Erano in tanti. Anzi, tantissimi. Più di un milione, secondo gli organizzatori. Il popolo della sinistra è tornato in massa a scendere in piazza dopo l’ultima grande manifestazione tinta di rosso, quella dei tre milioni di persone al Circo Massimo il 23 marzo 2002 che sancì il trionfo di Sergio Cofferati, allora segretario generale della CGIL, e lo mise in luce come autentico potenziale leader della sinistra, uno dei tanti bruciati nel lungo cammino che va da Occhetto a Renzi. Allora come adesso l’argomento era l’articolo 18, all’epoca messo in discussione dal governo Berlusconi. Tuttavia la gente riempì il Circo Massimo per difenderlo da un governo politicamente avversario, oggi invece a Palazzo Chigi abbiamo il principale partito italiano ed europeo di sinistra i cui leader storici nel 2002 furono i primi ad abbracciare Cofferati appena scese dal palco.
Ieri mattina si sono tutti svegliati presto, ma molti sono partiti anche venerdì notte. Giunti dal Veneto, dal Trentino, dalla Lombardia, dal Friuli, ma anche da Catanzaro, Lecce, Napoli, Palermo, Messina, Cagliari. Hanno intrapreso lunghi viaggi coi pullman organizzati dal sindacato, ma anche in treno, in aereo, addirittura dalla Sardegna è partita una nave apposita. Il loro afflusso a Roma ha bloccato la città formando due cortei lunghi chilometri che si sono snodati tra le vie del centro per raggiungere Piazza San Giovanni, storica agorà della sinistra italiana dai tempi di Togliatti.
E il popolo di sinistra ritrovatosi ancora una volta davanti la Basilica è sempre lo stesso: pensionati, giovani disoccupati, operai, dipendenti pubblici e privati, immigrati, tutti in qualche modo piegati dalla crisi e che si sono ritrovati dopo 12 anni in piazza a manifestare, ma stavolta contro un governo votato da larga parte di loro. Sono scesi in piazza perché sono stanchi di aspettare per chissà quanto ancora la realizzazione degli slogan lanciati dal governo, ma anche per urlare il proprio diritto ad avere una vita dignitosa.
“Qui c’è l’Italia reale“, aggiunge il segretario CGIL dell’Area metropolitana di Napoli Federico Libertino, “l’Italia che soffre, che è in cassa integrazione, che cerca un lavoro, che vorrebbe davvero cambiare verso all’Italia, ma portandola verso il lavoro, lo sviluppo e la crescita. Il paese vuole cambiare ma tramite la qualità del lavoro, gli investimenti, l’innovazione, dando una struttura produttiva all’Italia.”
Il segretario napoletano della NIDIL (Nuove Identità di Lavoro), Angelo Savio, spiega la folla scesa in piazza a fianco della CGIL sostenendo che “viviamo in una realtà lavorativa dove non possiamo più andare avanti con 56 forme contrattuali. La precarizzazione del mercato lavorativo ha portato a circa 5 milioni di lavoratori atipici nel nostro paese, di cui solo 100.000 in Campania tra i call-center ed il settore della ricerca e formazione, tutti CoCoPro o finte partite IVA. Nel jobs-act non abbiamo sentito parlare dell’annullamento di queste forme contrattuali, nè tantomeno abbiamo sentito di tutele ed estensione dei diritti anche per le partite IVA.” Infine ricorda ai giovani che “difendere l’articolo 18 non vuol dire tutelare i privilegiati, poiché toglierlo significa impedire alle prossime generazioni di avere un appiglio contro i soprusi.”
A loro una risposta la dà, sempre tramite Libero Pensiero, Pippo Civati. “Qui in mezzo ci sono elettori e tesserati democratici, insieme storia della sinistra italiana, e il PD in quanto partito di sinistra non dovrebbe mettere in atto proposte che una piazza così non capisce e rifiuta così fortemente.” Alla domanda su cosa succederà all’interno dei democratici nei prossimi giorni, Civati ha risposto sostenendo che “adesso c’è un pezzo di PD che è chiamato a decidere se stare al gioco pesante fatto da Renzi o dare una prova di presenza e di qualità, e staremo a vedere cosa succederà nelle prossime due o tre settimane.”
Ma non è soltanto chi si rispecchia nella sinistra ad essere in piazza con la CGIL. Una militante di destra ha dichiarato ai nostri microfoni di essere presente perché “la tutela dei lavoratori e dei disoccupati è un discorso trasversale e super-partes. Il governo fino ad ora ha lanciato solo slogan, e se fosse stato realizzato anche solamente l’1% delle dichiarazioni lanciate da Renzi anche noi di destra avremmo accettato e condiviso il risultato mentre invece siamo tutti qui, e al di là delle bandiere che sventoliamo stiamo combattendo tutti per lo stesso motivo.”
“Dopo tutte queste promesse Renzi dov’è?“, chiede Gennaro, un pensionato napoletano. “Noi lavoratori siamo in piazza, mentre lui è alla Leopolda insieme agli imprenditori che fino ad ora hanno prodotto solo chiacchiere invece di lavoro.“
Ed aggiunge infine, con un moto di orgoglio nostalgico, che “se Matteo sta con la Merkel, noi stiamo ancora con Berlinguer“.
Giacomo Sannino
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Foto a cura di Serena Spennato