Presso la sala occupata di Mezzocannone a Napoli si è tenuto l’incontro di presentazione al libro “Teresa e le altre”, storia di donne nella terra dei fuochi, curato da Marco Armiero, storico dell’ambiente.
L’iniziativa ha visto come moderatore Leandro Sgueglia, oltre alla partecipazione di apertura al discorso relativo alle storie di genere e ambiente la docente Laura Guidi.
Quest’ultima ha ricordato di quando negli anni ’90 alcune delle sue studentesse s’innescavano in discorsi di rassegnazione riguardo l’aumento incisivo dei tumori, specie in età infantile, che sembravano “caduti dal cielo come una catastrofica coincidenza”.
La docente illustra come la storia sia facilmente compromessa dal tempo mentre invece la tematica che riguarda l’ambiente segui delle profonde trasformazioni di carattere culturale e soprattutto sociale. Prosegue il suo discorso circa l’adempimento pratico nel voler trasmettere, attraverso il tempo e il suo percorso di studi, una forte sensibilità al deturpamento ambientale; relativo soprattutto alla disillusione che scaturisce maggiormente in Campania, tra le province di Napoli e Caserta, inserite recentemente nell’enciclopedia Treccani quali “luoghi famosi per lo sversamento illecito dei rifiuti e roghi tossici”.
La professoressa della Federico II, inoltre, rifacendosi alle esperienze di lotta in questi territori, e richiamando la tematica su cui nasce il libro “Teresa e le altre”, fa da portavoce alla caparbietà con cui soprattutto le donne si sono mobilitate costruttivamente in merito alle questioni degli inceneritori campani. Si esprime in qualità di “attivista aggressiva” perché mossa da una rabbia che non risale solo all’aspetto materno delle donne costrette a vedere i propri figli morire, ma a tutte coloro che attraverso l’unione delle forze inducono alla coscientizzazione riguardo le tematiche ambientali.
Con la crisi avutasi in merito alla Terra dei Fuochi, cerca inoltre di scuotere la classe di mass media volti allo stravolgimento della realtà creatasi sin dall’inizio dell’emergenza rifiuti a Napoli; emergenza volutasi sbrigare con inceneritori, nati e cresciuti nel baratro della collusione appartenente alle classi dirigenti in Italia.
Afferma che la soluzione all’inquinamento “è sempre stata semplice”, appuntando che a San Francisco, si sono applicate delle riduzioni degli imballaggi insieme ad una vasta serie di misure per salvaguardare l’ambiente. Mentre in Italia, nel vissuto campano, nel momento in cui furono varate politiche di emergenza per i rifiuti, queste erano sorrette da forzati discorsi su “napoletani indisciplinati nella buona educazione della raccolta differenziata”: “Quando ci furono le mobilitazioni contro gli inceneritori, i mass media spalleggiati dalle istituzioni si aggrappavano all’idea che i manifestanti seguissero un’ottica localista. Diffamarono i giovani definendoli semplici vandali e la popolazione fu incolpata di essere sostenitrice di mentalità anti-moderne verso l’ambiente e di rifiutare la creazione di nuovi posti di lavoro”.
Contrastando invece le tipologie di “narrazione tossica”, grazie alle interviste di Marco Armiero, conosciamo la realtà dei comitati fatti da cittadini, disposti ad entrare nello studio dei particolari tecnici che riguardano l’ambiente, volutamente per innalzare le voci di chi “non ci stava a morire”, ma il più delle volte zittite attraverso la repressione brutale delle forze dell’ordine sul suolo campano.
Questo libro inoltre, categorizza positivamente il ruolo dei movimenti per la tutela del territorio messi in atto dalle donne, considerate differentemente coinvolte rispetto ai maschi: spinte forse da motivi biologici, in quanto “protagoniste in campo” nella scelta e nel dolore delle morti premature di feti, compromessi in salute prima ancora di nascere. Ma chiarisce anche che “si tratta sempre di esperienze e casi prettamente vissuti soggettivamente”.
Marco Armiero prosegue la discussione circa il suo libro che “non ha la pretesa di ricostruire scientificamente la questione di genere nella lotta per l’ambiente”. Bensì ne analizza i casi individuali attraverso molteplici interviste, da cui se ne estrapola un’analisi politica e di facile accesso al pubblico.
Si focalizza sulla centralità della politica, attraverso la contrapposizione dell’alleanza dei poteri forti del governo contro la maggioranza cittadina. E si focalizza sugli stati d’emergenza indetti dallo Stato, misure paradossalmente inclini alle leggi ordinarie. Nello scenario dei luoghi campani, “illegali erano le mobilitazioni” di chi si assumeva la responsabilità morale e dei gruppi che rappresentavano l’impegno etico sul territorio. Prevalentemente sentita, è nel libro, la storia delle donne unite nella speranza di combattere un nemico rappresentato da organi di camorra, finanza e di politiche nazionali volte alla speculazione; accomunate dal senso di empatia e dall’irriverenza nel cercare di mettere fine alla cecità verso un disegno politico antico quanto attuale. Poi lo storico designa quanto “la colpevolezza della camorra sul problema dei rifiuti è una prassi semplicistica di darsi risposte, un modo facile per dismettere ai grandi imprenditori il fatto di aver maneggiato capitali di immondizia. Il capitalismo crea una nuova ecologia dalle formalità distorte, secondo cui se ci ammaliamo di tumori il PIL aumenta.” Conclude l’intervento esternando che le donne che hanno lottato in questi anni e che perseguono la battaglia tutt’ora, lo fanno mosse da questo senso di empatia perché “il personale è politico”.
Inoltre, Marco Armiero rilascia a Libero Pensiero anche una breve intervista riguardo il tema dell’ambiente:
L’eurodeputata Forenza ha presentato alla Commissione europea un’istanza di chiusura dell’inceneritore di Acerra, mentre in Italia la discarica Bussi, la più tossica d’Europa, non ha ancora dei colpevoli per il reato di disastro ambientale. Cosa può fare l’Europa per i nostri territori, oltre a sanzionarci?
Esistono strumenti applicabili da parte dell’Europa come la convenzione di Aarhus, per la corretta trasparenza dell’informazione. Inoltre ci sono stati degli esponenti della Commissione europea venuti in Campania proprio per parlare con i vari comitati territoriali; il paradosso è che per questi gruppi è stato più facile parlare con l’Europa che non con le istituzioni regionali e provinciali. Non dobbiamo considerare l’Europa solo come “l’unica moneta” ma dobbiamo cominciare a sentirci dei cittadini d’Europa. Io fornirei proposte come l’ammissione di una Corte per i reati ambientali, seguita da una legislazione che forzi tutti gli Stati membri a tutelare i diritti e a punire i crimini ambientali. Mi viene in mente con stima il Pubblico Ministero Maria Cristina Ribera, che si interroga sulla questione della prescrizione circa l’ambiente. Quando i rifiuti tossici vengono sversati, le persone colpite in quei territori si ammalano per anni ed anni, vivono in una contaminazione perenne nel tempo, da quando parte allora il reato di prescrizione, se sembra essere un crimine commesso ogni giorno?
Alessandra Mincone