«Macbeth non verrà mai sconfitto finché il grande bosco di Birnan non avanzi verso l’alto colle di Dunsinane contro di lui» rivela la  terza apparizione al sanguinario protagonista maschile della tragedia shakesperiana. Sentendo questa profezia, Macbeth è sicuro che i propri crimini rimarranno impuniti.

Nel caso dei crimini contro l’ambiente promessi da Trump, però, qualcosa, anzi qualcuno, ha cominciato a muoversi. Questo qualcuno si chiama Jeff Willis, Adrien Taylor e Daniel Price. Non ricordano né le tre apparizioni né le tre streghe del Macbeth. Assomigliano piuttosto a tre moschiettieri, i quali, invece di difendere la corona, si impegnano a proteggere un bene molto più fragile e importante nel mondo contemporaneo: l’ambiente. Price è un climatologo, Taylor un ex-giornalista e Willis un esperto di politica.

Il progetto di Taylor, Price e Willis si chiama Trump Forest ed è stato lanciato nel marzo 2017. È nato, come si legge sul sito omonimo , in reazione alle politiche ambientali al carbone di Donald Trump e in particolare all’ordine esecutivo firmato da lui firmato il 28 marzo 2017.

Nonostante il titolo dai toni assolutamente positivi “Presidential Executive Order on Promoting Energy Independence and Economic Growth” (Ordine esecutivo presidenziale circa il promuovere l’indipendenza energetica e la crescita economica), già dalle prime righe della prima sezione risulta tristemente chiaro cosa Trump ritenga necessario per garantire “l’indipendenza economica”:

«a) È d’interesse nazionale promuovere uno sviluppo sicuro e pulito delle vaste risorse energetiche della nostra Nazione, allo stesso tempo evitando carichi burocratici che gravano inutilmente sulla produzione energetica, limitano la crescità economica ed impediscono la creazione di posti di lavoro. Inoltre, il prudente sviluppo di queste risorse naturali è essenziale ad assicurare la sicurezza geopolitica della Nazione.

b) È inoltre di interesse nazionale assicurare che l’elettricità della nazione sia a buon mercato, affidabile, sicura e pulita e che possa essere prodotta grazie al carbone, gas naturali, materiale nucleare, acqua corrente e altre risorse interne, comprese le risorse rinnovabili.»

La presenza del carbone al primo posto e delle risorse rinnovabili all’ultimo è un chiaro segno del tipo di politica ambientale che Trump considera appropriata per una nazione forte e autonoma. A prova di questo, solo pochi mesi dopo, il Tycoon avrebbe annunciato l’uscita degli Stati Uniti dall’accordo sul clima di Parigi, giustificando la decisione con queste parole: «E’ un accordo che impone dei costi in anticipo sugli americani a danno dell’economia e della crescita del lavoro, mentre strappa impegni insignificanti da altri Paesi, come la Cina . Se gli Usa rispettassero i termini dell’accordo, l’economia americana perderebbe 3mila miliardi di dollari nel suo PIL nei prossimi decenni

L’ordine esecutivo firmato da Trump mira a rilanciare l’industria del carbone. È vero che verrebbero creati nuovi posti di lavoro, ma, come ricordano Taylor, Price e Willis nella presentazione del loro progetto “il carbone è il carburante più dannoso in termini di riscaldamento dell’atmosfera”.

Taylor, Price e Willis hanno semplicemente deciso di far sì che gli Stati Uniti possano rispettare l’accordo di Parigi, al di là delle volontà del presidente. Quando nel 2015 si stipularono i patti parigini, più di 190 paesi si impegnarono a mantenere l’aumento del riscaldamento globale sotto i 2 gradi Celsius. Se Trump non intende rispettare l’accordo, Taylor, Price e Willis lo faranno per lui, tramite il loro progetto “Trump Forest”: «Se la Trump Forest coprirà un’area di approssimativamente 100,000 chilometri quadrati, più o meno l’equivalente dello stato del Kentucky, controbilancerà l’aumento di carbone nell’atmosfera nel caso il Clean Power Plan venga rimosso. Per fare ciò, stimiamo che abbiamo bisogno di piantare 10 miliardi di alberi.  Così, almeno, i passi all’indietro dell’Amministrazione Trump saranno annullati fino a quando non “veda la luce” e si faccia carico dei suoi doveri di leadership, oppure fino a che un governo logico e sano di mente che basi le sue decisioni su consigli scientifici vinca le prossime elezioni.»

Per certi versi questa operazione ricorda l’opera d’arte di Joseph Beuys intitolata “7000 querce”. Nel 1982, invitato alla settima edizione della mostra Documenta, Beuys si presentò con un triangolo formato da 7000 pietre di basalto. Versando una somma di denaro, chiunque poteva “adottare” una pietra e i soldi sarebbero stati utilizzati per piantare delle querce. L’ultimo albero venne piantato nel 1987, dopo la morte dell’artista. L’opera di Beuys ancora oggi è in via di sviluppo, in quanto il bosco progettato ci metterà ancora tre secoli a crescere.

Il progetto di Taylor, Price e Willis non ha velleità artistiche, anche se ecologia e azione artistica si sono sfiorate più volte negli ultimi quarantanni (Nicanor Parra scriveva «bisogna coprire il mondo di violette»), ma in comune con il progetto di Beuys ha il carattere partecipativo dell’azione.

Infatti, sotto il titolo “Make Earth Great Again” (un chiaro riferimento al trumpiano “Make America great again” che a sua volta richiamava il reaganiano “Let’s make America great again”), ci sono due modi di effettuare una donazione: nel primo modo si dona direttamente alla Eden Reforestation Projects; il secondo consiste nel trovare di persona un’organizzazione che pianti alberi (è fornita una mappa per rendere la ricerca più agevole), fare una donazione a nome di Donald Trump e caricare la ricevuta sul sito.

Nonostante l’aspetto parodico, il progetto Trump Forest è un’iniziativa in grado di contrastare in parte i danni causati dal carbone nell’atmosfera e quindi di migliorare le condizioni del mondo in cui viviamo. Se questo miglioramento sarà significativo oppure no dipende dal numero e dalla consistenza delle donazioni.  Come concludono Taylor, Price e Willis, «Certo, sarebbe un po’ più facile se si lasciasse al suo posto il Clean Power Plan… ma ti copriamo noi, Donald!»

Luca Ventura

 

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