.ZERO è l’album d’esordio del giovane e promettente cantautore milanese Luca Salmaso disponibile in tutti i digital store a partire dal 30 giugno 2018.

Abbandonare tutto e ripartire da zero rappresenta un momento complesso a livello emotivo perchè affrontare un cambiamento comporta un gesto di valore e coraggio personale che non è da tutti. Delle volte, specie dopo momenti di forte delusione personale, lasciarsi tutto alle spalle anzichè rimanere fermi e ancorati al proprio passato diventa necessario per ritrovare la felicità e il benessere interiore.Attraverso le canzoni contenute nel suo primo album da solista ”.ZERO” Luca Salmaso ha voluto esprimere pienamente il concetto di abbandonare tutto e ricominciare da zero.

Dopo varie esperienze musicali tra cui la militanza come voce nella band La Sindrome e come chitarrista dei RePro (che lo hanno portato a solcare più di cento palchi in Italia e all’estero tra locali, feste e manifestazioni), Luca Salmaso ha deciso di ricominciare tutto da capo.

In questo album, composto, scritto e registrato quasi interamente da lui, il cantautore milanese Luca Salmaso parla della quotidianità e della propria visione della vita in nove brani apparentemente semplici ma per nulla banali in quanto raccontano aspetti sui quali vale la pena concentrarsi e riflettere.

La redazione di Libero Pensiero News ha avuto il piacere di intervistare l’autore del disco Luca Salmaso che ha gentilmente risposto ad alcune nostre domande. Ecco l’intervista completa.

Prima dell’uscita del tuo ultimo lavoro in studio ”.ZERO” hai preso parte a vari progetti musicali tra cui la militanza nella rock band La Sindrome. Puoi raccontarci in breve come è avvenuto il tuo approccio al mondo della musica e le esperienze in tale ambito che hai vissuto finora?

«Ho avuto ed ho la fortuna di avere dei genitori che amano la musica. Sono cresciuto con le musicassette dei Pink Floyd, all’età di 8 anni presi in mano la tastiera per la prima volta rimanendone folgorato e poi passai alla chitarra e le prime band punk rock tra amici (che rimane un  po’ la mia attitudine). Nel 2007 fondai insieme a Fabio Vicidomini (tutt’ora il batterista che suona con me) e Simone Pellizzari La Sindrome. Da lì due album, uno con Marco Barusso e l’altro con Jack Garufi, grosse soddisfazioni, grandi live dopo di che la crisi e la separazione. Nel frattempo conobbi Max Zanotti che come un fulmine a ciel sereno cambiò il mio modo di fare musica.

Nel 2015 cominciai la collaborazione come chitarrista nella band milanese RePro ed è stata un’ altra sberla in faccia perché ritrovarmi a suonare un funky rock rappato all’improvviso è stata una delle più belle esperienze musicali ed una crescita dal punto di vista tecnico notevole. È stata perché per problemi di salute ho dovuto mollare, ma ancora ad oggi sono molto legato al progetto e penso che a breve “spaccheranno tutto”. Dopo 5 anni di pausa eccomi qua con la mia prima fatica discografica e ripartenza ”.ZERO”.»

Lo zero, in termini matematici e non, è simbolo del nulla, di qualcosa che non è tangibile.  Sei d’accordo con questa definizione oppure la pensi in maniera diversa? Cosa è per te lo zero?

«Lo zero è si il simbolo del nulla, ma può essere ubicato come inizio e come fine. Un po’ anarchico mi piace definirlo, ho voluto enfatizzarlo con un punto davanti per tramettere appunto la fine di un periodo storico della mia vita e l’inizio di un nuovo percorso: punto a capo si parte da zero.»

”.ZERO’’ è stato anticipato dai singoli ”Sogni viventi”, racconto di un momento di panico in cui tutto sembra instabile, e ”Il cielo sopra Milano”, ballata in cui  parli di un passato sempre presente che non sembra voler andar via. In entrambi i brani, arrangiati più in chiave pop che rock, affronti tematiche molto intime e personali dando loro un carattere universale. Direi che l’arrangiamento, i testi e le scelte stilistiche sono più che azzeccate. Cosa ti ha spinto a questo cambio di stile rispetto alle origini?

«Come ho detto prima l’incontro con Zanotti mi ha cambiato molto il modo di comporre musica. Negli ultimi anni ho ascoltato tantissimo Bon Iver, Damien Rice, Ben Howard e tanta tanta musica indipendente italiana di cantautori e non. Il miscuglio di tutta la musica ascoltata nella mia vita si vede che ha portato a questo e indubbiamente la fisiologica crescita personale ha cambiato il modo di scrivere e comporre musica.»

In questo disco racconti la tua visione della vita, dall’amore alla paura, lasciando ampio spazio alle emozioni e ai sentimenti. Qual è il messaggio che vuoi trasmettere all’ascoltatore? Cosa significa per te fare musica?

«Fare musica per me prima di tutto è un bisogno fisiologico. A parlare faccio molta fatica, ma scrivere ciò che penso e cantarlo mi fa stare bene e mi libera. Poi viene la parte in cui voglio parlare di temi che sono ancora difficili da comprendere e danno fastidio come depressione, panico e diciamo fastidi mentali. Sono certo che parlarne (anche se è difficile farlo) faccia sentire meno sole le persone affette da questi disturbi che sono semplicemente come un mal di testa o una febbre. Mi piace tramettere momenti di vita quotidiana dove ogni ascoltatore può immedesimarsi e viaggiare con la musica che è tanto bella e curativa.»

Il disco è uscito da poco meno di un mese, ma ha già riscosso notevole successo e recensioni molto positive. Ti ritieni soddisfatto? È previsto un tour di concerti per presentare l’album?

«Mi ritengo super soddisfatto. Era un disco che dovevo fare, ne sentivo il bisogno e tutto quello che ne salta fuori è oro colato. È una ripartenza e come si dice il meglio deve ancora venire. Ho già fatto qualche data prima dell’estate e continuerò da settembre con live acustici in location intime ed altre un po’ più rock diciamo perché, anche se ho smussato gli angoli, la mia anima punk rimane sempre sull’attenti.»

 

Vincenzo Nicoletti

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui