Al Bellini di Napoli in scena dal 18 al 30 novembre 2014 Arancia Meccanica, la trasposizione teatrale dell’omonimo romanzo di Anthony Burgess, edito nel ’62 e riproposto al cinema con la celebre pellicola firmata Stanley Kubrick: una storia insomma che ha dato sempre all’opinione pubblica di che parlare, benché non sempre bene.
“A distanza di cinquant’anni dalla pubblicazione ci si rende conto di quanto Burgess con questo romanzo abbia saputo guardare oltre il suo tempo presagendo, con la storia di Alex e dei suoi amici Drughi, un mondo sempre più incline all’indottrinamento e al controllo delle coscienze” spiega il regista Gabriele Russo. Ed è in effetti proprio l’attualità e la riattualizzazione della storia che sembrano voler essere messi in luce dalla regia, la consapevolezza che temi come la violenza giovanile, l’apatia sociale, il disinteresse politico, il potere mediatico ancora oggi sono presenti nella nostra realtà e ne attanagliano le viscere.
Alex, interpretato da Daniele Russo, è un giovane irrequieto che in compagnia degli insipidi e accidiosi Drughi, Alessio Piazza e Sebastiano Gavasso, compie azioni mosse da uno sconclusionato desiderio di odio e delirio, vittima e carnefice al tempo stesso della deturpazione del mondo in cui vive, che prima lo vede aggressore e poi aggredito, di un’aggressione malata, perché è la stessa violenza che per mezzo del Trattamento Ludovico si ritrae contro di sé, provocandogli conati di vomito ogni qual volta sta per compiere azioni violente. Una critica a ogni frammento della società, dall’apatica borghesia chiusa nelle proprie case, alla gioventù bruciata, drogata e maltrattata, alla politica intessuta di egoismi, ai medici e scienziati senza scrupoli che fanno del proprio sapere uno strumento di usurpazione. Un’opera fantapolitica o distopica fu definita dalla critica, ma nella sua genialità estremamente precoce e sagace a ritrarre i primi germogli di un disagio degenerante, oggi al suo apice.
Nonostante la regia abbia dichiarato di non essersi richiamata di proposito a quella del celebre film, la trasposizione teatrale dell’opera possiede in sé molti tratti che la avvicinano alla settima arte, come l’uso innovativo della scenografia e delle musiche, l’impiego di costumi vistosi, tra cui spicca il colore giallo, quasi sarcasticamente in contrapposizione al tradizionale simbolismo della luminosità beata, mentre quella che domina è solo una luce spenta, indice della volgarità del tempo.
Una scenografia sorprendente, opera della mano di Roberto Crea, con continui effetti onirici, schermate di vetro che ripropongono piatti ambienti di interni, fili pendenti dall’alto e luci che sottolineano la schizofrenia degli ambienti e di chi li abita. D’avanguardia è anche l’uso delle musiche, curate da Morgan, che rappresentano di frequente le basi su cui si sviluppano i dialoghi, simbiotiche quando precedono gli interventi folli dei personaggi e per opposto discordanti come nel caso della nona sinfonia di Beethoven, manifestamente in disaccordo con il clima di distruzione delirante in atto sul palcoscenico.
Per maggiori informazioni consultare http://www.teatro.it/spettacoli/bellini/arancia_meccanica_365_26639
Giulia Battinelli