Quante volte siamo scesi nella stazione della metro con lo sguardo fisso sull’orologio, un po’ di fretta, un po’ con abitudine, con lo sguardo perso in altro, senza renderci conto di quello che ci è stato messo sotto il naso, forse proprio per rendere più dolce l’attesa di quel treno che tarda sempre un po’ troppo ad arrivare. La Metropolitana linea 1 è «un piccolo centro Pompidou napoletano»: le stazioni dell’arte si susseguono l’una dopo l’altra, ognuna con una storia da raccontare.
Il viaggio inizia nella stazione di Garibaldi, disegnata dalla matita dell’architetto francese Dominique Perrault. Un unico ambiente in acciaio, dove la luce naturale, attraverso la copertura in vetro traspaente, filtra quasi fino alla banchina, a 40 metri di profondità. Ci si perde nel gioco delle scale mobili “sospese” e dell’acciaio riflettente, delle tubature a vista e delle pareti di mattonelle effetto diamante, tutto spezzato da vispi pannelli di colore arancione. Tra questi ci sono le opere di Michelangelo Pistoletto dal titolo “Stazione“: due pannelli di acciaio specchiante, con passeggeri a grandezza naturale in attesa o in cammino, cosicchè le immagini dei passeggeri reali si mescolano a quelle dell’opera.
Poi il treno si ferma in Università, a trenta metri di profondità sotto Piazza Bovio. Gli architetti Karim Rashid e Alessandro Mendini affermano di aver creato questa stazione per incarnare «i saperi e i linguaggi della nuova era digitale, che trasmettessero le idee di comunicazione simultanea, d’innovazione e di mobilità proprie dell’attuale Terza Rivoluzione Tecnologica». Così le scalinate che ci introducono nella stazione ci introducono al viaggio citando sulle pareti numerosissime parole coniate negli anni ’60, come «network» o «software», e nella hall il viaggio inizia con Conversational profile, due pilastri neri cilindrici che raffigurano quattro volti di profilo, simboleggianti la comunicazione umana. Immediatamente dietro troviamo il pannello 3D Ikon e Synapsis, una scultura in metallo che rimanda al reticolo neuronale del cervello, simbolo dell’intelligenza umana. Da lì il viaggiatore è indirizzato nella scelta della destinazione dai colori rosa fucsia e lime, che predominano nella struttura, sfumandosi leggermente verso l’arancione e il rosa chiaro. Scendendo a piedi ci si imbatte sulle scale nelle figure di Dante Alighieri e Beatrice Portinari, riprodotti per evidenziare l’importanza del legame tra la cultura umanistica e l’arte contemporanea, mentre il pavimento è occupato da motivi grafici digitali e sulle pareti i light box riproducono immagini tridimensionali che sembrano vibrare nell’aria, mentre l’attesa del treno si consuma su panchine sinuose che ricordano il simbolo dell’infinito.
Prossima stazione: Municipio. Gli scavi della stazione, iniziati nel 2003, hanno portato alla luce numerosi resti dell’antico porto di Neapolis, che saranno inglobati nel progetto della struttura. In particolare i resti delle cinque navi romane saranno esposte in vetrina, immediatamente visibili all’uscita dal treno, rendendo la stazione uno spazio logistico e museale insieme.
Il treno riparte, e la voce nell’interfono annuncia la prossima stazione: Toledo. Questa, considerata al primo posto tra le metro più belle d’Europa, è stata definita «un viaggio in fondo al mare, per attraversare la città su un binario d’acciaio». Progettata dal designer spagnolo Óscar Tusquets Blanca, la stazione è stata costruita sotto la falda acquifera della città, a circa 50 metri di profondità. Nell’ingresso sono presenti due mosaici di William Kentridge realizzati dal mosaicista Costantino Aureliano Buccolieri: il primo, Ferrovia Centrale per la città di Napoli, 1906 (Naples Procession), rappresenta una serie in fila di oggetti animati, che si muovono raccontando la storia di Napoli dietro al suo patrono, San Gennaro. Sullo sfondo, come suggerisce il titolo, sono riprodotti frammenti del progetto del 1906 per la ferrovia metropolitana di Napoli, l’attuale Linea 2, inaugurata nel 1925. Il secondo mosaico si intitola Bonifica dei quartieri bassi di Napoli in relazione alla ferrovia metropolitana, 1884 (Naples Procession): il soggetto è il primo progetto di una metropolitana a Napoli ideato da Lamont Young, che fa da sfondo ad una scena di vita quotidiana in cui un uomo traina, aiutato da una donna, un carretto in cui sono rappresentati altri oggetti simbolo della napoletanità; un gatto sornione, ripreso dai graffiti pompeiani, fa da spettatore della scena.
Scendendo si è accompagnati dai colori attraverso le stratificazioni sotterranee della città, dove l’ocra richiama il tufo partenopeo e il grigio l’asfalto urbano, fino a raggiungere il blu intenso delle profondità marine. Un mosaico riproduce il colore delle increspature delle onde, mentre tutto è illuminato dalla luce solare attraverso il Crater de Luz, un grande cono che attraversa tutti gli strati della stazione, ed in cui compare un gioco di luci LED, Relative light, opera di Robert Wilson.
Andando ai treni, lo stesso Wilson ci offre una passeggiata in riva al mare (oppure, se si vuole, nel mare), con due light box a luce LED che per ventiquattro metri riproducono un mare increspato dalle onde. Sulle pareti delle scale fisse al piano ammezzato si può ammirare l’opera Men at work, un intervento fotografico di Achille Cevoli che intende omaggiare gli operai che hanno realizzato le stazioni della metropolitana e le gallerie.
Il treno continua il suo percorso lungo i binari, portandoci sotto Port’Alba, dive l’eco delle rotaie si confonde con i rumori della piazza. E ancora una volta, come spesso succede a Napoli, il sopra si confonde con il sotto e viceversa, e la stazione Dante porta con sè l’eco delle parole del grande poeta nel Convivio. Ed inizia un altro percorso.
Camilla Ruffo