Nelle settimane in cui, non si fa altro che parlare del referendum costituzionale del quattro dicembre, un altro referendum sembra essere passato in sordina: è il referendum del 2011, quello sull’acqua pubblica, in cui ben ventisette milioni di italiani votarono a favore del SI all’abrogazione della legge che voleva la privatizzazione delle risorse idriche.
Un risultato raggiunto con una maggioranza praticamente plebiscitaria. Un risultato che tuttavia sembra non doversi concretizzare. La voce del popolo, quella che il primo articolo della nostra Costituzione, sembra avere un suono assai debole, un sussurro per le orecchie di chi di quel suono dovrebbe farsi portavoce.
Va infatti in un verso completamente opposto a quello tracciato dal referendum sull’acqua pubblica, il decreto legge scritto dal Ministro Madia. La legge prevede infatti una sorta di declassamento del diritto all’acqua pubblica dei cittadini, riducendo appunto il “diritto” a tale fruizione ad un “bisogno”. In parole povere mentre il “diritto” obbliga lo Stato a provvedere alle necessità dei cittadini il “bisogno” non obbliga le istituzioni a curarsi di tali necessità, che il cittadino dovrà quindi soddisfare attraverso i propri mezzi (pagando). Acqua quindi al di fuori del mercato del profitto, come ci dice il professor Alberto Lucarelli, ordinario di Diritto Costituzionale all’Università Federico II di Napoli e docente alla Sorbonne di Parigi, uno dei costituzionalisti che ha scritto il testo del referendum sull’acqua. “I cittadini votarono in maniera praticamente plebiscitaria per il SI perchè si accorsero che, nonostante il forte aumento dei costi per la fruizione delle risorse idriche, il servizio era notevolmente peggiorato. Si voleva che questo bene innegabile si trovasse al di fuori del mercato del profitto. E adesso invece ci ritroviamo davanti questi testi, uno sul servizio idrico integrato e il decreto Madia, che calpestano a tutti gli effetti la volontà del popolo, espressa chiaramente nel giugno 2011. Sovrano non è lo Stato, sovrani sono i cittadini“. Poi Lucarelli continua: “ Ci sono tracce di incostituzionalità in questa legge, che non solo non tiene conto del volere dei cittadini, ma non rispetta neanche quanto stabilito dalla Corte Costituzionale, che aveva deliberato affinchè venisse rispettata la sovranità popolare”. Uno dei passaggi oggettivamente più inquietanti di questo decreto legge è la cancellazione della frase, presente nel precedente decreto, “LA GESTIONE E L’EROGAZIONE DEL SERVIZIO IDRICO POSSONO ESSERE AFFIDATE ESCLUSIVAMENTE AD ENTI DI DIRITTO PUBBLICO”.
La privatizzazione delle risorse idriche, oltre ad ingigantire la disparità sociale e mettere in pericolo la vita dei cittadini, costituisce una vera e propria mannaia che si abbatte sull’economia dei comuni. Le società private infatti intascano gli utili della gestione delle risorse idriche, sottraendole de facto agli enti comunali.
In Italia l’unica città che ha rispettato il volere popolare è stata Napoli che, attraverso il sindaco Luigi De Magistris, ha eliminato ogni società privata dalla gestione dell’acqua pubblica. Il sindaco ha creato infatti, nel 2011, la società pubblica ABC (Acqua Bene Comune), mettendo sotto la propria tutela le risorse idriche.
“Napoli è l’unica città che ha rispettato il referendum del 2011” – afferma il sindaco De Magistris – “Abbiamo trasformato una s.p.a. in una società pubblica, ABC, e ci tengo a chiarire che questa azienda è in guadagno, fattura costantemente degli utili. ABC non è importante solo perché rispetta la sovranità popolare. E’ importante perchè permette al comune di avere degli utili, che possono essere investiti in acquedotti, fognature e sorgenti. E’importante per i cittadini perchè il diritto è garantito e, a fine mese, la bolletta non sale.“ De Magistris poi conclude: “L’acqua è il principale diritto, insieme all’aria, ed è inammissibile, soprattutto in un momento di crisi come questo, che ci sia qualcuno che si permetta dei decidere a chi dare l’acqua e a chi non darla. Noi siamo fortemente contrari al decreto Madia perché mette fuori legge ciò che è giusto e ciò che il popolo ha scelto per sè, attraverso il referendum. Oggi mi chiedo, ma l’articolo 1 della Costituzione ha un valore? E allora ad essere fuorilegge, come stabilirebbe il decreto, non è l’ABC, non è Napoli. Ad essere fuori legge è il decreto Madia”.
Domenico Vitale