“Ci sono le persone che a un certo punto se ne vanno e con le quali non hai più rapporti: vengono sfilate, creano una ferita, ma poi la ferita si rimargina. La morte non esiste, esistono i morti e a un certo punto mi viene il sospetto che praticamente non esistano che loro.”
La morte non esiste per chi ha declamato con grazia sopraffina e ricercata eleganza la sublime poesia dantesca, non esiste per chi si è abbeverato per tutta la vita alle fonti della cultura, non esiste per chi ha trascorso la maggior parte del suo tempo inebriato dal dolce profumo della carta stampata, non esiste per quei soggetti intemperanti e voracemente curiosi come Vittorio Sermonti. Il professore giornalista si è spento nella sua casa a Roma il 23 novembre 2016.
Figlio di un avvocato, Sermonti, fin da ragazzo, fa la conoscenza di personalità di rilievo come Emilio Gadda, Giorgio Bassani, Pier Paolo Pasolini, e, in particolare, Gianfranco Contini, grazie al quale realizzò il mastodontico progetto dantesco. Racconta lo scrittore romano in un’intervista che proprio dalla lettura di un saggio dantesco, redatto per l’appunto da Contini, trasse l’ispirazione per portare a compimento la sua idea.
“Aprii il quinto canto dell’Inferno e incominciai. Dopo un po’ mi interruppe: l’ha solfeggiato benissimo, ora lo legga. A quel punto mi sentii completamente libero. Conclusi la lettura con grande soddisfazione di entrambi.”
L’intensa attrazione per il sommo poeta, tuttavia, affonda le sue origini nell’infanzia di Vittorio Sermonti, che all’età di 10 anni ascoltava, ammirato, il padre recitargli la Divina Commedia.
Personalità dal volto poliedrico, assetato di arte e di sapienza, Sermonti non si fermò certo alla lettura dei versi dell’opera dantesca, ma approdò anche alla stesura di romanzi come “La bambina Europa”, “Giorni travestiti da giorni”, e di racconti praghesi raccolti nell’opera “Il tempo fra cane e lupo”. Fu professore d’italiano e latino presso il Liceo Tasso di Roma e collaborò con giornali notevoli come “L’Unità”, “Il corriere della sera” e “Il Mattino”.
Lo scrittore saggista impiegò tutto il suo tempo nel rintracciare la segreta ed intima corrispondenza tra scrittura e parola, tessendo le trame della sua esistenza attorno alla musa della poesia che:
“È il contrario della pornografia. La pornografia stabilisce un rapporto di desiderio tra un puro soggetto e un puro oggetto. Invece la circolarità del desiderio è la proprietà del linguaggio poetico che si svolge in falde della persona anche molto segrete.”
Si spegne un’intramontabile personalità della cultura italiana, che lascia un vuoto incolmabile.
Ciao, maestro.
Clara Letizia Riccio