“Siamo giornalisti freelance. Free come in free speech, non come in free beer.” Abbastanza eloquente lo slogan ideato per inaugurare il Manifesto dei Giornalisti Freelance, un’iniziativa nata dal gruppo Facebook chiamato “Italian Freelance Journalist UNITED“ che conta al momento appena 233 iscritti ma che sembra avere le idee piuttosto chiare in merito ai diritti che la categoria dei giornalisti freelance intende rivendicare con fermezza. A capo del progetto sembra esserci Carola Frediani, una giornalista freelance italiana con la passione per l’hacking e la cultura digitale, che si è negli ultimi anni affermata nell’ambiente del cyberattivismo italiano grazie ad interessanti opere come “Dentro Anonymous. Viaggio nelle legioni dei cyberattivisti” e “Deep web. La rete oltre Google – personaggi, storie e luoghi dell’internet profonda“.
L’iniziativa si pone come una sorta di controrisposta al 27esimo Congresso dell’FNSI, il sindacato dei giornalisti italiani, un evento che si sta tenendo proprio in questi giorni a Chianciano (SI) e che, a detta di molti freelance, sembra essere sempre più lontano dalle istanze dei giornalisti italiani autonomi, categoria che ormai conta circa 31 mila appartenenti, contro i 18.547 giornalisti che attualmente hanno un contratto di lavoro dipendente. Il Manifesto dei Giornalisti Freelance si pone quindi in questo senso come un’alternativa all’FNSI, focalizzando la sua attenzione sull’attitudine libera, lo spirito di autonomia professionale e l’indipendenza dai poteri e dalle sue logiche di subordinazione.
Il Manifesto passa in rassegna i diritti più importanti che una figura come il giornalista freelance può oggi legittimamente rivendicare: dalla giusta retribuzione alla malattia, dal diritto alla pensione al diritto alle ferie. Diritti la cui sorte nel nostro Paese sembra sempre più spesso segnata, finendo per godere di garanzie e tutele il più delle volte del tutto formali e per nulla sostanziali.
A seguire, i 10 punti del Manifesto:
1. Siamo giornalisti freelance e orgogliosi di esserlo: free come in free speech, non come in free beer.
2. Siamo uno dei pilastri del mondo dell’informazione attuale e ancor più del suo futuro, anche se il nostro lavoro non sempre è riconosciuto per quello che è: un misto di competenze, esperienza, contatti, flessibilità, innovazione, capacità di organizzazione.
3. Il nostro lavoro è una risorsa per tutti: per questo va pagato. Bene. E nei tempi previsti dalla legge.
4. I nostri articoli non devono essere stravolti nel contenuto, titolo e contesto in cui sono presentati.
5. Siamo liberi professionisti. L’esclusiva? Va pagata.
6. Siamo collaboratori esterni delle redazioni: la disponibilità quotidiana e la reattività immediata sono un di più che vanno negoziati. Ma abbiamo anche il diritto a essere informati per tempo di decisioni redazionali che possano avere un impatto sul nostro lavoro.
7. Se ci chiedete proposte, idee, progetti, siete liberi di non sceglierli, ma ci aspettiamo una risposta in tempi ragionevoli.
8. I lavori commissionati, consegnati e corrispondenti a quanto richiesto vanno pagati anche se per vostri motivi decidete di non pubblicarli. E vogliamo sapere in anticipo il compenso di un lavoro.
9. Abbiamo diritto al rimborso delle trasferte. E a una copertura legale da parte delle testate per cui lavoriamo.
10. Abbiamo diritto a ferie, malattia, maternità, pensione: purtroppo oggi questi diritti per noi, come per molti altri lavoratori freelance, sono una chimera. Vogliamo impegnarci perché non sia più così.