riconoscibili e sviluppati, un apparato cardiocircolatorio funzionante, minime capacità di muoversi, un cuore che batte ed è in grado di ingerire ed espellere il liquido amniotico.

La circolazione è collegata a quella della madre, cervello e sistema nervoso sono in fase di sviluppo e il tubo digerente è ancora incompleto. Gli organi genitali non sono ancora formati.

sviluppo_fetale

Che si possa essere favorevoli o meno all’aborto è ovvio e sacrosanto, ma l’embrione entro i tre mesi di gestazione non può essere considerato vita a se stante. Perché i complessi (e in parte ancora sconosciuti) processi fisiologici dello sviluppo determinano che il feto in questa fase sia completamente dipendente dalla madre, sia parte inscindibile di essa.

Va sgombrato quindi il campo dalle questioni, poco scientifiche e razionali, dei movimenti anti aborto, che parlano di omicidi e di diritto alla vita.

L’aborto, nonostante la complessità dell’argomento, continua ad essere un procedimento nato per proteggere le donne, che permette di decidere della propria vita innanzitutto.

Rimane forse la scelta più difficile che un essere umano possa compiere e nessun rappresentante del sesso maschile potrà mai comprenderne la dolorosità fino in fondo. Per questo, come detto, è prima di ogni altra cosa un diritto di ogni donna.

Continuerà a persistere il dualismo tra questione morale e questione scientifica ma oggi è stato compiuto un grande passo, che non sarà palpabile nell’immediato ma che di certo apre la strada ad una società migliore.

Mauro Presciutti

 

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