Che noi lettori potessimo essere parte attiva di un testo e non meri interpreti passivi di esso è una trovata geniale che Italo Calvino adopera nel libro Se una notte d’inverno un viaggiatore. L’opera, pubblicata nel 1979, ha rivoluzionato la letteratura italiana per la sua discontinuità e per la rottura della quarta parete. Il romanzo, non a caso, si annovera tra quelli più innovativi del Novecento.
Se una notte d’inverno un viaggiatore è suddiviso in dodici capitoli, interrotti a loro volta da dieci storie diverse, caratterizzate ognuna da un impianto stilistico e strutturale a sé stante. L’unico filo conduttore è basato sulla ricerca di un romanzo di cui si trovano solo le parti iniziali in diverse edizioni. Si tratta di un gioco narrativo che disorienta , facendoci abituare ad una storia per poi passare drasticamente ad un’altra, poiché ogni romanzo viene cominciato e poi interrotto. Italo Calvino ha centralizzato la figura del lettore identificandosi con esso, ipotizzando le sue reazioni e i suoi sentimenti. L’autore ha voluto creare un impianto metanarrativo per mettere in crisi l’aspetto totalizzante e conclusivo a cui siamo sempre stati abituati.
Italo Calvino: non tutto ciò che inizia ha una fine
Dopo la sua prima fase caratterizzata dalla corrente Neorealista e dunque dall’esigenza di colmare i vuoti causati dall’incomunicabilità e il disagio dell’uomo contemporaneo del dopoguerra, Calvino sarà solito combinare la componente fantastica e realistica, adottando così una dicotomia che non stancasse il lettore. Negli ultimi decenni si dedicherà, invece, alla sua fase più originale, ossia lo Sperimentalismo di cui fa appunto parte Se una notte d’inverno un viaggiatore.
Lo scopo dello Sperimentalismo è rompere gli schemi col passato e Italo Calvino riesce nell’intento in maniera sublime. L’autore non vuole rendere più una visione totalizzante del mondo, infatti scrive: «La prima regola del gioco è far tornare i conti (o meglio: far sembrare che i conti tornino mentre sappiamo che non tornano affatto). Il far tornare i conti per te è soltanto una soluzione di comodo, mentre può ben essere vista come un esercizio acrobatico per sfidare – e indicare – il vuoto sottostante». Secondo lo scrittore, in questo consiste il giusto atteggiamento verso il mondo, non ci si deve aspettare una logica che governi il tutto. Per tutte queste ragioni, il motivo strutturale del libro è l’interruzione dell’intreccio che Calvino chiama il finito interrotto. Il suo stile è, inoltre, caratterizzato da una componente ironica che diverte in maniera intelligente e mai banale.
Gioco di tensione
Italo Calvino scrive varie storie allo scopo di rendere costantemente al lettore la sensazione di non arrivare mai al punto, coinvolgendolo così in una fitta rete di curiosità represse. Ma il gioco principale non è affatto quello di abbandonarlo, infatti il protagonista del libro non ha identità ed è per questo che il lettore può immedesimarsi secondo il suo «io» e la sua esperienza.
Da Eco al cantautorato
Lo scrittore e saggista Umberto Eco all’inizio del suo libro del ‘94 Sei passeggiate nei boschi narrativi, per introdurre quelli che si riveleranno essere stati i suoi sei interventi tenuti all’Università di Harvard, cita l’opera di Calvino. Si tratta, dunque, di sei tipologie diverse di passeggiate che mettono in primo piano l’esperienza del lettore, il quale non ha un ruolo esterno al romanzo, ma ne fa parte. L’autore stila sei approcci differenti che il lettore potrebbe variamente assumere immergendosi in un libro. Il testo, infatti, non avrebbe ragion d’essere senza la presenza di qualcuno che renda ‘vivo’ il contenuto, altrimenti risulterebbe semplice materia inanimata.
L’autore versatile ed unico nel suo genere non è risultato una grande fonte d’ispirazione solo per Eco, ma in tempi molto più recenti anche per il cantautore Roberto Vecchioni. Nel suo ultimo album L’Infinito (in onore di Giacomo Leopardi), infatti, il paroliere ha traslato in poesia il punto focale del libro nella canzone Una Notte, Un viaggiatore. Il testo riporta la metafora di una stazione misteriosa in quanto il paesaggio risulta sempre diverso e il viaggiatore che vi transita non può che provare un senso di smarrimento misto a malinconia; avendo poi il protagonista con sé una valigia di cui non conosce il contenuto, non può far altro che farsi travolgere dalle emozioni innescate dall’immaginazione.
Debora Incarnato