Tra le tante assurdità che sentiamo nei dibattiti politici quella che più mi fa più sorridere è la tesi secondo la quale l’origine della crisi economica sarebbe da ricercarsi nelle politiche liberiste. Basterebbe una conoscenza di base del liberismo per comprendere quanto queste affermazioni siano distanti dalla realtà e che se una colpa può essere attribuita al liberismo è proprio quella di non aver trovato la via per dominare la scena politica.
Nessuno, nonostante le tante e troppe promesse, ha mai davvero avuto la reale volontà di promuovere in Italia una politica di riforme liberiste perché, in un Paese abituato a vivere di assistenzialismo e clientelismo, l’introduzione di concetti quali il merito e la responsabilità non possono creare consenso se non tra i pochi che non vivono di Stato.
Ed allora perché continuiamo a sentire questa litania ossessionante? L’unica spiegazione plausibile è la malafede di chi, continuando a recitare questo mantra, spera di consolidare la voglia d’interventismo, di chi contrappone lo Stato buono con l’individuo cattivo o di chi inneggia all’uguaglianza mortificando il talento.
Non serve essere uno studioso di politica economica per sapere che il liberismo fonda il proprio pensiero su pochi concetti quali la centralità dell’individuo, la responsabilità, il merito, lo stato minimo e la cooperazione sociale volontaria ed ancora più semplice sarà riconoscere che nessuno di questi valori sono un punto forte della società italiana.
Nessuno infatti potrà affermare che in Italia sia l’individuo il centro dell’interesse piuttosto che uno Stato auto referenziato che non sente la necessità di giustificare la propria presenza imponendola tout-court, senza chiedere permesso, con la sfacciataggine di chi si sente libero di agire indisturbato, prende dal nostro lavoro e decide per noi. Chi sostiene la teoria del fallimento liberista dovrebbe spiegare allora come questa triste realtà possa sposarsi con le parole di Adam Smith: “il Sovrano è completamente dispensato da un dovere nell’adempimento del quale nessuna saggezza o conoscenza umana può mai essere sufficiente: il dovere di sovraintendere all’attività dei privati e di dirigerla verso le occupazioni più idonee all’interesse della società“.
Non credo ci sarà chi avrà il coraggio di sostenere che il senso di responsabilità sia un’icona della nostra società, soprattutto in un Paese dove in Parlamento siedono nella massima tranquillità indagati, inquisiti e condannati, dove organizzare cene ad ostriche e champagne a spese dei contribuenti è normale tanto quanto vedere un ragazzo ucciso in carcere senza colpevoli. La responsabilità individuale è invece per il liberalismo un concetto chiave per la garanzia della massima libertà che, attraverso il rispetto di poche e conosciute regole, impedisce a chiunque di esercitare una coercizione a danno di altri.
Anche il merito vive, per il liberalismo, all’interno del rispetto delle regole che nascono solo per garantire a tutti la possibilità di raggiungere gli obiettivi prefissati e mettere in condizione ogni individuo di ottenere il massimo dalle proprie capacità arricchendo, non solo se stesso, ma tutta la società. In Italia le regole sono invece scritte per impedire ogni movimento autonomo, gli individui sono imprigionati in una selva di norme utili a garantire il potere a chi le emana, nella leggenda di una tutela comune che appiattisce tutti verso il basso e che ha nella fuga all’estero dei nostri talenti il più deprimente dei risultati.
Ma la prova provata che nulla del liberismo è stato mutuato dai nostri governi è l’opprimente presenza dello Stato in ogni campo sociale, economico e privato. Il liberismo che, tranne in alcune e limitate sue declinazioni, non ha mai professato la totale assenza dello Stato, pone dei limiti al potere governativo che dovrebbe intervenire solo per fornire i servizi di carattere collettivo e mai in via esclusiva o coercitivo. Ora provate a guardare il nostro Paese e ditemi se siete realmente liberi o costretti entro regole imposte dallo Stato: non potete aprire un’attività se non dopo mille approvazioni, non potete assistere chi amate se non seguite le regole etiche imposte, non potete decidere del vostro corpo neanche di fronte alla sofferenza, dovete consegnare allo Stato soldi per cose che non avete chiesto e per la quale non trarrete utilità né voi né altri, non potete chiedere conto delle azioni di chi vi governa perché domani sarà riproposto in una lista bloccata, non potete scegliere come spostarvi, non potete proteggere le vostre proprietà ed ora mi fermo perché la lista sarebbe troppo lunga per non essere incompleta.
Io non so se il liberismo possa essere la soluzione a questa inesorabile crisi, che non è solo economica ma anzi è piuttosto valoriale, perché ad oggi non abbiamo mai visto nulla che le assomigli, ma certo vorrei che non si dessero responsabilità a chi colpe non può averne.
Corrado Rabbia
Dottor Rabbia il suo discorso sarebbe coerente se i commentatori pensassero ad una rivoluzione liberista, il problema principale però è appunto l’applicazione della teoria liberista (il consolidamento fiscale non può essere letto in nessun’altra chiave se non in quella) ad un contesto che storicamente si è basato su un modello misto e non ideologizzato.
Temo che i commentatori commentino senza conoscere ciò di cui parlano
No, i commentatori offrono un servizio molto simile al suo, il fatto che le vostre opinioni divergano non la mette nella condizione di fare il bastardo saccente, a maggior ragione se NON è un economista.
Dico ciò perchè con il suo pezzo populista lei ha dimostrato non solo di non essere informato al riguardo (ad esempio quando parla dell’intervento statale o quando cita a sproposito Adam Smith) ma ha mostrato pure una certa tendenza alla disinformazione quando afferma che nulla del liberismo sia stato mutuato dai governi italiani.
Egr. Sig. Scaglione la ringrazio per il suo pacato commento. Per permettermi di difendere le mie tesi dovrebbe però contestualizzare le sue critiche fumose ed in particolare dirmi:
1. Perché definisce populista il pezzo
2. Perché avrei citato in modo inappropriato A. Smith
3. Citare quali politiche liberiste sono state attuate negli ultimi trent’anni
La ringrazio in anticipo
1. Le cene ad oscrtiche e champagne a spese dei contribuenti, coloro che “vivono di Stato” spaventati dal merito, la descrizione che dà del liberismo ed i concetti su cui si fonda, sono semplificazioni volte alla mistificazione della realtà.
2. Smith è citato inappropriatamente poichè è morto e sepolto da più di 200 anni e non può essere considerato attuale al giorno d’oggi (se non se ne dovesse convincere la invito a vedere gli avvenimenti succedutisi tra il 1790 ed il 2015).
3. Questa è la cosa che mi ha fatto più incazzare in quanto è a questo riguardo che lei ha iniziato a mentire consapevolmente, gli ultimi trent’anni sono zeppi di riforme di stampo liberista ed il fatto che gliele debba indicare è offensivo nei miei quanto nei suoi riguardi. Innanzitutto in Italia è cambiato l’approccio alla politica economica, se infatti prima delle privatizzazioni c’era una minima programmazione dotata pure di determinati contenuti politici sociali (la legge bancaria del 1936 o la riforma agraria del 1950 o l’introduzione della scala mobile nel 1975 sono esempi di come lo Stato abbia influito su determinate variabili di mercato), oggi invece i provvedimenti sono privi di contenuti politici sociali e la crescita economica viene totalmente affidata alle politiche dell’offerta la cui efficacia deriva dal funzionamento dei mercati.
Un primo esempio di politica liberista attuata negli ultimi trent’anni è la riforma e riorganizzazione del sistema bancario conclusasi con l’introduzione del TUB. Altro esempio è la legge Biagi/Maroni con la quale è stato riformato il collocamento e sono state introdotte le Aziende . infine abbiamo la legge Maccanico con la quale sono state istituite le agenzie per il lavoro.
1. Se per lei l’utilizzo di figure retoriche significa essere populista temo sia difficile dissertare sulla questione
2. Smith è e rimarrà attuale perché base portante del pensiero liberista. Spero non voglia classificare la bontà del pensiero in base all’età altrimenti dovremmo eliminare Platone, Pitagora, Aristotele, Galilei, Gesù, Kant, Nietzsche, Marx solo per citarne alcuni
3. Se per lei uno paese in cui il 70% dell’economia è legato direttamente o indirettamente all’opera dello Stato ha adottato misure liberiste, mi spiace ma non saremo mai d’accordo. Per altro lei cita interventi in due settori (bancario e lavoro ) dove la distanza con il libero mercato è abissale.
Nel rispetto delle sue posizioni, la saluto cordialmente.
Domanda (non sarcastica), le politiche degli ultimi 50 anni in UE (che volenti o nolenti influenzano anche troppo quelle locali) come le definite?
saluti
l’europa vigila solo sui saldi di bilancio e punisce al massimo con qualche multa. Per il resto, e per un bel pezzo, dobbiamo cavarcela da soli. I problemi che ci sono adesso derivano in parte da scelte sbagliate fatte in passato (dal governo di Craxi in poi). Solo un cieco non si rende conto che questo stato, questo mangia mangia dappertutto a livello sistemico fa male.
io direi che solo un cieco non si rende conto che senza piani industriali e investimenti in infrastrutture uno Stato non va da nessuna parte (se poi è la 2° potenza industriale d’europa), il magna magna c’era anche con la crescita pluriennale, e il magna magna c’era anche ai tempi di Roma e banalmente è un fattore umano che si può solo gestire non debellare ma che difficilmente può influire in un’economia avanzata a tal punto da piegarla in due.. ci viene in contro in questi giorni Confindustria che ci dice che in 20 anni la corruzione è costata 300 MLD……. in 20 ANNI!!! Se dicesse anche che 300 MLD in 3 anni sarebbero il MINIMO necessario per risollevare l’economia di questo Paese, ci darebbe una proporzione per comprendere bene come la corruzione sia UN problema da gestire, ma non IL problema!!!
vale lo stesso per evasione, inefficienza, inettitudine, burocrazia e quello che di più autorazzista vi sentite di dire…
saluti
Matteo la dimensione del fenomeno non è di facile misurazione, vanno considerate una serie di fattori e bisogna fare attenzione a che costi computare.
Senza cadere nel benaltrismo, uno dei problemi del sistema clientelare italiano non sono gli sprechi (che rappresentano un costo marginale), quanto gli effetti che tali fenomeni hanno sulla società italiana, lì nasce il vero spread nei confronti degli altri paesi europei (siano essi liberisti o socialdemocratici).
Un esempio può essere la capacità da parte della classe imprenditoriale italiana di mettere a rischio il proprio capitale, capacità totalmente distorta dal fenomeno corruttivo che invece favorisce la trasmissione dei costi di sopportazione del rischio dal privato al pubblico. E contemporaneamente il paese resta fermo.
Non liberiste anche se più attente al mercato e alla concorrenza rispetto alla visione italiana
Dottor Rabbia, apprezzo le sue opinioni, pur non condividendole appieno.
Spesso la persona media commette l’errore di assimilare il liberalismo, cioè tutta la sfera che riguarda le libertà dell’individuo e teorizzata già prima di Adam Smith, al liberismo, che invece è l’insieme di teorie economiche delle quali almeno in questa sede mi astengo dall’entrare nel merito.
Penso che sia probabile che una cultura liberale possa benissimo sopravvivere senza l’adesione alle teorie liberiste, non so se rendo bene l’idea.
Lei parla non a torto di merito e responsabilità: tra le persone della nostra terra le due cose parlando di lavoro erano strettamente correlate. Mi viene tuttavia spontaneo porre una questione: l’individuo ha responsabilità verso gli altri?
I pensatori settecenteschi, come sa, dicevano che la libertà dell’individuo finisce dove inizia la libertà altrui; ed è questo che mi porta a pensare che l’irresponsabilità di alcuni individui può danneggiarne altri che non sono responsabili di una cattiva condotta o gestione o quant’altro può essere legato ai nostri casi, ma che sono legati a quell’individuo irresponsabile. È giusto che loro vedano improvvisamente ristrette libertà che fino a un attimo prima avevano, e per giunta per colpa d’altri?
In questo senso deve intervenire lo Stato, per aiutare a salvaguardare le libertà di tutti.
Ecco, dottor Rabbia, forse all’ottica liberal-liberista manca un punto weberiano, se mi è concesso l’aggettivo: l’etica della responsabilità.
Non è socialmente accettabile che ci sia una libertà assoluta senza la contemporanea assunzione di responsabilità: d’altronde, lo ricorderà da Spiderman, “da un grande potere derivano grandi responsabilità”.
Come lei saprà e come ho scritto né il liberismo né il liberalismo escludono la presenza dello Stato affinché possa garantire che nessun individuo, nello sviluppo delle proprie potenzialità, possa agire coercitivamente nei confronti degli altri. La presenza di regole conosciute serve appunto a controllare l’irresponsabilità e da questo assunto deriva il concetto della massima libertà possibile che non deve necessariamente coincidere con la libertà assoluta. Mi piace salutarla con questo pensiero di che meglio di me spiega quanto sopra:“Tutti coloro che vanno alla fiera, sanno che questa non potrebbe avere luogo se, oltre ai banchi dei venditori, i quali vantano a gran voce la bontà della loro merce, ed oltre la folla dei compratori che ammira la bella voce, ma prima vuole prendere in mano le scarpe per vedere se sono di cuoio o di cartone, non ci fosse qualcos’altro:il cappello a due punte della coppia dei carabinieri che si vede passare sulla piazza, la divisa della guardia municipale che fa tacere due che si sono presi a male parole, il palazzo del municipio, col segretario e il sindaco, la pretura e la conciliatura, il notaio che redige i contratti, l’avvocato a cui si ricorre quando si crede di essere a torto imbrogliati in un contratto, il parroco, il quale ricorda i doveri del buon cristiano, doveri che non bisogna dimenticare nemmeno in fiera.E ci sono le piazze e le strade, le une dure e le altre fangose che conducono dai casolari di campagna al centro, ci sono le scuole dove i ragazzi vanno a studiare.E tante altre cose ci sono, che se non ci fossero, anche quella fiera non si potrebbe tenere o sarebbe tutta diversa da quello che effettivamente è.”Luigi Einaudi, 1944
Anche se la situazione è cambiata rispetto ai tempi di Einaudi (in meglio e in peggio a seconda dei campi che esaminiamo), non posso far altro che aspettare la sua prossima riflessione.
Dottor Rabbia,
Mi trovo d’ accordo con lei su quasi tutta l’ analisi, ma provi ad analizzare la situazione degli USA, il posto che più al mondo si avvicina all’ idea di liberismo. Oramai li i ricchi, il cosiddetto 1%, sono arrivati ad un livello ottenibile solo per via dinastica (tranne rarissimi casi alla Zuckerberg, che comunque povero non era). Inoltre la nuova crescita li in atto, basata su fracking ed automazione spinta, non crea nuovi posti di lavoro di qualità. Uscendo dagli Stati Uniti, questi due fenomeni stanno causando un appiattimento del lato sinistro e centrale della curva di redistribuzione dei redditi in tutto il mondo sviluppato, distruggendo di fatto la classe media. Ciò ha due effetti: mina la democrazia, di cui storicamente la classe media è la base, e toglie ogni motivazione a crescita e miglioramento personale. Inoltre, i privati falliscono in tutte le politiche del lavoro. Part-time, lavoro flessibile, telelavoro sono taboo ovunque tranne che nelle socialdemocrazie Nord Europee. Sicuramente lo statalismo parassita all’ Italiana è una grave malattia, ma il liberismo spinto di certo non è la cura.
Cordiali Saluti.
Davide Bassi.