Verso la fine dell’estate assistiamo all’ennesimo disastro ambientale. A bruciare, ancora una volta, è il campo rom di Scampia.

Intorno alle 14.00 di una domenica qualunque i cittadini hanno intravisto dalle proprie abitazioni i primi fumi. In un attimo le fiamme si sono estese fino a toccare le baracche del campo rom di Scampia, quelle che negli anni sono diventate le loro “case”. Non si sa ancora chi siano i colpevoli, eppure l’opinione pubblica ha già dato la sua sentenza. Sono i rom da condannare, gli stessi che domenica hanno visto bruciare la propria quotidianità, la propria casa, anche se chiamarla così risulta essere un’offesa per chi conserva ancora con sé un briciolo di dignità umana.

I rom che alloggiano in quel campo da oltre 25 anni vivono in condizioni pessime sia per quanto riguarda l’aspetto sicurezza che quello igienico-sanitario. Il campo rom è a tutti gli effetti una discarica a cielo aperto.

Quando si parla di roghi bisognerebbe sempre capire quali dinamiche si celano dietro, dinamiche che le istituzioni conoscono bene. Tuttavia non sanno fornire (o non vogliono fornire) gli strumenti per contrastare il fenomeno.

Lo smaltimento dei rifiuti speciali ha un iter diverso e dei costi elevati, così le imprese sversano illegalmente i rifiuti nei campi. La combustione è solo l’ultimo step di un processo a sfondo criminale.

Qualche mese fa vennero arrestati quattro individui che scaricavano rifiuti illegali nel campo rom. I quattro erano italiani e provenivano dai Comuni di Arzano, Casavatore e Pomigliano. La notizia non ebbe nessuna risonanza, forse perché è più semplice, per il becero populista, continuare a puntare il dito contro l’immigrato, un campo espiatorio da ghetizzare.

Nessuno però domenica si è indignato dinnanzi all’insufficienza dei mezzi di soccorso. Le immagini parlano da sole, la vastità dell’incendio è stata grave, ci sono stati dei ritardi e i soccorsi al loro arrivo non erano bastevoli. Qualche abitazione è stata salvata ma le altre sono andate distrutte completamente. I rom al momento possono contare sulla solidarietà delle associazioni e della Municipalità che nelle ultime ore si sono attivati per fornire loro beni di prima necessità.

Gli abitanti rimasti senza dimora sono stati accolti momentaneamente all’Auditorium di Scampia in attesa di un’altra sistemazione. Ma gli abitanti di via Cupa Perillo sono in attesa dallo scorso 17 luglio, quando hanno ricevuto un’ordinanza di sgombero da parte della Procura di Napoli da effettuarsi entro l’11 settembre. Qualche giorno dopo la ricevuta di ordinanza, sono state abbattute alcune baracche che sembravano essere vuote, ma secondo i residenti erano ancora abitate. Dalla parte dei rom si sono schierati diversi comitati e associazioni di Scampia e non solo. Prima fra tutte l’associazione “Chi rom e.. chi no”, da sempre al fianco degli abitanti di Cupa Perillo per il diritto all’abitare. Insieme si stanno mobilitando con ogni mezzo per far sì che lo sgombero non avvenga.

Da parte delle istituzione dovrebbe arrivare una risposta seria e concreta. Di certo una comunità che è presente sul territorio a partire dagli anni ’70, che si è integrata con la vita del quartiere e che insieme a tanti abitanti e associazioni di Scampia ha sempre tentato in ogni modo di risolvere la questione dei roghi, non può essere bistrattata con tanta disumanità. Qualcuno forse avrà dimenticato quando nel 2009 i rom inviarono 150 firme alla Procura per richiedere i controlli su via Cupa Perrillo.

I controlli in brevi periodi ci sono stati, ma poi lo Stato si è assentato nuovamente. Quelle che sono  rimaste, sono le conseguenze di anni e anni di sversamenti e roghi tossici, i cui danni sono sotto gli occhi di tutti.

Al momento non è ancora chiara la risposta da parte dell’amministrazione, soprattutto sulla nuova collazione. Durante i primi giorni d’agosto, abbiamo raggiunto telefonicamente Laura Bismuto,consigliera DemA: “ A seguito di vari incontri con comunità rom distribuiti in vari luoghi della città, e dopo l’occupazione del mercato ortofrutticolo diel centro direzionale, e dopo essermi confrontata lungamente con l’Assessora Roberta Gaeta, ho chiesto al mio segretario Claudio de Magistris ed al capogruppo di organizzare un incontro di gruppo con l’assessora per affrontare, PER LA PRIMA VOLTA, TUTTI INSIEME, gruppo e pezzi di giunta, un tema complesso e fortemente politico. Per la prima volta abbiamo messo in pratica e sperimentato un metodo, che devo dire, credo abbia funzionato alla grande! Tanta roba sul tavolo… dall’obiettivo inclusione lavorativa all’emergenza abitativa, dai mercati regolarizzati del baratto e dell’usato che personalmente propongo da anni (e non solo per i rom), ai villaggi, passando per l’autorecupero di strutture abbandonate, dai progetti pon mirati all’inclusione nelle scuole, ai laboratori artigiani.”

Conclude: “Davvero in poco tempo, tante proposte che devono trovare poi una strada di fattiva concretizzazione. Ci sono problematiche che, data la loro complessità, possono essere affrontate e risolte solo attraverso la coesione – interassessorile e unitamente al gruppo – condividendo le linee, politiche ed amministrative.”

Maria Baldares

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