È stato inaugurato lunedì 18 Maggio a Mantova il Museo della Follia, collocato nel Palazzo Della Ragione: quasi un’ironia. Si tratta della nuova edizione dell’iniziativa già precedentemente presentata a Matera, e nata prima ancora nella cittadina di Salemi, in seguito a un’intuizione di Vittorio Sgarbi.

“Se non avete timore delle scottature d’ortica, inoltriamoci per lo stretto sentiero che conduce al padiglione, e guardiamo che cosa succede là dentro. Aperta la porta d’ingresso, entriamo nell’atrio”
(A.Checov, Reparto n.6)  

Da Van Gogh a Munch, da Pollock a Bacon, da Schiele a Dalì: il mondo dell’arte e quello della follia risultano spesso intrinsecamente legati.

In conflitto con una realtà che non li comprende e li emargina, l’esplosione dell’interiorità di questi personaggi  assume forme talvolta oscure, talvolta paradossali, finisce con l’essere definita malattia. In quest’ottica la pazzia viene intesa solo come forza distruttrice, anziché come evasione da schemi prestabiliti nel rapporto con la realtà.

“La follia è ragione di dolore ma anche fonte di liberazione creativa: non esiste davvero la follia in termini assoluti, ma se esiste è un bene per chi ne esce attraverso l’arte.”

Così Sgarbi, incaricato ambasciatore per le belle arti dell’EXPO 2015 dal presidente della regione Lombardia Roberto Maroni, all’inaugurazione del Museo ha esposto la sua tesi in proposito, esaltando l’aspetto fortemente creativo di quel disturbo mentale comunemente definito pazzia.
Si tratta di un’iniziativa volta non soltanto alla valorizzazione del territorio lombardo, ma come Sgarbi stesso la definisce nella sua presentazione, una sfida contro la società stessa.
L’atmosfera della mostra, che sarà aperta al pubblico fino al 22 Novembre, è volutamente cupa e labirintica. Si tratta di un vero e proprio percorso strutturato in quattro sezioni.

imageIl viaggio ha inizio con  le inquietanti sculture dell’artista siciliano Cesare Inzerillo, che raccontano di pazienti e psichiatri uniti in un comune destino. Nulla più che frammenti, attimi in cui riusciamo a cogliere la sofferenza della loro realtà. Nella “Stanza della Griglia” poi, gigantografie tenute insieme da neon e da una musica straziante presentano i volti di  90 uomini e donne internati in ex-manicomi italiani. Condannati  senza colpa, e senza via di scampo.
Si arriva così alla “Sala dei Ricordi” con teche di testimonianze concrete di follia nei secoli e video volti a denunciare il sistema sanitario italiano, con una sezione dedicata a Franco Basaglia e alla sua lotta per chiudere i manicomi. Il centro della mostra ruota intorno all’esposizione delle opere di due grandi artisti padani: Antonio Ligabue  e Pietro Ghizzardi. E se il primo è un esuberante visionario e il secondo è un contadino disincantato, entrambi sono due outsider della pittura italiana. I colori tornano prepotenti, come l’inquietudine.

Il Museo della Follia racconta come genio e pazzia possano coincidere, come evadere dagli schemi comuni conduca inevitabilmente all’accusa di essere diversi.
Messaggio attuale, quindi, in un contesto sociale che ci obbliga ad essere parte di un ingranaggio che esclude ogni individualismo creativo. Inevitabile una riflessione sulla progressiva perdita di creatività, sulla repressione di qualsiasi follia, miccia creativa e distruttiva all’interno di ognuno di noi. Dunque, siate chi volete essere, guardate nel modo in cui volete guardare, esprimete ciò che intendete esprimere, non piegatevi ai dettami delle definizioni. Trovate la Follia nella Ragione. Per dirla con parole di Bacon:

“L’uomo che non riesce a visualizzare un cavallo al galoppo su un pomodoro è un idiota.”   

Noemi Lama

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