Mentre a Napoli si scende in piazza per rivendicare i diritti LGBTQI, a Istanbul il Gay Pride viene negato dal governatore per il terzo anno di fila. La motivazione ufficiale sembra essere “per ragioni di sicurezza pubblica, per salvaguardare l’incolumità dei partecipanti e dei turisti”. La minaccia principale, come gli altri anni, erano i gruppi ultranazionalisti, che si opponevano anche con violenza a questa marcia per i diritti.
La comunità e gli attivisti sono scesi ugualmente in piazza, sfidando le forze dell’ordine, le quali hanno effettuato 10 arresti: 3 attivisti e 7 che protestavano contro la manifestazione.
La comunicazione del governatore era arrivata sabato, con un divieto esplicito al Gay Pride del 25 giugno.
“Crediamo che la polizia ci disperderà – diceva un portavoce di Kaosgl, tra le principali organizzazioni turche per i diritti della comunità Lgbt – Fuggiremo, ma ci raduneremo di nuovo nelle strade laterali. Poi ci caccerà di nuovo e noi riscapperemo per raggrupparci tante volte quante sarà possibile”.
Ed è proprio ciò che è successo. La marcia è iniziata nonostante il dispiegamento delle forze dell’ordine a Piazza Taksim e su Istiklal Avenue, dove sono state adottate rigorose misure di sicurezza, tra cui perquisizioni e controllo dei documenti. Ci sono stati degli scontri tra la gente scesa in piazza per rivendicare i diritti LGBTQI e i gruppi ultranazionalisti che protestavano contro.
Inizialmente l’accesso alla piazza era stato vietato, la polizia fermava chiunque avesse la bandiera arcobaleno, simbolo della comunità Gay e costringeva le persone a togliersi le magliette con su scritto “pride”. Quando, però, i manifestanti sono aumentati e hanno iniziato ad affluire, sono stati sparati proiettili di gomma per disperdere la folla. I video pubblicati mostrano anche l’utilizzo di idranti contro i manifestanti.
Nel frattempo da Napoli arriva il supporto della comunità LGBTQI. Il coordinamento Campania Rainbow e gli organizzatori del Mediterranean Pride of Naples esprimono tutta la solidarietà nei confronti degli attivisti turchi, spronandoli a battersi per i diritti elementari che gli vengono negati dal governo di Erdogan e dalla popolazione omofoba. “I rappresentanti del Coordinamento, inoltre, chiedono a chi di dovere che si faccia il possibilie per liberare gli attivisti lgbt che hanno la sola colpa di essere ‘diversi’ “, si legge sul sito del Pride campano.
Il Gay Pride viene organizzato a Istanbul fin dal 2003, in soli undici anni era diventata nel mondo musulmano una delle manifestazioni più imponenti per i diritti di omosessuali, lesbiche e trans. Questo fino al 2015, in cui per la prima volta venne proibita la manifestazione. Nei giorni precedenti, tra l’altro, erano apparsi manifesti che riportavano la frase “se vedete quelli di Sodoma e Gomorra che fanno le loro cose sporche, uccidete i colpevoli”. La firma era di un gruppo islamico estremista del posto.
Il divieto, sempre per “motivi di sicurezza”, si è ripetuto nel 2016, con la marcia organizzata per i diritti dei transessuali. La stessa che ha visto come protagonista Hande Kader, la transgender conosciuta per una foto che la immortalava mentre fronteggiava gli idranti della polizia. La triste notizia del ritrovamento del suo corpo mutilato e carbonizzato arrivò due mesi dopo.
Era dedicato soprattutto a lei il Gay Pride di quest’anno, per ricordarla e per combattere contro i crimini di odio e di violenza che si riversano sulle strade e tra la popolazione della Turchia, una nazione in cui l’omosessualità non è reato, ma l’omofobia è all’ordine del giorno. Motivo per cui dovrebbe essere condannata.
Carlo Rombolà