Il presidente dell’Anticorruzione, Raffaele Cantone, mette a segno un nuovo punto nella difficoltosa sfida alla corruzione. Con una delibera, ha stabilito che anche gli ordini e i collegi professionali, in conformità alla legge Severino, devono adeguarsi alle norme anticorruzione. Gli ordini avranno un mese di tempo per presentare un piano triennale in virtù di quanto stabilito da Cantone, pena pesanti sanzioni. Tra i vari divieti imposti, vi sarà anche quello di vietare categoricamente l’assegnazione di incarichi dirigenziali all’interno degli enti a personaggi che ricoprono o hanno ricoperto altre cariche politiche o amministrative.
Le polemiche, tuttavia, non sono di certo mancate. Il primo ordine ad opporsi alla nuove regole imposte da Cantone, è stato quello dei farmacisti, il cui presidente Andrea Mandelli e il suo vice Luigi D’Ambrosio Lettieri, militano tra le file di Forza Italia in Senato. Anche l’ordine degli infermieri presieduto da Annalisa Silvestro, senatrice del PD, si è fermamente opposto alla delibera del presidente, e non bisogna di certo dimenticare la polemica avviata a inizio 2014 tra il Cup (ovvero il Comitato unitario delle professioni) e gli enti ministeriali italiani.
Il Cup, appellandosi all’ormai defunto Piero Capotosti, giudice e presidente della Corte Costituzionale, era riuscito ad ottenere un parere pro-veritate, atto ad estraniare finalmente gli ordini dalla vicenda anticorruzione. Alla vicenda rispose il Ministero della Salute tramite una lettera istituzionale: «questa Amministrazione non si sottrae ad un confronto e approfondimento circa la portata sulla trasparenza e anticorruzione rispetto agli Ordini e Collegi professionali. Tuttavia non si può sottacere che appellarsi a pareri pro-veritate, per quanto autorevolissimi, al fine di sottrarsi a specifiche indicazioni del Ministero Vigilante appare procedura irrituale».
Quali sono, però, le cifre in mano all’Anticorruzione che vorrebbero amministratori e politici fuori dagli enti? Prima di tutto bisogna dire che, secondo Cantone, gli ordini sono «enti pubblici non economici» e come tali, dunque, devono sottostare alle leggi vigenti. In secondo luogo, è stato presentato un dossier dal Movimento 5 Stelle, secondo il quale almeno il 45% dei parlamentari italiani appartiene ad un ordine professionale, senza contare che molti di loro ne sono anche i rappresentanti. I 68 professionisti indicati nel dossier, i quali dirigono oltretutto ordini professionali aderenti al Cup, occuperebbero 450 ruoli, per una media di 6 incarichi per ogni professionista, senza contare l’enorme probabilità di poter sconfinare nel conflitto d’interesse, uno dei capisaldi che l’Anticorruzione intende abbattere.
Il dossier indica anche come nelle province di Napoli, Roma e Milano ci siano almeno 13 situazioni anomale, ovvero individui che ricoprono o hanno ricoperto doppi ruoli: quello di dirigente e quello di politico. Inoltre, fanno notare i M5S, gli ordini professionali contano all’incirca 2 miliari di iscritti, per un patrimonio pari a 50 miliari di euro e 600 milioni di euro in incassi annuali.
Maria Stella Rossi