Un anno fa, in una faida di camorra, il 17enne Gennaro Cesarano perdeva la vita per le strade di Rione Sanità. 365 giorni dopo arriva la confessione del pentito Carlo Lo Russo
Era la notte del 6 settembre del 2015 quando, improvvisamente, alle 4:30 del mattino tre killer in sella ad uno scooter irrompono in Piazza Sanità aprendo il fuoco contro chi, sfortunatamente, si trovava lì. 20 proiettili, provenienti da due pistole diverse, colpiscono alla cieca.
Vittima dell’agguato Gennaro Cesarano, per gli amici Genny. Aveva 17 anni e una vita davanti, una vita terminata troppo velocemente. La morte per Genny è arrivata troppo presto, veloce come le pallottole vaganti che l’hanno colpito fatalmente al petto e alla schiena lasciandolo in una pozza di sangue dinanzi agli occhi dei suoi coetanei.
L’ennesima vittima innocente della camorra colpevole di essersi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Genny era un ragazzo come tanti altri, solare e amante della vita. È stato ucciso per errore, non era lui l’obiettivo della stesa avvenuta quella sanguinosa notte. Ma se non era lui, il bersaglio dell’omicidio, allora per chi era stato organizzato quell’agguato?
Gli inquirenti, nel corso delle prime indagini, hanno considerato diverse ipotesi riguardo al movente di quell’efferato delitto tra le quali, la possibile responsabilità del ragazzo nella violenta rissa che ci fu la domenica del 30 agosto 2015, presso lo stadio San Paolo, in occasione della partita del Napoli; il suo coinvolgimento in una delle baby-gang che negli ultimi anni popolano l’hinterland napoletano – fenomeno che ha assunto il nome di “paranza dei bambini”– ipotesi nata da alcuni precedenti penali che il ragazzo aveva a carico e un ulteriore ipotesi ha visto gli inquirenti valutare la probabile vicinanza del ragazzo ad alcuni clan camorristici locali.
Tutte tesi che hanno gettato fango sul giovane 17enne considerato, in un primo momento, un violento, un bullo, un pregiudicato. In verità Gennaro ha ben poche colpe e a chiarire la sua mancanza di colpevolezza sono le parole dell’ex boss Carlo del Clan Lo Russo.
Il contesto in cui è avvenuto l’omicidio vede una Napoli immersa in molteplici faide di camorra tra diversi clan e il quartiere della Sanità è uno dei centri coinvolti in questa lotta di supremazia. Conti in sospeso, vendette, guerre per il controllo delle piazze di spaccio e per il traffico degli stupefacenti, agguati di giorno e di notte, è questa l’atmosfera che respirano i cittadini napoletani che vivono con la paura di uscire di casa e non ritornarci più. Proprio come è accaduto a Gennaro.
Il 17enne, quella notte, si è trovato coinvolto in una sorta di regolazione dei conti da parte del Clan Lo Russo di Miano. Carlo Lo Russo, pentitosi e divenuto collaboratore di giustizia il 18 luglio del 2016, svela i retroscena della faida di cui il ragazzo è rimasto vittima. A seguito di molteplici dichiarazioni rilasciate dal boss, risultate utili ai fini delle indagini, l’ammissione di colpa arriva oggi.
Carlo Lo russo spiega che fu lui il mandante della “stesa”, la notte del 6 settembre, per vendicare un agguato subito la sera precedente da parte di Pietro Esposito, capo-clan del Rione Sanità, il quale aveva inviato i suoi sicari a sparare a Miano contro la casa del boss Lo russo, in seguito alla sua scarcerazione. Ad uccidere dunque il giovane ragazzo sono stati i sicari del suo clan.
A distanza di un anno la verità sembra essere emersa. La morte sarebbe dovuta arrivare per Pietro Esposito, il reale obiettivo della stesa di Settembre. A conti fatti l’agguato è andato in porto ma ha coinvolto la persona sbagliata.
In una Napoli che affoga nel sangue delle proprie lotte intestine a pagare il prezzo più alto sono sempre gli innocenti e Gennaro Cesarano è l’ennesima vittima innocente di camorra.
Federica Pia Mendicino