Secondo la teoria psicoanalitica delle relazioni oggettuali, il rapporto tra lə bambinə e il mondo esterno nel primo mese di vita avrà un ruolo determinante per la costruzione della sua identità soggettiva. Il modo in cui il bambino o la bambina si relazionerà alla madre e al padre e ai relativi ruoli socialmente costruiti avrà un impatto significativo nella sua crescita e costruzione dell’identità di genere. La figura paterna nella tradizione occidentale è costruita con quel tratto autoritario marcato che la contraddistingue, elemento determinante nella creazione del rapporto con lə figliə. Il rapporto col padre e il modo in cui la bambina si relaziona all’autorità paterna sono due fattori che influiscono particolarmente nella costruzione della sua identità e nella percezione di sé stessa. Ecco le nostre #EvidenzeStrutturali verso il 25 novembre.
I bambini e le bambine vengono incasellati nei ruoli di genere sin dalla primissima infanzia, con il risultato di ricevere rispettivamente un pacchetto educativo organizzato e genderizzato ad hoc. Bambini socialmente identificati come maschi hanno stimoli e impulsi diversi rispetto a quelle identificate come femmine. Di conseguenza, le rispettive reazioni e risposte saranno differenti, ma soprattutto guidate. L’aspettativa di genere, infatti, orienta tali risposte verso i comportamenti socialmente previsti per i ruoli costruiti in cui lə bambinə devono riconoscersi. Tra le altre cose, la creazione di un legame tra padre e figlə ne risente particolarmente, considerando il tessuto sociale in cui tale rapporto va ad inserirsi. Nonostante la figura paterna sia imprescindibilmente caratterizzata da quell’aura quasi sacrale di superiorità e rispetto ed il rapporto con il figlio maschio sia comunque di tipo gerarchico, si tratta di un legame che si crea tra simili.
Nel rapporto padre-figlio, i soggetti si riconoscono e vengono socialmente riconosciuti come pari, allo stesso livello, nonostante il carattere autoritario del padre. Nel loro rapporto, infatti, gioca un ruolo chiave l’identificazione dell’uno nell’altro e viceversa nei diversi stadi della vita. Ciò in qualche modo giustifica e legittima l’autorità paterna, la sua valenza incisiva e indiscutibile, in virtù del suo vissuto ed esperienza. Il rapporto tra il padre e la figlia femmina, privo di identificazione, ma arricchito di tutte le implicazioni sociali che i rapporti tra uomini e donne in una società patriarcale conservano, è diverso alla radice. Oltre ad essere di tipo gerarchico, la relazione padre-figlia si insinua in una realtà sociale che configura le relazioni tra uomo e donna come relazioni di potere e subordinazione. In questo caso non si tratta di un rapporto tra pari, ma tra soggetti socialmente percepiti in maniera diversa, soggetti stereotipicamente caratterizzati da quella complementarità binaria che sistematicamente subordina una parte all’altra, la donna all’uomo, la figlia al padre. Il rapporto padre-figlia non è solo costruito in funzione dell’austerità paterna, ma si va ad inserire nella dinamica relazionale dei generi e nello squilibrio automatico che si innesca nel momento in cui le due parti non vengono percepite come sullo stesso piano.
L’autorità paterna e la sua sovversione
Uno dei punti espressi nel Manifesto di Rivolta Femminile afferma: «Le donne sono persuase fin dall’infanzia a non prendere decisioni e a dipendere da persona capace e responsabile: il padre, il marito, il fratello…».
L’autorevolezza del padre è compresa nel discorso della costruzione della figura maschile come quella lucida, razionale, in grado di guidare le persone e gestire le situazioni; ciò ne giustifica automaticamente e sistematicamente l’autorità. Il modo in cui bambine e bambini si relazionano a quest’ultima influisce nella percezione di sé e nella percezione di sé in rapporto con l’altro. Nel rapportarsi con l’autorità paterna sono prevedibili due direzioni diverse: compiacere il potere, aderendo consciamente o inconsciamente al sistema di valori e prospettive in cui è declinato; oppure sovvertire il potere e l’autorità del padre. Il riconoscimento dell’autorità paterna equivale alla consapevolezza del suo potere di incidere nella vita e nella costruzione dell’identità dei figli e soprattutto delle figlie.
Carla Lonzi, nel seguente passo tratto da Sputiamo su Hegel, riconosce l’autorità paterna come l’ennesimo abuso di potere normalizzato dalla società patriarcale. Nella sua lucida analisi organizza una resistenza articolata da un’alleanza donne-giovani contro il padre, apice intoccabile della società patriarcale: «L’autorità paterna si è sempre manifestata per quello che è ogni autorità: un abuso, diverso a seconda delle circostanze, ma i cui oggetti sono sempre stati in relazione tra loro, le donne e i giovani».
Giuseppina Pirozzi