Una giovane fanciulla dalla pelle candida e rosea, al cui volto rilucente di una bellezza inibita, schiva, mirabilmente timida, faceva da cornice una folta e fluente chioma di capelli scuri, quasi come a voler denotare il veemente e sublime contrasto che si dipanava tra la passione intensa e fervida e la riservatezza delicata e leggera, due superbi lati della sua complessa e affascinante personalità. Così Jeanne Hébuterne, all’età di soli 19 anni, all’Académie Colarossi catturò fin da subito subito l’attenzione di un artista camaleontico e controverso, goliardico e malinconico allo stesso tempo, un artista maledetto, “maudit”: Amedeo Modigliani. Il pittore, allora 33enne, reduce dalla tormentata relazione amorosa con la poetessa Beatrice Hastings, immediatamente si innamorò di quella donna a cui, a causa dei suoi tratti somatici così nivei e ovattati, diede il soprannome di “Noix de coco”: proprio una noce di cocco, dal contorno così scuro e dal cuore così bianco.

Subito i due pittori, sfidando senza pudori il tempo e il contesto sociale antipaticamente borghese nel quale conducevano le proprie vite, decisero di andare a vivere insieme, dando così inizio ad una storia d’amore dai toni melodrammatici e conturbanti, affannosi e tormentati, tragicamente sublimi. Un amore a metà tra la distruzione dell’abisso e lo splendore del paradiso. Un amore in grado di vincere la personalità esuberante e annichilente di Modì, con l’accondiscendenza e la comprensione, tipici di un sentimento di devozione, quasi, di Jeanne.

Jeanne Hebuterne

Cronache di questa passione d’amore lancinante e meravigliosa, spietata, senza freni sono indubbiamente i numerosissimi ritratti con i quali Modigliani omaggiò Jeanne Hébuterne, protagonista indiscussa della sua arte, come della sua vita.

La donna, per coronare il suo sogno d’amore, fu ripudiata dalla sua famiglia, immersa in una concezione fastidiosamente moralista e perbenista, che mal si accordava con il tenore di vita così strambo e anticonformista, eccentrico e strampalato della bohème parigina, di cui Modigliani era esponente di spicco.

Jeanne Hebuterne

«Lì ci raggiunse la sposa; ed egli, mangiando pochissimo come tutti gli alcolizzati, non finiva più di carezzarla, di interrogarla, di occuparsi di lei, quasi con ostentazione. E si uscì, riavviati, naturalmente, alla Rotonde. Nel bel mezzo dell’incrocio Raspail-Montparnasse congedò sua moglie, abbracciandola e baciandola con affetto; e ancora salutandola da lontano.»

Così, Anselmo Bucci, un pittore amico della coppia, raccontava di una sera a cena con i due e si coglie nelle sue parole il profondo legame che univa quelle due personalità così diverse, eppure perfettamente corrispondenti. Usando le parole di  Goethe ne “Le affinità elettive”, Modì e Jeanne

“quantunque opposti l’uno all’altra, si cercano nel modo più deciso, si mescolano, si modificano e formano insieme un nuovo elemento.”

Jeanne Hebuterne

Jeanne Hébuterne, dopo aver dato alla luce Jeanne Modigliani, rimase nuovamente incinta, stavolta, però, senza mai partorire. A seguito della morte di Modigliani, il giorno seguente, 25 gennaio 1920, si gettò dal quinto piano della residenza dei suoi genitori con in grembo la sua bambina. Ancora oggi al cimitero di Père Lachaise a Parigi, sepolta accanto al grande amore della sua vita, il suo epitaffio recita “Devota compagna sino all’estremo sacrifizio“.

Clara Letizia Riccio

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