All’inizio era Kevin Durant, James Harden e Russell Westbrook. Poi, è diventata la squadra di Kevin Durant e Russell Westbrook. Oggi è la squadra di Russell Westbrook con Paul George e Carmelo Anthony. Vi è solo una costante che accomuna la storia dei Thunder da quando è stata spostata da Seattle – e lasciando il nome “SuperSonics alla città – ad Oklahoma City; il nome lo avete già letto tre volte, non vi alcun bisogno di una quarta.

La storia di OKC è particolare per la rapidità con cui sia riuscita a costruirsi un posto tra le squadre d’élite della NBA e un’importante fan base internazionale. Certo, l’idea di portarsi con sé dallo Stato di Washington un’ala piccola di 206 centimetri – anche se il dibattito sulla sua altezza reale è aperto – che è agile come una guardia e tira da dietro l’arco con il 38.3% ha aiutato. E in generale ogni qualvolta (eccetto la stagione scorsa) parliamo di squadre pretendenti al titolo, tra le prime cinque rientra sempre. Il record degli ultimi dieci anni di NBA ci viene in aiuto in questo senso, perché la colloca al sesto posto tra le squadre che hanno collezionato più vittorie dal 2008 ad oggi (aggiornata a venerdì 23 febbraio), ed è possibile che entro fine stagione arrivi anche nella top-five:

1. San Antonio Spurs 553 W
2. Golden State Warriors 474 W
3. Houston Rockets 467 W
4. Boston Celtics 454 W
5. Dallas Mavericks 431 W
6. Oklahoma City Thunder 420 W

Guardando questa classifica sono due le prime cose che saltano agli occhi: vi è solo una squadra della Eastern Conference (Boston) e quattro squadre hanno vinto il titolo. Le due escluse dall’albo d’oro sono i Rockets e i Thunder, con “l’aggravante” che la franchigia di Oklahoma ha avuto quasi sempre un roster all’altezza per competere. In totale per Westbrook e compagni si conta una sola apparizione alle Finals [2011, sconfitti 4-1 dai Miami Heat, ndr] ma ben quattro alle Finali di Conference (2011, 2012, 2014, 2016).

La situazione dei Thunder rappresenta al meglio cosa vuol dire oggi far parte della Western Conference, una lotta selvaggia tra squadre mediamente eccezionali di cui, però, solo una può staccare il biglietto per le sette gare da titolo. E forse è per questo che la NBA sta pensando di eliminare la divisione Est/Ovest ai playoff per accoppiare i record delle migliori otto di ciascuna conference. E se prima far parte della Western voleva dire avere, almeno, quattro contendenti con cui giocarsela per le finali, da quanto i Golden State Warriors hanno iniziato il proprio dominio – a cui è aggiunto proprio quel Kevin Durant che ha visto nascere Oklahoma come squadra – il numero sembrerebbe essersi ridotto ad uno, loro.

Thunder

Quando nell’estate del 2016, Durant ha deciso di portare i suoi talenti in California, è stata una dura mazzata per tutta la NBA ma in particolar modo per i Oklahoma (ovviamente). E se la rabbia è stata una motivazione necessaria a Westbrook per giocare la sua miglior stagione da quando ha messo piede nella Lega, rompere il record di triple-doppie di Oscar Robertson e vincere il suo primo titolo di MVP, il futuro appariva comunque nuvoloso all’orizzonte. Ma outta nowhere il general manager Sam Presti è riuscito a sconvolgere l’estate cestistica-americana con due firme di assoluta eccezione, Carmelo Anthony e Paul George. Due nomi forti, due giocatori importanti che hanno lanciato un segnale altrettanto importante a Russell Westbrook e convincerlo che Oklahoma sia il posto giusto per lui. Missione riuscita, perché il settembre scorso il n.0 ha firmato un quinquennale da 205 milioni di dollari che lo legherà alla franchigia fino alla stagione 2022-23. Insomma, si è impegnato a vita con i Thunder.

Non appena visti questi tre scattarsi le prime foto da compagni di squadra la domanda che tutti ci siamo posti è stata: riusciranno a coesistere? Quando si mette insieme un parterre di giocatori del genere, il primo problema da risolvere è quello degli egoismi da superstar. Quello che a Los Angeles nel 2012-13 non sono riusciti a fare e quello che i Miami Heat di James-Wade hanno faticato a raggiungere. In particolar modo, tre giocatori che sono abituati ad avere molto il pallone tra le mani e prendere molti tiri. Tutti dubbi che nei primi due mesi della stagione sembravano avere un fondo di verità, perché la squadra faticava offensivamente e ognuno giocava quasi per sé. Charles Barkley, opinionista di TNT, disse non molto tempo dopo l’inizio della stagione: <<[Westbrook, Anthony e George] devono avere un confronto e decidere ‘io sono sono il numero uno, tu sei il numero due e tu il numero tre>>.

Il chiarimento c’è stato e non vi è alcun dubbio su chi sia l’uomo da seguire, Westbrook. Con il passare del tempo e delle gare, Oklahoma è riuscita sempre di più a diventare squadra e a scalare la classifica della Western Conference. A seguire i miglioramenti in campo, sono arrivati quelli off-court con George che parla adesso di brotherhood tra i tre giocatori e che stia pensando di seriamente restare il prossimo anno (George ha una player option per la prossima stagione). Ad oggi la franchigia è a sole 3,5 vittorie dalla terza posizione occupata dai San Antonio Spurs.

Dove potranno arrivare? Questa è LA domanda. Lo scorso gennaio i Thunder hanno perso Roberson (stagione finita), giocatore difensivamente fondamentale. Prima dell’infortunio del  giocatore di Las Cruces, New Mexico, la squadra veniva da un periodo molto positivo (14-5), che evidenziava i notevoli passi in avanti soprattutto dal punto di vista del gioco. Sono stati i migliori offensivamente e per il net rating. Come già accennato settimana scorsa nell’articolo sulla pausa dell’All Star Weekend, un quintetto che include Westbrook, Anthony, George e Adams con qualunque altro giocatore che non sia Roberson ha rendimento difensivo infinitamente peggiore. E questo è un qualcosa che peserà notevolmente nella post-season, quando ogni singolo possesso conterà.

In una Conference che conta non solo Golden State ma anche Houston è complicato pensare che qualunque altra franchigia possa inserirsi nel discorso-finals. Eppure, se c’è una squadra su cui varrebbe la pena di scommettere un dollaro, forse, sono proprio i Thunder, costruiti per essere da playoff e con giocatori che possono fare la differenza nei momenti clou.

Michele Di Mauro

Quotidiano indipendente online di ispirazione ambientalista, femminista, non-violenta, antirazzista e antifascista.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui