Napoli – È un Luigi De Magistris come al solito molto chiaro quello che parla del rapporto tra la città di Napoli e l’attuale Governo, presieduto da Matteo Renzi. Il primo cittadino non indugia nel ribadire che il capoluogo partenopeo “è e resta un comune de-renzizzato”.
La spaccatura tra il Partito Democratico e De Magistris è ormai vecchia di anni, fin dai tempi del primo insediamento a palazzo San Giacomo. L’ex pm non ottenne l’appoggio del Pd in quelle elezioni, quando Forza Italia si chiamava ancora Popolo della Libertà e lo stesso Pd era preda dei sempre eterni tumulti tra correnti. De Magistris vinse col suo Movimento Arancione (ufficialmente alleato della fallimentare “Rivoluzione Civile” di Antonio Ingroia) e non ottenne l’appoggio dei Dem neanche dopo l’elezione. Da allora la città di Napoli è politicamente isolata dal resto del paese, una trincea dove si combatte per non allinearsi e per distinguersi.
La politica di De Magistris ha portato al fiorire di tanti movimenti sociali, collettivi di cittadini in lotta per i propri diritti, gli stessi che invece la politica governativa vorrebbe stroncare. La vittoria di Renzi nelle primarie del Pd e la sua successiva nomina a palazzo Chigi hanno portato ad un drastico divaricarsi della già profonda crepa. Crepa che poi si è totalmente ingigantita con l’elezione al Governo della Campania di Vincenzo De Luca (uno dei più fedeli alleati di Renzi e tra i principali finanziatori della campagna elettorale del premier).
Tra contrasti e tentativi di creare un qualche dialogo, il culmine della tensione si raggiunge sulla questione Bagnoli: De Magistris, seguito dal movimenti sociali, accusa il premier di voler mettere le mani sul quartiere per farne un immenso cantiere a cielo aperto in cui poter far lucrare (e tanto) alcuni tra i suo amici/alleati, uno su tutti il famigerato Caltagirone. Per tutta risposta Renzi commissaria l’intera municipalità, affidandola al commissario Salvatore Nastasi e strappandola de facto dalla giurisdizione comunale (che aveva pronto un piano di recupero e bonifica per il quartiere). De Magistris invoca a quel punto l’incostituzionalità del provvedimento che, da allora, rimane ancora al centro dello scontro tra i due. “Le municipalità di Bagnoli e Fuorigrotta si sono schierate apertamente con me” – dice il sindaco – “Dato che alle ultime elezioni, dopo ben 30 anni, in questi due quartieri il partito di maggioranza del centrosinistra ha subito una pesante batosta elettorale”.
Il 19 luglio Renzi è venuto in visita a Pozzuoli, ma De Magistris non lo ha incontrato, preferendo, come ormai ogni anno presenziare alla cerimonia in memoria della strage di via D’Amelio. Tuttavia il primo cittadino dice di non voler assolutamente rinunciare ad un dialogo col premier, ma che anzi è quest’ultimo a non voler intavolare nessuna discussione politica: “Io sono due anni che aspetto un incontro con Renzi” – afferma l’ex pm – “Dopo le elezioni mi ha chiamato per dirmi che lo avrebbe messo in calendario. È passato un mese. Qua stiamo. Il sindaco di Napoli non può esimersi dal sostenere una cooperazione istituzionale col presidente del Consiglio. Auspico questo incontro al fine di discutere su tutta una serie di questioni della massima urgenza, non solo del tema Bagnoli”.
De Magistris però non rinuncia a ribadire il fatto che Napoli sia un comune “de-renzizzato“: “Abbiamo un modello economico, sociale e culturale che è opposto rispetto al governo centralista e neo-autoritario di Matteo Renzi. Ha strangolato i comuni, ha tolto risorse agli enti locali, con austerity e spending rewiew ha gravato sui servizi essenziali.” La proposta di De Magistris è quella di sedersi attorno ad un tavolo e di decidere insieme quali siano le soluzioni migliori ai problemi della città, tenendo però sempre presente che il sindaco non intende rinunciare alla sua giurisdizione su Bagnoli.
Netta poi anche la posizione del primo cittadino partenopeo sulla questione referendum: “Ci impegneremo sul no perché crediamo, come giunta, che sia giusto battersi per la Costituzione.” E a chi gli chiede se abbia o meno intenzione di uscire politicamente dai confini della Campania, De Magistris risponde: “Noi abbiamo vinto le elezioni e Napoli ha acquisito una soggettività politica autonoma. Abbiamo vinto contro Pd, Forza Italia e Movimento 5 Stelle. Questo significa che Napoli ha una sua forza politica, che non é un semplice movimento. Io voglio raccontare questa esperienza oltre i confini partenopei. La cosa che colpisce è che non c’è una narrazione di quanto sta accadendo a Napoli.”
Quando gli si dice che il voto a De Magistris è un voto di protesta, il sindaco risponde in maniera assai netta: “Assolutamente no. Vinco perché ho migliorato la città, senza un euro d’appoggio da parte dei poteri forti, completamente isolato dalle grandi forze politiche. Vinco perché ho creato una connessione sentimentale con la città. Cerco di rappresentare un sud diverso, che riscopre il proprio orgoglio e non si piange addosso. Un sud con tanta voglia di fare e che punta sui propri giovani. Parliamo ci chiaro, le politiche per il Mezzogiorno non esistono, ce le facciamo da noi. Vengono spese valanghe di soldi per Venezia, vengono realizzate iniziative speciali su Milano, leggi speciali a Roma…ma perché per la capitale del Mezzogiorno nessuno fa niente? Si spendono miliardi per opere inutili e faraoniche come la TAV, che favorisce le infiltrazioni mafiose e danneggia l’ambiente. Poi quando prendi un Freccia Rossa il biglietto costa uguale sia a Milano che a Reggio Calabria. Ma mentre a Milano il treno è tirato a lucido, a Reggio Calabria troviamo gli scarti.”
Duro attacco poi sui fondi europei: per il sindaco i fondi dovrebbero arrivare direttamente alla città, senza passare per le mani di Governo e Regione. Bruxelles è d’accordo ma chiaramente premier e governatori regionali no. Quando gli si chiede che spazio pensa di avere, a livello nazionale, tra Pd e M5S De Magistris conclude: “Uno spazio più ampio di quello che c’è tra Pd e M5S. La mia è l’esperienza più a sinistra d’Italia, eppure ho raccolto voti da sinistra, dai conservatori e dalla destra legata ai problemi del sud, oltre che dai Cinque Stelle. Voglio costruire un movimento popolare che aiuti la liberazione dei territori. Non mi sento un’etichetta già vista del Novecento.”
Domenico Vitale