Vincitore della sesta esizione di Stazioni d’Emergenza, lo spettacolo Madame Bovary, scritto e diretto da Luciano Colavero e interpretato da Chiara Favero, è stato in scena al Teatro Stabile d’Innovazione Galleria Toledo dal 24 al 26 marzo.

Si spengono le luci in sala, Chiara Favero sale sul palco. Un nevrotico ronzio di mosche che volano riempie la sala. Madame Bovary prende l’arsenico, se lo ficca in gola con forza, si uccide. È l’inizio della fine del romanzo di Flaubert. E mentre aspetta di morire – o forse è già morta? – srotola il monologo che sancisce la fine della sua vita. Parla con il marito e con la figlia, svela loro tutti i suoi peccati. Dice che ha ipotecato la casa e indebitato la famiglia per pagarsi una vita di lusso a Parigi. Lo champagne, gli amanti, le carrozze, i vestiti, i balli, la musica e la nobiltà. Ha rovinato loro la vita per la strada, la porta, il buco, la spaccatura attraverso cui infilarsi, e scivolare via, per rinascere, per cambiare pelle, volto, nome, persona e personalità.

Emma Bovary è una donna che insegue follemente e nevroticamente la felicità. Quella felicità che per lei è impacchettata nella carta lucida di una vita ricca, fatta di cose costose e mondane. Emma Bovary è un’esteta, un’esteta ossessiva, che associa la bellezza della fiandra alla bellezza dell’anima (e infatti non riesce a non pensare, di fronte ad un ricco notaio che la vuole portare a letto, come una vestaglia così bella debba appartenere ad un uomo del genere), e che rifugge tutto ciò che impersonifica la bassezza intellettuale della sua vita sporca e umile di campagna (le mosche, che si infilano dappertutto, le dita schifose degli ufficiali che cercano soldi nascosti tra le sue lettere d’amore).

Chiara Favero si muove sul palco sopra una lunga pedana, ambientazione claustrofobica e snervante, avanti e indietro come un’animale in gabbia, come impazzendo per la sua prigionia, che poi altro non è che prigionia dell’anima nel corpo, una fuga dalla noia, dalla compagnia di se stessa, e una ricerca continua ed insoddisfacente di una soluzione che la salvi dalla persona che è e non vuole essere, perchè non è nessuno.

Per Emma Bovary il mondo reale non è niente, non esiste, è ignorato volontariamente: i debiti non sono niente, la famiglia non è niente, la sua natura non è niente. Tutto ciò che esiste è altrove, là dove può essere solo sfiorato e idealizzato, là in quel mondo fatto di amanti che non la amano.

Madame Bovary è uno spettacolo della carne: il corpo della bravissima protagonista è il mezzo teatrale unico attraverso cui il regista Luciano Colavero esprime l’angoscia, la trappola, l’impossibilità ed il desiderio che rodono l’anima di Emma. Quel corpo prima vestito poi nudo, che si muove velocemente e poi crolla immobile, che è ipersessualizzato e bulimico, che canta e tace e si uccide, che è animalesco e sofferente.

Le luci si accendono in sala e l’attrice in tuta viene a salutare il pubblico. Ci si chiede cosa si è visto: una donna, un tavolo, un rumore di mosche. E la debolezza dell’essere umano, la sua schiavitù dalle passioni, la sua natura infantile. La vita nuda, davanti a noi spettatori.
Madame Bovary è catarsi assicurata.

Qui il sito ufficiale del Teatro per i prossimi eventi della stagione.

Ludovica Perina

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