Se l’India, la più grande democrazia del mondo con i suoi 1,3 miliardi di abitanti, decide di diventare “plastic free” per iniziativa del suo potente Primo Ministro Narendra Modi, vuol dire che il problema dell’inquinamento oggi è diventato davvero, e per tutti, semplicemente insostenibile.
Modi e la sfida dell’India alla plastica
L’India, soffocata dalla sovrappopolazione e dalle sue tristemente celebri discariche a cielo aperto si proporrebbe oggi come l’alfiere della “deplastificazione” dopo essersi schierata in prima linea negli ultimi eventi globali sull’ambiente. Anche in occasione della Giornata Mondiale del 2019 organizzata dalle Nazioni Unite e ospitata dalla Cina, in effetti, il governo Modi ha cercato visibilità assoluta sul fronte della lotta all’inquinamento: il ministro per l’Ambiente indiano ha lanciato la “colonna sonora ufficiale” della manifestazione, Hawa Aane De, per sottolineare l’impegno di New Dehli in questo campo.
L’idea dell’India plastic free ha seguito in ottobre questa nuova rotta dell'”ambientalismo di Stato” che pare fortemente voluta da Modi. In realtà, sembra una linea in primo luogo utile a consolidare ulteriormente la popolarità del controverso premier nazionalista indù appena rieletto, anche perché la sfida alla plastica in India non è nuova. Alcuni Stati dell’immensa Federazione avevano già optato per il plastic free dieci anni or sono, come sottolinea uno studio del National Geographic.
La sempre più diffusa dimensione locale dei divieti di utilizzo della plastica monouso deve aver convinto Modi ad adottare in via generale l’iniziativa, facendola passare per una propria idea. In questo modo, il Primo Ministro ha potuto in qualche modo “oscurare” le entità regionali e i loro governatori, con cui spesso è entrato in conflitto proprio sulla materia ambientale.
Infatti Modi non ha certo sempre piazzato il problema dell’inquinamento e la soluzione di un Paese plastic free esattamente al primo posto, nella sua ormai lunga esperienza di governo. Segnalatosi più che altro per le sue misure sovraniste e discriminatorie nei confronti della minoranza musulmana, con provvedimenti al limite del vergognoso (come il “passaporto religioso” per i rifugiati politici, bene accetti in India solo se non islamici), nonché per i tagli al budget nazionale per sanità e istruzione, è spesso finito alla ribalta per posizioni “fantasiose” sulla lotta all’inquinamento.
Basti pensare che, lo scorso autunno, ha fatto rumore in India una polemica tra il governatore dello Stato di Dehli e i portavoce del governo sulla necessità, segnalata dal primo, di introdurre drastiche misure per la riduzione dell’inquinamento atmosferico. Dehli è infatti una delle città più inquinate al mondo: una campagna dell’esecutivo suggeriva alcune misure “fai da te”, per consentire ai cittadini di sopravvivere alle sostanze nocive disperse nell’aria che respiravano, tra cui quella di mangiare carote per fortificare il sistema immunitario.
La ridicolaggine di un simile, raffazzonato prontuario non è sfuggita agli oppositori di Modi, così come non è passata inosservata la cancellazione, da parte del ministro per l’Ambiente, Prakash Javadekar, di ben tre incontri con lo stesso governatore di Dehli su temi ambientali di primo livello. Inutile dire che il governatore, oppostosi all’indifferenza dell’esecutivo, è stato accusato di strumentalizzare la polemica sull’inquinamento per fini politici.
Da questa storia si capisce come la questione ambientale sia, allo stesso tempo, particolarmente avvertita dalla società civile e come Modi, dopo una serie di approcci approssimativi e lassisti, deve aver riconosciuto di aver bisogno di iniziative di grido, come quella sul plastic free, per non far perdere colpi alla sua immagine vincente, non solo nei confronti dell’elettorato, ma anche agli occhi dei leader regionali e dell’intera opinione pubblica internazionale.
Plastic free tra ostacoli e possibili soluzioni
Se, al netto dei suoi risvolti politici, quella sul plastic free sembra a prescindere una buona idea, non si può però trascurare che in questo momento storico l’economia dell’India non corre come in passato. La disoccupazione ha raggiunto livelli stratosferici, con ripercussione sui già drammatici livelli di povertà. L’idea del plastic free, in questo senso, potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio.
Come segnala la CNN, gli impiegati nel settore della produzione del materiale plastico sono circa 4 milioni. Rendere fuorilegge gli articoli monouso inferirebbe un colpo mortale a questo comparto produttivo e c’è da credere che proprio per questo motivo una simile misura non era mai stata implementata a livello nazionale. Le ripercussioni sull’industria della plastica e sui suoi operai sono stati sottolineati da tempo dalle associazioni di categoria, che in diversi casi hanno combattuto con forza i divieti statali sull’utilizzo della plastica, comunque spesso indicati come imprecisi, confusi e difficili da rispettare.
In India ci potrebbe essere però spazio anche per una riconversione dell’industria della plastica, magari in direzione dell’impiego alternativo del materiale non più utilizzato. Il riciclo di bottiglie, bicchieri e sacchetti per la costruzione di strade di plastica, in questo senso, è un’altra idea tutta indiana. I primi progetti di questo tipo risalgono addirittura al 2002 e ora si cerca di svilupparli ulteriormente. Le strade di plastica si sono dimostrate essere più resistenti e necessitate di minore manutenzione rispetto a quelle d’asfalto, vera e propria croce perenne della rete di comunicazione indiana.
Favorire un processo produttivo alternativo e virtuoso potrebbe dare un senso diverso all’opzione del plastic free. Allo stesso modo, orientare la popolazione (soprattutto delle megalopoli indiane) verso l’utilizzo di materiali alternativi alla plastica monouso potrebbe determinare la conversione dell’industria del settore in un’industria ecosostenibile. Da quella che sembra un’iniziativa meramente politica di Modi potrebbero derivare conseguenze decisamente positive e inviti all’innovazione tecnologica del futuro, validi non solo per l’India.
Ludovico Maremonti