Il 26 maggio partono i lavori del G7, un vertice di due giorni che vede impegnati i Capi di Stato o di Governo di Italia, Germania, Francia, Regno Unito, USA, Canada e Giappone. Prendono parte al summit di Taormina anche il presidente della Commissione Europea Juncker, il presidente del Consiglio Europeo Tusk. 

Sono tanti i temi all’ordine del giorno di questo G7. A Taormina si parlerà certamente della questione siriana, della lotta al terrorismo, del dramma dei migranti e di programmi per gestire l’accoglienza dei profughi: tutti argomenti che rientrano nel primo pilastro della presidenza italiana del G7 2017.

Il secondo pilastro della discussione è rappresentato dallo sviluppo sostenibile sul piano economico, sociale e ambientale, con un focus specifico sull’applicazione dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, con riferimento particolare agli Accordi di Parigi sul clima. Sarà interessante capire soprattutto la posizione che assumerà nel merito Trump dopo aver firmato, il 28 marzo, un ordine esecutivo (Energy Indipendence) che cancella il Clean Power Plan voluto da Obama.

Terzo e ultimo tema del vertice di Taormina sarà la ricerca di politiche produttive che coniughino innovazione tecnologica e crescita inclusiva, come descritto nel Piano nazionale Industria 4.0. Se da un lato appare chiaro che l’automazione dei processi industriali porterà un aumento della produttività e una riduzione dei tempi di lavoro, la discussione sull’impatto che ciò avrà sul piano occupazionale e sul rischio di una ulteriore distribuzione di ricchezza verso l’alto sembra essere all’anno zero.

L’obiettivo della presidenza italiana del G7 2017 è quello di «costruire le basi di una fiducia rinnovata» dei cittadini nei confronti delle istituzioni nazionali e internazionali. La missione è ardua vista la situazione economica in cui versano l’Europa e l’occidente in generale, con un divario tra ricchi e poveri che si allarga inesorabilmente e con la ricchezza prodotta nel mondo concentrata nelle mani di pochi super miliardari. I governi hanno fatto ben poco per invertire la tendenza o, quantomeno, per attutirne le ricadute sociali, e le modalità organizzative del vertice di Taormina non aiutano certamente a superare lo scetticismo dei cittadini verso gli establishments politici.

Un summit blindato quello di Taormina, con divieti di circolazione terrestre e marittima in vigore già dal 15 maggio e che diventano sempre più restrittivi man mano che ci si avvicina all’inizio dell’evento. Sono state individuate, da parte del prefetto di Messina, una zona riservata vicino ai luoghi del vertice e la classica zona rossa. A partire dalla mezzanotte del 22 maggio e fino alla mezzanotte del 27 maggio è previsto il divieto di transitare e parcheggiare in queste due aree, con possibilità di accesso solo per veicoli e pedoni autorizzati; restano chiuse le scuole e persino il cimitero, con divieto finanche di gettare la spazzatura; inoltre è interdetta la navigazione in tutto lo spazio marittimo che va da Roccalumera ad Acireale, con divieto di balneazione oltre i 50 metri dalla costa. Circa 8 mila uomini delle forze dell’ordine impegnati per lo svolgimento del G7 e una macchina organizzativa che, sin dall’inizio, ha fatto acqua da tutte le parti. Tanti lavori immaginati, pochi quelli davvero cantierati, in una disperata corsa contro il tempo in cui non è stata prevista nessuna opera di compensazione per i disagi che tutte le limitazioni del piano sicurezza provocheranno agli abitanti di Taormina.

Inoltre, la direttiva firmata dal capo della polizia Franco Gabrielli vieta lo sbarco di migranti nei porti del versante orientale messinese e limita gli sbarchi in tutta la Sicilia a partire dal 22 maggio e fino alla fine del G7, dirottando dunque le navi su altri porti dell’Italia continentale. Una mossa che suscita non poche perplessità, dal momento che è stata indicata come una misura per prevenire attacchi terroristici. In un clima di odio e di paura, in cui si fa fatica ad arginare le speculazioni politiche di chi identifica i migranti con i terroristi, appare questa una scelta forse discutibile. Nessun blocco navale previsto e nessun respingimento ma tanto è servito per stimolare i commenti della Lega Nord, in particolare di Matteo Salvini e Roberto Calderoli che hanno confuso il dirottamento delle navi fuori dalla Sicilia con un blocco totale degli sbarchi e hanno invocato la chiusura delle frontiere. È chiaro che il dirottamento su altri porti è cosa ben diversa dai respingimenti, ma è palese che sia stato un errore affermare che si tratti di una misura di prevenzione contro il terrorismo e non, come sarebbe stato più corretto dire, una necessità logistica visto l’enorme dispiegamento di forze dell’ordine su Taormina.

Infine l’Italia e la Francia hanno sospeso gli Accordi di Schengen dal 10 maggio fino alla fine del mese, ripristinando i controlli alle frontiere terrestri, portuali e aeroportuali. La misura è stata definita necessaria per prevenire e limitare l’ingresso di esponenti di gruppi antagonisti in Italia. Come accaduto anche in occasione della cerimonia per i sessant’anni dei Trattati di Roma, le misure di sicurezza sono imponenti – un contesto che, considerato l’evento in questione, potrebbe richiamare alla mente la gestione dell’ordine pubblico nel G8 di Genova del 2001, stigmatizzata da Amnesty International, dalla Cassazione e dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo e culminata con i massacri della Diaz e di Bolzaneto.

Insomma, nel clima di tensione geopolitica, causato dai numerosi attacchi terroristici in Europa, diventa sempre più difficile coniugare la garanzia della sicurezza dei vertici internazionali e il diritto alla manifestazione del pensiero mediante cortei. I prossimi giorni ci diranno se le autorità preposte riusciranno, in questo arduo bilanciamento di interessi , a salvaguardare entrambi i diritti durante il G7 di Taormina.

Mario Sica

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