Arrivando all’incontro con i sindaci libici, organizzato dall’alto rappresentante Federica Mogherini, Bernardino Leon si dice ottimista: «Le cose progrediscono bene» aggiungendo «c’è una possibilità di formare un governo di unità nazionale entro la fine della settimana». Infatti il mediatore dell’ONU per la Libia ha detto che «questo incontro dà l’opportunità di mostrare ai libici che ci possono essere benefici anche prima di un accordo finale» spiegando che tra Misurata e Zintan «è già cominciato lo scambio di prigionieri».
Le parole di Leon però trovano un dura opposizione in ciò che è la reale cronaca. Difatti, la guerra sta procedendo e proprio stamattina è stato bombardato un centro di addestramento islamista vicino a Taruna che avrebbe provocato la morte di decine di persone, nonostante gli appelli della comunità internazionale e dell’ONU al parlamento di Tobruk e al governo presieduto da Al Thani per fermare l’attacco. Ed è a seguito di questa risposta negativa che le Nazioni Unite hanno lasciato intendere che se le armi non si fermeranno subito, Tobruk rischia di passare dal sostegno internazionale alla parte del torto.
Come se non bastasse, il potere delle istituzioni sul territorio è praticamente inesistente. Infatti, anche se il governo di Tobruk desse l’ordine di fermare la campagna per la riconquista di Tripoli le stesse truppe armate probabilmente non si fermerebbero. Quindi l’unica soluzione possibile è che la capitale libica torni libera per reinstaurare un dialogo. A Tobruk, tra l’altro, viene visto molto astiosamente il protagonismo del generale Haftar, comandante supremo delle forze libiche, che per altro non è riuscito a liberare neanche Benghazi.
In Tripolitania si sta muovendo l’esercito guidato dai comandanti che fanno parte dello Stato Maggiore al cui vertice c’ė Haftar, e da diverse milizie. A partire dagli uomini della più grossa tribù della Libia, Warshefana, che hanno riconquistato i loro territori, dai quali erano stati cacciati. E poi le milizie di Zintan, Ijlat, Ijmel, Rujbaan, Qoms. L’attacco di terra sta avendo un aiuto prezioso dai bombardamenti «chirurgici» dell’aviazione della Tripolitania. I principali comandanti delle milizie islamiste, come Salah Burki e Mazek Mazek, sono stati uccisi. All’appello del quadriumvirato che ha guidato le milizie nella conquista e nel governo di Tripoli, mancano Salah Baadi e Egnewa El Kikli.
Disorienta la comunità internazionale l’offensiva militare per liberare Tripoli, come se così si rendessero inutili gli sforzi per il dialogo. Per fare la pace si fa la guerra. È sempre stato così e adesso i lealisti che fanno riferimento al Parlamento di Tobruk provano a forzare la mano. Il caos che ne deriva certamente rende più stringente e inderogabile ogni decisione della comunità internazionale, che potrebbe alzare la voce mettendo quanto prima all’ordine del giorno sanzioni contro il Parlamento e il governo di Tobruk.
In qualche modo l’offensiva militare ha preso tutti alla sprovvista e se il suo obiettivo è quello di liberare Tripoli in pochi giorni, pena rischiare le sanzioni ONU, come per esempio l’uso della forza per impedire gli attacchi aerei o di terra a Tripoli, allora ben presto sapremo chi ha vinto. La guerra di queste ore significa cancellare i timidi passi in avanti compiuti dagli incontri in Marocco, a Ghadames, in Algeria promossi da Bernardino Leon? Lo stesso delegato speciale delle Nazioni Unite, il cui mandato scade a fine mese, sembra consapevole che i tempi per varare un governo di pacificazione nazionale si sono allungati.
È sempre il tempo, cioè la fretta, il peggior nemico del dialogo, e che fa nascere molti interrogativi. Leon ancora non ha mai incontrato le milizie. Come immagina di far nascere un governo di pacificazione senza sentire le milizie? Il Parlamento di Tobruk sta discutendo in queste ore le proposte maturate nel vertice di quasi un mese fa a Rabat. Martedì a Bruxelles Leon incontrerà i sindaci libici. Come si può pensare di avere tra meno di due settimane il nuovo governo?
Il caos libico si aggrava sempre di più, mettendo a rischio anche la sicurezza nazionale di paesi come il nostro. L’ISIS da Derna si è allargata in diverse aree della Cirenaica e si è infiltrato a Tripoli e Sabratha. Ha occupato Sirte. Le milizie di Misurata avevano circondato la città che ha visto nascere Gheddafi ma adesso che è iniziata la guerra per la liberazione di Tripoli, quelle milizie stanno raggiungendo la capitale per dare man forte agli islamisti di cui sono alleati.
Federico Rossi