Stefano Torre, l’esperto di web-marketing candidato sindaco di Piacenza in questa tornata amministrativa, per la lista satirica “Torre Sindaco”, è diventato famoso a livello nazionale per il forte impatto mediatico delle sue proposte surreali: l’abolizione della morte, la costruzione di un vulcano per incenerire i rifiuti e costruire piste da sci o la costruzione di un muro per contenere gli immigrati provenienti dai comuni limitrofi. Le sue proposte bizzarre gli hanno permesso di ottenere il 4,28%, più di alcuni candidati “seri”. Scopriamo il suo segreto.
Come è nata la sua candidatura e l’idea di “Torre Sindaco”?
«La mia candidatura mi ha fatto sognare, vivere in una dimensione diversa, nuova ed esaltante. Ho provato emozioni fortissime, gioie eccezionali… e non è ancora finita. La popolarità del personaggio Torre Sindaco è arrivata a livelli inimmaginabili e ha abbondantemente superato i confini della provincia di Piacenza. Pensi che ricevo inviti un po’ da mezza Italia. Dovrò organizzare una agenda… Peccato solo per quei 70 voti – una inezia – ma che non mi faranno entrare in consiglio comunale.
La mia candidatura nel novembre del 2015 quando Mauro Ferrari, caro amico e spin doctor di livello nazionale, mi chiese di elaborare una idea virale per Gianni Lettieri che si sarebbe candidato sindaco di Napoli: dato che il Napoli stava andando forte in quel periodo, gli propongo di giocare in anticipo le partite del Napoli utilizzando il subbuteo e facendole commentare da Gianni Lettieri in un salotto e con ospiti diversi ogni volta. Il Napoli avrebbe sempre vinto e Lettieri sarebbe diventato un tormentone scaramantico, prima ancora di candidarsi ufficialmente. Credo che a Napoli sarebbe stato un modo simpatico per far diventare virale un personaggio, consentendogli anche di far conoscere il suo pensiero con leggerezza. Si sarebbe dovuto lavorare al format, ai tormentoni, ma la base c’era tutta. Non ho mai capito perché l’idea venne scartata. Fatto sta che quando la candidatura fu ufficializzata in febbraio dell’anno dopo gli unici slogan che mi vennero in mente erano troppo estremi, inadatti a Lettieri… ed allora nacque Torre Sindaco candidato a Bettola. Ho lavorato per sei mesi a costruire un programma che, partendo dalle mie idee della politica, disegnasse un tormentone satirico».
E per questo ha deciso di rubare il simbolo di Lettieri?
«Be’, è stato naturale che lo prendessi: c’era il vulcano! Poi lo aveva disegnato Mauro: è stato come omaggiarlo. Mi piacerebbe sapere Lettieri come l’ha presa, ma con lui non ho mai parlato. Non credo neppure che sappia che ho lavorato alla sua campagna rimanendo molto dietro le quinte. Il vulcano è un simbolo potentissimo! Pensavo al Nure che era esondato a Bettola da poco e mi veniva in mente l’eruzione di un vulcano così ho cominciato a ragionare su come avrei potuto fare a mettere un vulcano a Bettola. Non avevo intenzione di candidarmi. A spingermi è stato il consenso ottenuto da Torre Sindaco e la quantità enorme di persone che mi chiedeva di candidarmi a Piacenza. Torre Sindaco ha iniziato a diventare qualcosa di più di una infografica a fine novembre, quando lo ho interpretato in anima e corpo».
Il suo programma “surreale” sembra parodiare i politici delle grandi promesse puntualmente non mantenute. La sua è stata una candidatura di “protesta”, nata per mettere in luce questo aspetto?
«Di protesta sì e no, diciamo che la formula è stata una scelta comunicativa senza la quale le proposte che ho fatto non avrebbero assunto la minima rilevanza. Il fatto che i punti programmatici abbiano un senso, se si guarda oltre la superficie satirica… Be’ allora la semplice protesta, la semplice denuncia di un modo di fare dei politici, viene del tutto superata dal senso profondo di un programma serissimo. Del resto, ho sempre fornito la chiave di lettura prima di iniziare a sciorinare i punti del mio visionario e lungimirante programma: mi sono rotto le scatole di vivere in un mondo nel quale i forti sono sempre più forti ed i deboli sono sempre più deboli! In ogni caso la parodia della politica è uscita prepotentemente e per molti è stato l’elemento più rilevante di tutto il programma. Altro elemento sul quale metterei l’accento è l’interpretazione che ho fatto del personaggio Torre Sindaco: sono riuscito a sostenerlo fino alla fine senza farlo degenerare in una buffonata. E non è stato affatto facile: ho avuto qualche difficoltà a non sghignazzare, soprattutto durante le trasmissioni televisive».
Il suo programma “surreale” ha ottenuto più consensi di alcune liste “serie”. Secondo lei, perché la politica “classica” ha perso credibilità, tanto che alcuni cittadini preferiscono chi promette un vulcano?
«Be’, la gente capisce che un vulcano fa parte del programma proposto da una persona seria che parla da giullare, mentre il resto arriva da giullari travestiti da persone serie. Mentono agli elettori da così tanto tempo da aver addirittura cambiato il significato del verbo votare: non più l’esercizio di una nobile prerogativa costituzionale ma il sentirsi umiliati e frustrati dall’abitudine di non veder mantenute mai le promesse».
È stato consigliere comunale per la Lega Nord dal 1994 al 1998. Condivide ancora le idee politiche del partito e la nuova direzione datale da Matteo Salvini?
«No, per nulla. Siamo ad una distanza siderale. Così come, del resto, da ogni altro partito politico esistente. Penso di aver preso in giro la Lega in modo fortissimo quando ho mandato Maria Neris alla RAI: una immigrata dominicana nera, che parlava di tolleranza zero. O con la proposta di un muro al confine con Pontenure e Caorso per difenderci dai profughi. Sono stati momenti di sublimazione della surrealtà del quale vado fiero».
Quale fu il suo rapporto con la Lega Nord?
«Semplicemente, io avevo aderito ad un partito che parlava di federalismo, intendeva cambiare l’ordinamento costituzionale del paese ed offriva soluzioni ai problemi. Poi è cambiato tutto, a iniziare dall’espulsione di Gianfranco Miglio. E poi con il parlare di secessione, per poi virare sul federalismo fiscale ed alla fine diventare quel nulla che è oggi: un partito che fa leva sui sentimenti più biechi della povera gente. Io ho duramente criticato le scelte che la Lega stava facendo. Non era un partito che ammetteva la critica interna: o eri d’accordo o eri fuori. A distanza di pochi anni mi sono reso conto che per me fu un bene essere cacciato: almeno ho potuto disintossicarmi a fondo. Dopo 22 anni credo di poter tornare a dire la mia senza timore di essere tacciato di un bieco passato leghista: la mia fu una disinteressata partecipazione ad una stagione politica nella quale c’era la sensazione di poter davvero cambiare il corso della storia del nostro Paese».
Cosa pensa dell’attuale politica nazionale e internazionale?
«Domanda ampia, forse troppo: potrei scrivere un trattato. Ma tento una sintesi: qualcuno sta tentando di ridurre le masse in schiavitù e ci sta riuscendo. Da nessuna parte mi pare ci sia un tentativo di reazione. Trump è fantastico: ha in sé la sintesi di quanto la politica abbia toccato l’assurdo. Renzi ha raccontato così tante balle che andrebbe fatto sparire e Gentiloni è un fantoccio. Putin è l’unico che sta lavorando per la propria gente, non a caso Trump non ha nascosto i suoi legami con lui ed è stato un fattore che ha contribuito a farlo vincere».
Quali sono i suoi progetti futuri?
«Stiamo organizzando una associazione Torre Sindaco che servirà a regolamentare tutti i comitati Torre Sindaco che stanno nascendo nelle diverse città. Ad oggi sono nati i comitati a Lecce, ad Arezzo e a Parma, ed è diventato indispensabile fissare dei limiti e delle regole entro le quali muoversi. Sto anche scrivendo il libro con il racconto dell’avventura elettorale, al quale stanno contribuendo anche firme importanti del giornalismo italiano. Quindi il futuro è quello di Torre Presidente. Vedremo se della regione Emilia-Romagna o del Consiglio dei Ministri… Lo decideremo dopo aver organizzato e censito la moltitudine di persone che mi sta sostenendo in ogni parte d’Italia».
E in caso di vittoria cosa accadrebbe?
«Cambieremmo il mondo!»
Intervista a cura di Pietro Marino