Immaginatevi su un cucuzzolo di montagna, soli con i vostri pensieri e i vostri obiettivi. Siete saliti lassù perché dovete fare qualcosa: dovete procurarvi da mangiare, visitare un parente, roba di questo tipo. Siete andati a piedi e durante il viaggio, nonostante il vostro fine ultimo, vi rendete conto anche di essere saliti su quel cucuzzolo semplicemente per respirare aria fresca, ammirare la vegetazione che oltrepassate, godere dei suoi profumi e dei suoi frutti.
Immaginate che proprio a metà del tragitto di colpo arrivino altre persone, che sono salite sul cucuzzolo proprio come voi, ma con un unico fine: quello di importunarvi.
Il sentiero che prima percorrevate in tutta tranquillità ora è affollato da fisici scolpiti, che vi promettono gli stessi risultati muscolari qualora voleste comprare un integratore dal nome roboante e americano. Non fate in tempo a leggere il nome dell’integratore, perché nel frattempo una donna in bikini vi si butta fra le braccia e vi avvisa che l’estate sta finendo, e ci sono gli sconti all’Esselunga. Perché ha il bikini? Non c’è tempo per rispondere perché fate un altro passo e un salumiere di vecchia data, allo stesso modo della ragazza di prima, si avvicina e vi strilla addosso: SALAME IN OFFERTA!!!
Sobbalzate, un camion gigante vi sfiora il naso a 70 chilometri orari, hanno costruito una strada. Forse dovreste fermarvi, ricordate? siete saliti sul cucuzzolo per comperare da mangiare. O forse no, comunque un fabbro dai modi scortesi vi raccomanda di cambiare serratura, ché ormai i ladri sono abilissimi. Quale serratura? Quali ladri? Vi accorgete che sta facendo buio. Forse i ladri sono già a casa vostra.
Ignorate il fabbro insistente, ma non il salumiere. Prendete il salame e tornate indietro, scendete dal cucuzzolo. La casa per fortuna è salva, nessuno ha provato a entrare. Ma domani serratura nuova e spesa all’Esselunga.
Mi piace pensare che quando chiunque di noi esce per procurarsi da mangiare, o trovare un parente (a proposito, fate presente su whatsapp che non siete potuti passare, che era buio e i fabbri i ladri i salami eccetera, ma badate anche ai messaggi che vi sono arrivati, è nata vostra nipote. Chiamate ma è occupato) nella nostra mente accada tutto questo: che il nostro cucuzzolo venga di volta in volta invaso da distrazioni, e il nostro pensiero non possa fare a meno di scansarle e scegliere quali obiettivi abbandonare, allegando un senso di fastidio.
Ciò ovviamente non accade ovunque e in ogni momento, ma nella città sì.
Mettiamola così: non è normale che ai lati delle strade ci siano vetrine su vetrine, accalcate l’una sull’altra senza mai infrangersi, non è normale che le persone tramutate in pedoni debbano schivare il SUV di turno, che accelera anche in vista delle strisce pedonali, e nel frattempo prestare attenzione alle vetrine e alle borse griffate. Non è normale, poi, che lo spazio fra la strada e le vetrine sia infinitesimale, una striscetta di terra di tutti e di nessuno, la nostra Gaza quotidiana. Non è neanche normale che qualora ci si volesse muovere a piedi, la striscetta di Gaza sia l’unica via che abbiamo per raggiungere i luoghi in cui desideriamo arrivare, non è normale che questa corrisponda all’asfalto per le automobili, e che si debba percorrere lo stesso itinerario obbligato di una macchina senza potersene inventare uno proprio.
Ma ho sbagliato, mi sono espresso male.
Perché tutto questo è assolutamente normale, e semmai potrebbe essere al massimo innaturale, anche se in molti non lo ritengono tale.
Tutto questo però è assolutamente normale, non vi è dubbio. Soprattutto per i miei coetanei e i ragazzi ancora più giovani.
George Simmel, sociologo e filosofo tedesco nato nel 1858, analizzando il sorgere delle metropoli europee dà per certo che queste tendano a modificare, con la loro struttura e la vita che qui si rinnova (e forse ripete), la personalità dell’individuo.
Conia dunque un nuovo tipo di personalità, che denomina blasè, la personalità metropolitana per eccellenza.
La sovrastimolazione metropolitana di cui prima ho provato a dare un esempio è indifferente al blasè, che si difende dallo choc continuo grazie all’uso dell’intelletto, capace di schematizzare gli stimoli e accoglierli senza sobbalzi.
Il blasè è rigido nella sua routine, in parte anche cinico. Ha trovato un modo infallibile per ridurre la complessità di ciò che lo importuna: considera tutto in funzione del denaro che gli corrisponde, le persone come numeri e gli incontri come appuntamenti.
A fare spesa di ciò è la materialità delle cose, il loro valore inteso come differenza da tutto il resto, la loro storia e la loro magia. Anche il corpo umano sembra un intralcio al lavoro perpetuo dell’intelletto, e tutto ciò che di irrazionale esiste, ovvero i sentimenti, ma più in generale la vita stessa, appare vicino e allo stesso tempo irraggiungibile.
Io non credo che i miei contemporanei siano dei cinici blasè, distaccati dal loro corpo. Almeno non tutti. E comunque nemmeno io mi considero come tale.
La mia sensazione è che ciò che la quotidianità metropolitana comporta ad oggi sia impossibile da ridurre alla semplicità anche per il blasè di Simmel, o che comunque al blasè non basti più vivere una vita da calcolatore, perdendo infinite altre possibili esperienze, e a quale scopo poi? Per la famiglia? Per lo Stato? Tutto sta perdendo di importanza.
Credo che oggi il nostro distacco dalla complessità sia garantito dalla virtualità. Il computer e gli smartphone sono i salvatori delle nostre menti.
Nulla come uno smartphone permette di gestire le proprie relazioni riducendone la complessità. A questo rispondo dopo, con questo mi do un appuntamento per mercoledì. Certo, è il regno dell’intelletto, ma un regno racchiuso in uno schermo, dal quale si può evadere guardando altrove, senza per questo perdere completamente le sensazioni materiali dell’appuntamento nel momento del suo manifestarsi. I miei coetanei passeggiando guardano il cellulare anziché le vetrine pseudo-peccaminose? E ben venga! Sicuramente gli è più utile quello per dipanare il groviglio di bisogni e obiettivi che hanno in testa piuttosto che i cartelloni pubblicitari, le automobili, ogni cosa che lo stimoli all’eccesso rendendogli ovattati i sensi in difesa della mente.
Ben venga anche Pokémon Go, e la sua logica perfetta di gioco. Camminare in città certi di cosa si vuole e dove si sta andando è già una grande conquista.
Valerio Santori
(twitter:@santo_santori)