Il disegno di legge “per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo” nasce con l’obiettivo di tutelare i minori prevenendo la violenza ed educando al rispetto e all’uso consapevole di Internet.
La discussione iniziata al Senato e proseguita alla Camera ha registrato modifiche sostanziali al progetto originale, al punto tale che il testo approvato dalla Camera il 20 settembre è stato considerato uno strumento di censura piuttosto che di tutela.
A corroborare tale accusa, sostenuta tra gli altri dal M5S, è stata la scelta di modificare la natura stessa del provvedimento: la dicitura “Disposizioni a tutela dei minori” è stata soppressa in favore della sola parola “Disposizioni”, estendendo dunque la tutela anche ai maggiorenni. Ciò comporta, come chiarisce l’articolo 2, che «Chiunque […] abbia subìto un atto di cyberbullismo […] può inoltrare al titolare del trattamento, al gestore del sito internet o del social media, un’istanza per l’oscuramento, la rimozione, il blocco dei contenuti specifici rientranti nelle condotte di cyberbullismo».
Questo tipo di possibilità, secondo il parere dei contrari alle modifiche, altro non sarebbe che uno strumento utile a legittimare la censura di tutti quei contenuti virtuali tesi a mettere in discussione l’operato o l’immagine di personaggi pubblici.
“Le condotte di cyberbullismo” sono chiarite dalla Camera stessa, che nel testo modificato introduce all’art. 1 quella che ritiene essere la definizione del reato:
“2. Ai fini della presente legge, con il termine «bullismo» si intendono l’aggressione o la molestia reiterate, da parte di una singola persona o di un gruppo di persone, a danno di una o più vittime, idonee a provocare in esse sentimenti di ansia, di timore, di isolamento o di emarginazione, attraverso atti o comportamenti vessatori, pressioni o violenze fisiche o psicologiche, istigazione al suicidio o all’autolesionismo, minacce o ricatti, furti o danneggiamenti, offese o derisioni per ragioni di lingua, etnia, religione, orientamento sessuale, aspetto fisico, disabilità o altre condizioni personali e sociali della vittima.
3.Ai fini della presente legge, con il termine «cyberbullismo» si intende qualunque comportamento o atto rientrante fra quelli indicati al comma 2 e perpetrato attraverso l’utilizzo di strumenti telematici o informatici”.
Al cyberbullismo la Camera attribuisce un significato meno specifico rispetto a quanto era previsto nel testo approvato dal Senato, che recitava:
“2. Ai fini della presente legge, per «cyberbullismo» si intende qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”.
Nessun riferimento a “sentimenti” di ansia e di timore nel testo del Senato, bensì una cornice più chiara di atti tesi a ledere la serenità e la vita stessa della vittima designata.
Sono diverse le critiche mosse dalla senatrice Elena Ferrara, prima firmataria del disegno di legge, secondo la quale il problema non è la presunta azione censoria, bensì l’avere esteso la tutela ai maggiorenni: «Estendere il provvedimento agli adulti significa compromettere l’efficacia delle procedure di rimozione dei contenuti lesivi ai danni dei nostri ragazzi» commenta sulla propria pagina Facebook.
Il rapporto tra web e adulti, secondo la senatrice, è un fattore importante, ma diverso dalle dinamiche che si innescano nella società dei minori. Per tale ragione, è necessario che le questioni vengano affrontate in sedi separate e che per ognuna venga stabilita la procedura più idonea.
Il cyberbullismo e il bullismo sono mali che il progetto originario intende debellare con la prevenzione attraverso l’educazione al rispetto e al corretto utilizzo della rete Internet – ciò intessendo una fitta collaborazione con gli Enti scolastici, sempre più spesso primi focolai di violenza indiscriminata e impunita.
L’obiettivo ultimo è quello di creare un contesto tra pari in cui vigano il rispetto reciproco e la consapevolezza di quanto possano essere dannosi gesti e parole.
Uno dei disegni di legge poi assorbiti in quello discusso attualmente al Parlamento, d’iniziativa del senatore Riccardo Mazzoni, aveva un carattere sia preventivo che punitivo: gli articoli 5 e 6 disciplinavano rispettivamente le sanzioni a carico dei minori di undici anni e quelle a carico dei minori di età compresa tra gli undici e i quattordici anni che perpetravano bullismo nel contesto scolastico.
Nel disegno di legge della senatrice Ferrara non sono previste sanzioni ad hoc per i reati di bullismo e cyberbullismo, è previsto piuttosto un “Ammonimento” orale ai cosiddetti bulli, laddove non vi siano gli estremi per denunce o querele.
Il testo, così come modificato dalla Camera, si riaffaccia all’ipotesi di una legge che abbia anche carattere parzialmente punitivo: è stato difatti introdotto l’articolo “Informativa alle famiglie, sanzioni in ambito scolastico e progetti di sostegno e di recupero”, che prevede la valutazione della gravità degli atti e la conseguente predisposizione di «percorsi personalizzati per l’assistenza alla vittima e per l’accompagnamento rieducativo degli autori degli atti medesimi». È poi stata introdotta la modifica all’art. 612-bis c.p., estendendo ai reati ascrivibili al cyberbullismo la pena di reclusione da uno a sei anni.
Il disegno di legge, con molte probabilità, verrà ulteriormente modificato durante la discussione in Senato, al fine di riportare l’attenzione sulla violenza perpetrata dai minori sui minori in quegli ambienti che dovrebbero essere asilo e non gabbia.
Il dibattito sulla presunta azione di censura posta in essere dalle modifiche della Camera ha avuto la colpa di tralasciare il problema principale, vale a dire l’assenza, ad oggi, di una disciplina che combatta le azioni di violenza note come bullismo e cyberbullismo – scrive Paolo Picchio sul Corriere della Sera: «Vivo per creare anticorpi, per una società migliore».
Rosa Ciglio