Nella mitologia greca la “chimera” era quel mostro con parti del corpo di animali diverse. Il termine viene usato spesso nell’ampia e critica discussione che riguarda la componente etica all’interno dei tanti progressi della genetica negli ultimi anni.

Quello che è certo è che non vedremo in giro nessun essere umano con sembianze di maiale o chissà quale altra chimera.

Quindi l’Isola del dottor Moreau rimarrà un vecchio film ma al contempo avremo in futuro maggiori possibilità di riprodurre i nostri organi in laboratorio in quello che sarà un vero e proprio magazzino ricambi e che, al momento, rimane ancora più o meno fantascienza.

La ricerca del Salk Institute of Biological Studies California si basa sostanzialmente sulla produzione di tessuti umani utilizzando un “vettore” non umano, in questo caso di maiale.

La chimera in questione è formata da un embrione di maiale sul quale sono state iniettate staminali umane e che, una volta fecondato, viene reimpiantato nell’utero della scrofa per proseguire lo sviluppo.

In questo modo l’embrione chimera si sviluppa normalmente con la differenza che alcuni organi saranno formati da cellule umane.

La scelta del maiale non è casuale ma risponde al fatto che gli organi di questi suini hanno dimensioni molto simili a quelli umani ma si sviluppano più velocemente. Insomma l’embrione di maiale farebbe tutto il lavoro lasciando a noi i preziosi “ricambi”.

Ovviamente, dato che si parla di chimera, vanno chiariti alcuni aspetti.

Il primo è che in questo modo, di fatto, non c’è alcuno sviluppo artificiale di embrioni umani ma soltanto di organi e tessuti e, cosa non secondaria, non verranno mai utilizzate in questa sperimentazione cellule celebrali.

Il secondo aspetto è che lo sviluppo completo dell’organo, se il processo andrà a buon fine, avverrà in vitro, ovvero sarà prelevato dall’embrione chimera nelle primissime fasi dello sviluppo e fatto crescere altrove con tecnologie apposite.

In realtà l’impianto stesso di questa ricerca produce un rilevante “alleggerimento” della componente etica in ballo perché ovviamente lavorare su una “base” non umana è cosa ben diversa dal far sviluppare, allo stesso scopo, un embrione completamente umano.

Tuttavia, le varie commissioni che si occupano proprio dell’analisi del fattore etico non hanno mancato di criticare il lavoro dei ricercatori del Salk Insitute, tantè che la ricerca non ha usufruito di finanziamenti federali (vietati per lo sviluppo di embrioni chimera) e uno degli autori in una sorta di giustificazione ha spiegato che il “contributo” umano (in termini cellulari) è molto basso.

Ora siamo di nuovo di fronte al solito dilemma: accettare questioni che possono far discutere e preoccupare, ma che sono la base per tante speranze future o evitare strade di questo tipo e i rimanere entro limiti morali cercandone altre.

Di fatto la chimera è un’ottima strada che rappresenta una straordinaria opportunità e che probabilmente in futuro riusciremo a guardare con un altro punto di vista.

Ma forse ci riusciamo già, perché in fondo l’asticella in esperimenti come questo sta già più dalla parte della speranza che da quella della critica. Perché una salute migliore la vogliamo tutti, anche se dipenderà da una chimera.

Mauro Presciutti

 

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