Siamo giunti al capolinea. Ad Abu Dhabi la F1 avrà un nuovo campione del mondo (il 67esimo, a dirla tutta) e chiuderà i battenti fino al prossimo 26 marzo, quando ripartirà con nuove regole, nuove vetture e nuove sfide.

Intanto, però, malgrado le novità del prossimo anno che hanno interessato già da un po’ le scuderie, questo weekend si chiuderà un mondiale pur sempre combattuto. D’altronde, dati i recenti trascorsi, arrivare a giocarsela tutta negli ultimi gran premi potrebbe quasi essere una novità dalle nostre parti. Da una parte e dall’altra del ring ci sono due signori – Lewis Hamilton e Nico Rosberg – che, chi più e chi meno, qualcosa hanno pur fatto per (non) meritare la vittoria finale. Esatto, ci fosse un terzo litigante sarebbero aperte le scommesse su di lui. Tuttavia, salvo ragazzacci su quattro ruote che guidano col joypad impallato e che rischiano di buscarsele ogni volta da un nonnino di turno, non c’è di che preoccuparsi. La strada sarà pressoché libera dalle teste calde.

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Sarà la pista, insomma, a dire chi la spunterà, chi avrà fatto meno errori in partenza, meno manovre sconsiderate, o chi avrà vinto con meno colpi di fortuna. E poi, che ci crediamo o no a queste congetture, che ci interessiamo o meno a farle, è giusto che ogni gara sia un capitolo a sé. E che questa di Abu Dhabi dica la sua su un campionato che ai vertici s’è ribaltato più di una volta come un calzino. E che tra poco potrebbe rifarlo.

Per alcuni in pista vorrà dire voltare pagina e pensare al futuro, per altri sarà l’epilogo di un libro che non ci si augura mai di leggere fino alla fine. Sarà l’ultima volta di Felipe Massa e di Jenson Button, che insieme faranno non solo un campione del mondo e mezzo, ma anche un mix intenso di esperienza, serietà e professionalità.

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Varrà ancora la pena ripercorrere vecchie delusioni, vecchie sensazioni.

Sei anni fa tra quelle emozioni c’era un brutto spavento per un incidente che per poco non colpiva Michael Schumacher alla testa, c’era il nostalgico che avrebbe corso almeno altri dieci anni con pneumatici Bridgestone pur di evitare la ben nota arte del totogomme (che ci subiamo ogni domenica).

E sì, c’era anche la stessa sensazione che provi quando sei di fretta e davanti a te becchi un trattore. Talmente grosso, ma talmente grosso, che non riesci a passarlo. Quel trattore lo guidava Vitaly Petrov e, più che grosso, era dannatamente veloce su un circuito dove per di più è già difficile passare.

Nel 2010 ad Abu Dhabi erano in quattro a lottare, con Fernando Alonso (Ferrari) davanti e tre cani rognosi a inseguirlo in classifica. Al cane rognoso numero 2, Sebastian Vettel, bastò un primo posto e un’implicita collaborazione del russo per laurearsi campione del mondo per la prima volta con la Red Bull.

E dopo che Alonso, partendo terzo e finendo settimo, gettava alle ortiche un probabilissimo successo per una Renault di troppo, si aprivano le danze dei quattro titoli mondiali consecutivi vinti dal giovane tedesco.

Che oggi ha sostituito proprio Alonso in Ferrari, finora non al meglio. Che ad Abu Dhabi forse gli getterà il piantone dello sterzo nella carena per farlo spostare. Ultimi giri di un mondiale che noi vedremo col fiato sospeso, senza stancarci di ripetere che se ci fosse un terzo tra i litiganti staremo già tutti a fare il tifo per lui. Così, per spirito di proverbio.

Nicola Puca

Fonte immagine in evidenza: google.com

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