Dopo una lunga riflessione, la Corte Costituzionale ha infine dichiarato incostituzionale il prorogarsi dei mancati rinnovi dei contratti del pubblico impiego. La decisione è di quelle che smuovono la macchina legislativa e che soprattutto non possono essere ignorate, non dopo la chiarezza disarmante mostrata nella sentenza.
Sebbene la Consulta avesse in altri momenti dichiarato legittimo il blocco in quanto misura straordinaria e quindi di carattere provvisorio, in quest’ultima deliberazione non si è potuto fare a meno di notare che il provvedimento straordinario si stava lentamente trasformando in consuetudine, assumendo un carattere strutturale dopo il ripetersi della proroga nei governi Monti, Letta e Renzi (quest’anno). 6 anni di mancati rinnovi sono stati giudicati troppi, ed ora la Corte obbliga il governo a riaprire le contrattazioni.
Esultano i sindacati di tutto il paese, che avevano fatto dell’annullamento del blocco uno dei punti cardine dei loro programmi. Esulta soprattutto il sindacato Confsal-Unsa, il presentatore materiale del ricorso.
La Corte ha deciso anche che la sua sentenza non avrà efficacia retroattiva, e quindi almeno da questo punto di vista le casse dello Stato sono state salvate dal maxi-esborso di 35 miliardi previsto dall’Avvocatura dello Stato che difende il governo. Ciò non toglie che i membri del governo siano stati comunque presi alla sprovvista dalla sentenza, soprattutto se come indicatore degli umori di palazzo Chigi ci si dovesse riferire alle ultime dichiarazioni della Madia in merito all’imminente decisione. Il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione si era detta tranquillissima che la Consulta avrebbe giudicato legittimo il blocco come aveva fatto in precedenza, così non è stato.
Bloccando i rinnovi, e dunque gli aumenti d stipendio dei circa 3 milioni e 300 mila lavoratori interessati, si era determinato un notevole risparmio per lo Stato, con il costo complessivo del lavoro dipendente che era passato dai 172 miliardi del 2010 ai 161,9 miliardi attuali.
Gianpiero D’Alia, ex ministro della pubblica amministrazione, ha dichiarato che l’esborso al quale è ora di fatto obbligato lo Stato (se non vuole protrarre una pratica incostituzionale) sarà ingente, si parla di circa 7 miliardi per il triennio. Fondi difficili da trovare, e per i quali il governo dovrà probabilmente effettuare nuovi tagli.
Valerio Santori