Il Ministero del lavoro rende nota un’anticipazione dei dati del Sistema Informativo delle Comunicazioni Obbligatorie sull’avviamento di nuovi rapporti di lavoro dipendente e parasubordinato, registrati nel terzo trimestre del 2014. I numeri sono di difficile interpretazione, perché se da un lato evidenziano un aumento complessivo di avviamenti di rapporti di lavoro, dall’altro informano che la maggioranza dei nuovi contratti sono a tempo determinato, quindi precari, confermando così che il cosiddetto “posto fisso” assume sempre più i contorni sfumati di un miraggio. Le cessazioni a termine dei contratti a tempo determinato sono infatti in aumento, e rappresentano la maggioranza delle cessazioni di rapporto di lavoro totale.
Nel terzo trimestre 2014 si sono quindi registrati 2.474.000 nuovi avviamenti di rapporto di lavoro, con un aumento del 2,4% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Rispetto al 2013 però i contratti a tempo determinato sono aumentati dell’1,8%, coprendo ora il 70% del totale dei nuovi avviamenti. Si è registrato comunque anche un fisiologico aumento dei contratti a tempo indeterminato, che dona se non altro una flebile speranza di aumento del trend, con 400.000 nuovi contratti e un aumento del 7,1% concentrato soprattutto nei settori dell’industria e dell’agricoltura, mentre diminuiscono gli avviamenti nel settore dei servizi. Il ministero riguardo ciò ha espresso con una nota il proprio ottimismo, dichiarando che “questi dati, in continuità con quelli relativi al secondo trimestre, confermano che il cosiddetto decreto Poletti, convertito nella legge 78/2014, ha prodotto l’esito che era auspicabile, cioè un incremento dei contratti a tempo indeterminato e dei contratti di apprendistato”.
In effetti i contratti di apprendistato crescono del 3,8%, confermando il trend del secondo trimestre, e questa potrebbe essere proprio una conseguenza del decreto Poletti. La retribuzione di un apprendista è ora fissata al 35% della retribuzione del livello contrattuale di inquadramento, mentre con la legge Fornero la percentuale cresceva gradualmente con il passare del tempo, e poteva arrivare anche al 100% di un normale stipendio. Insomma più apprendisti ma pagati meno.
Sempre secondo le anticipazioni rilasciate dal ministero, le cessazioni dei rapporti di lavoro sono state 2.415.000, +0,9% rispetto all’anno precedente, con le cessazioni dei contratti a tempo determinato che aumentano, arrivando a rappresentare il 65% del totale. Anche questo dato è un effetto dei dettami del Decreto Poletti, che ha eliminato per tutti i contratti a tempo determinato l’obbligo per il datore di lavoro di indicare le esigenze di carattere tecnico, organizzativo o produttivo che lo hanno portato ad apporre una scadenza al contratto, con la legge Fornero invece tale obbligo vigeva per i contratti della durata di almeno un anno. Ma d’altronde proprio il ministro Poletti rilevava nell’ottobre 2014 (in un’intervista a in 1/2 ora su rai tre) che “I contratti a tempo indeterminato sono il 17%, se andiamo avanti così il problema” dell’articolo 18 “si risolve da solo”.
Valerio Santori