In occasione dell’uscita del suo libro “Sempre daccapo”, l’On. Fausto Bertinotti ha preso parte ad un ciclo di seminari sulla crisi della democrazia, presso l’Università del Salento, a Lecce, nelle giornate 11-12 e 25-26 Novembre 2014. Abbiamo avuto modo di seguire l’evento insieme al movimento giovanile politico Giovani Italiani Uniti (G.I.U.), fondato da Giordano Manieri.

Accolto da un pubblico numeroso, composto perlopiù da giovani studenti universitari, e dai docenti universitari Nicola Grasso, Valentina Cremonesini e Stefano Cristante, Bertinotti ha espresso diverse riflessioni sul panorama politico odierno, con uno sguardo rivolto anche al passato.

Il titolo “Sempre daccapo” è stato concepito dall’ex leader comunista come un invito a ricominciare dopo la grande sconfitta ed è importante rimettersi in cammino aiutati dalla storia dei nostri antenati; quel “sempre” indica che si può ricominciare tutte le volte che occorre, non che si è sempre richiamati a ricominciare.

Da qui, il giudizio di Bertinotti, su ciò di cui è stato sempre un fervido sostenitore, suona come un’implacabile sentenza: “Il comunismo ha fallito. Il movimento della classe operaia è stato una sconfitta storica, ma tutte le grandi culture nella storia sono legate ad una sconfitta”. Per Bertinotti, con le ideologie comuniste sarebbe dovuta avvenire la liberazione del proletariato, i proletari avrebbero dovuto unirsi, combattere e vincere la guerra contro i padroni e gli sfruttatori, ma nulla di tutto ciò è successo. C’è stata la globalizzazione e tutto è stato fagocitato dall’economia finanziaria, dal capitalismo. In questo scenario drammatico, l’unica ancora di salvataggio può essere rappresentata dalla cultura liberale, che ha sempre difeso i diritti della persona e ha avuto il merito di trattare come incomprimibili i diritti individuali nei confronti dello Stato.

Sempre daccapoSecondo Bertinotti, il percorso che ha determinato in Italia la nascita della Repubblica è stato di tipo bottom-up, ossia dal basso verso l’alto, in quanto essa è stata fondata su di una Costituzione democratica; al contrario in UE vige un processo top-down per la presenza di trattati internazionali che non sono espressione di una volontà popolare ma che sono stati imposti dall’alto.

Un altro tema scottante su cui si è dibattuto è la centralità del Lavoro all’interno della Costituzione Italiana, considerato in origine come fondamento della Repubblica stessa. Oggi però la Costituzione non è utilizzata come baluardo di tutela del popolo e punto di riferimento per le scelte della classe politica del Paese. D’altronde i dati sono allarmanti e parlano da soli: negli ultimi 25 anni il 15% del PIL nazionale si è spostato dai salari alle rendite ed il calo complessivo degli stipendi italiani segnala la progressiva privazione dei diritti dei lavoratori, voluti quasi come schiavi dall’attuale sistema ultraliberista globalizzato. Fausto Bertinotti si è quindi soffermato sulla nascita antidemocratica dell’UE e sui suoi scopi di smantellamento della democrazia a favore di una globalizzazione finanziaria capitalistica.

L’On. Bertinotti ha spostato poi le sue riflessioni sull’evoluzione storica dei media di comunicazione politica dal Secondo Dopoguerra ad oggi, partendo dai comizi e dai cineforum fino all’arrivo di internet e dei social network. In origine le forme di comunicazione avevano un importante scopo pedagogico e formativo e per tali ragioni l’informazione andava selezionata. Successivamente con l’irruzione della televisione e con la sua rapida diffusione, si è passati ad un’incredibile apertura del mondo della comunicazione nei confronti delle masse e all’espansione di una filosofia del consumo e dell’omologazione. L’informazione non è più neutrale e il punto massimo di questa tendenza è dato dall’avvento di Internet, promotore della globalizzazione. Esso è inteso come un mezzo di comunicazione potentissimo, in grado di determinare la rottura del sistema attraverso la destrutturazione delle forze e delle culture critiche.

In “Sempre daccapo” sono presenti anche riferimenti a Marx, Engels, Feuerbach, Gramsci e a personalità religiose quali San Paolo, Papa Giovanni II e Papa Francesco. Sulla scia del pensiero socialista e di quello cattolico, nel libro viene immaginato un dialogo tra credenti e non credenti. Mentre Cristo e San Paolo sono considerati personaggi salvifici ma con un rapporto diverso nei confronti del potere, poiché il primo applica un’irriducibilità e una demolizione del principio costitutivo del potere stesso, mentre il secondo un atteggiamento radicale nei riguardi delle uguaglianze.

Durante la presentazione del libro, nel confronto tra Bertinotti e il prof. Vincenzo Tondi Della Mura, studioso della cultura religiosa, emerge un dibattito sulla prevalenza nella fede di ciò che è invisibile o visibile, concreto, con riferimenti a Sant’Agostino.

Alla fine Bertinotti conclude con la frase “la mia fede è nel socialismo” e dal pubblico una donna esclama: “Meno male!”.

Claudia Chirizzi

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