Yanis Varoufakis è di sicuro il personaggio politico del momento. Alexis Tsipras lo ha nominato infatti ministro delle Finanze in un paese che d’ora in poi, attraverso il governo di Syriza, tenterà in tutti modi di porre delle condizioni accettabili per i “creditori greci” che lo hanno eletto e ottenere quello che il popolo vorrebbe: un pochettino di ossigeno finanziario (vedi rinegoziazione dei debiti). Questo economista con il volto da pugile spiega perché uscire dall’euro: «L’euro è costruito male, malissimo, ed era meglio per la Grecia e per l’Italia non entrarci per nulla, ma ormai ci sono». Ma chi è questo boxeur finanziario di cui si servirà il nuovo governo Greco per combattere sul ring internazionale, dove si è promesso battaglia contro i pesi massimi della Troika?
Un economista sui generis?
Innanzitutto, e non è una banalità al giorno d’oggi, lui si definisce senza remore «un comunista»: le immagini di ieri e di oggi raccontano di un Varoufakis presentatosi alla cerimonia ufficiale per la proclamazione del Governo con la camicia fuori dai pantaloni; i servizi in tv dei telegiornali hanno giocato su quest’uomo che «sembra più andato a fare la spesa che ad assumere il timone delle Finanze elleniche» (citazione parafrasata dal tg1). Ma non si facciano ingannare: il Varoufakis in questione è un fine e apprezzato economista, autori di un libro dove cerca di dare “una modesta proposta per risolvere la crisi dell’Eurozona“, libro scritto a quattro mani con James Galbraith, figlio di Kenneth, collaboratore di Kennedy. Meno austerity e più espansione: questi sono i dogmi economici per uscire secondo i due studiosi. E queste sono le intenzioni economiche del nuovo governo a firma Alexis Tzipras.
Piccola biografia: da studente giramondo a simbolo dell’Anti-Austerity Europea
Yanis Varoufakis racconta di essere nato sotto la dittatura greca nel 1961, e che proprio questo assunto lo abbia portato a capire che avrebbe «sempre combattuto per la libertà». Nel ’74, anno in cui ritorna la democrazia in Grecia, il giovane Varoufakis raccoglie quel poco che ha e tenta l’avventura in Inghilterra: si iscrive ad economia all’università dell’Essex, diventando docente nel ’82. Stanco anche della Thatcher, si decide per l’avventura dal’altra parte del mondo, sbarcando in Australia, dove nel ’88 inizia ad insegnare a Sidney. Ci rimase fino al 2000, poiché «un piccoletto fascistissimo, John Howard» era salito al potere. Con il nuovo millennio appenna scoccato, il ritorno in patria dove entra alla facoltà di Economia ad Atene e conosce colui che gli cambierà la vita: Tzipras. Due anni fa si era trasferito in Texas, ma i contatti con il neo presidente del Governo si erano fatti via via più stretti. In mezzo un articolo sul New York Times in cui con Galbraith proponeva il leader di Syriza come nuovo presidente della commisione europea, quando un anno fa era scaduto il mandato di Barroso. Poi la chiamata in extremis nelle liste del vincente partito della sinistra radicale greca.
Vanoufakis però è un tecnico: comunista sì, ma questa è la sua prima esperienza politica. E che esperienza che sarà: sulle spalle ha un paese sull’orlo del baratro, ora invece pervaso dall’entusiasmo e dalla speranza dopo anni di incredibili difficoltà, per cui dovrà lottare negoziando con (o contro?) la Germania della Merkel, la Bce di Draghi, la Commissione Europea di Junker. Scusate se è poco.
Allora veramente gli serviranno muscoli e agilità che solo i grandi boxeur possiedono.
Giancarlo Manzi