Immerso nelle turgide acque del golfo di Napoli, dirimpetto al “formidabil monte, sterminator Vesevo” di leopardiana memoria, si erge il porto di Napoli, crocevia di disparate e caleidoscopiche culture, punto nevralgico di scambi commerciali e non solo.
Questa “terrazza” che si affaccia sul mondo affonda le radici del suo splendore nell’antica Magna Grecia, a partire dal V secolo a.C., età in cui nacque Neapolis, “città nuova”.
Ma è solo con l’avvento della dominazione normanna, che la marina partenopea raggiunge le vette dello sviluppo, egemonizzando il Mediterraneo e divenendo uno dei principali luoghi di traffici marittimi. Si narra, infatti, che, a causa della sua crescente espansione, il porto fu diviso in due parti: il portus Vulpulum e il portus de Arcina: il primo corrispondente all’attuale molo Beverello; l’altro situato nei pressi di piazza Bovio, dove odiernamente le recenti ricerche hanno portato alla luce rovine di vecchie imbarcazioni romane. Proprio nell’epoca normanna, tuttavia, Napoli entra a far parte della Lega della Compagnia, detta anche delle Città Anseatiche, che radunava tutte le città di ingente importanza sotto un profilo commerciale.
Parallelamente alla crescita vertiginosa di quest’essenziale fetta del territorio napoletano, anche la restante parte della città germogliava sempre di più, grazie all’edificazione di numerose costruzioni e al proliferare di botteghe e magazzini, divenendo in questo modo una delle metropoli più popolose e ricche di tutta Europa. Questo ciclopico progresso vide il suo affermarsi sotto la dinastia degli Angioini e, in particolare, con il re Carlo I d’Angiò. Quest’inaspettata opulenza di Napoli persistette anche sotto il governo degli Aragonesi: Alfonso I d’Aragona, infatti, fu l’autore della costruzione del cosiddetto braccio alfonsino, diretto verso est e, proprio sotto la stessa dinastia fu costruito anche un faro, oggi noto come la “lanterna del molo”.
La febbrile espansione si consolidò sotto il regno dei Borbone, grazie al quale il porto di Napoli fu non solo ampliato con la realizzazione del molo San Gennaro, ma assurse ad uno dei più importanti di tutta Europa, affiancandosi a Parigi e Londra. Fu proprio con i Borbone, infatti, che l’Arsenale fu tramutato in un cantiere navale e che fu eretta la prima nave a vapore del Mediterraneo: la “Real Ferdinando I”.
Lo straordinario apogeo di quest’area partenopea, tuttavia, assistette al suo lento declino con l’Unità d’Italia, avvenuta nel 1861. Il porto non era più il punto di convergenza dei traffici marittimi e commerciali, sebbene la sua costruzione si dilatasse a dismisura. Fu solo con l’opera di Francesco Saverio Nitti e Augusto Witting che il luogo tornò all’antico prestigio nel XX secolo e, infine, il Fascismo provvide alla creazione della stazione marittima.
«Trovo nel popolo napoletano la più vivace e geniale industria, non per diventare ricchi, ma per vivere senza preoccupazioni.»
Così scriveva nel suo “Viaggio in Italia” Johann Wolfgang von Goethe a proposito di Napoli, elogiando l’inventiva e l’ingegnosa destrezza del popolo partenopeo.
Attualmente il porto di Napoli ingloba al suo interno ben quattordici moli tra cui il molo Beverello e il molo Angioino. Inoltre è ubicato in una posizione strategica, a pochi passi dal castello del Maschio Angioino, alla Galleria Umberto I, al Castel dell’Ovo.
«Ma Napoli era città sterminata, godeva anche di infinite risorse nella sua grazia naturale, nel suo vivere pieno di radici.»
(Anna Maria Ortese)
Clara Letizia Riccio