Quando nasci la notte dell’11 luglio 1982, giorno in cui l’Italia conquistò la sua terza Coppa del Mondo, il tuo futuro è praticamente già segnato. Se poi cresci nel quartiere Carbonara, periferia di Bari, dove il calcio è una fede, il tuo destino non può che essere quello di fare il calciatore. Ed è proprio tra le pericolose strade della periferia barese, che il giovane Antonio Cassano inizia a dare i primi calci ad un pallone. Quel pallone di cuoio spesso sgonfio, sporco, che l’ha salvato dalla malavita. Della serie: se non avessi fatto il calciatore, ora sarei un criminale.
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Antonio col pallone ci sa fare, è di un altro livello rispetto ai suoi coetanei. Muove i suoi primi passi nella Pro Inter, società giovanile di periferia, ma ben presto il Bari lo nota e lo aggrega alla Primavera, nonostante Cassano abbia poco più di quindici anni. A 17 anni esordisce in Serie A, nei minuti finali di un derby perso con il Lecce. Ma la svolta nella vita del giovane Antonio arriva qualche giorno dopo. Bari, 18 dicembre 1999. Allo stadio San Nicola i galletti affrontano l’ Inter. All’88esimo minuto, il risultato è inchiodato sull’1-1, gol di Enyinnaya e Vieri. La partita sembra dunque indirizzata verso il pareggio, ma a pochi minuti dalla fine succede l’imprevedibile. La difesa del Bari lancia in avanti il pallone della vita, Cassano aggancia di tacco e…tutto il resto è storia (VIDEO: il gol di Cassano in Bari – Inter).
Cassano rimane a Bari un altro anno, prima di passare alla Roma, che lo strappa alla Juventus per la stratosferica cifra di 60 miliardi di lire, più di quanto l’Inter spese per O Fenomeno Ronaldo qualche anno prima. A Roma Fantantonio vive di alti e bassi, e le incomprensioni con mister Capello e i compagni sono tante. Ma proprio l’allenatore friulano prende Cassano sotto la sua ala protettrice, e i risultati non tardano ad arrivare: la stagione 2003-2004 è quella dell’esplosione in maglia giallorossa (14 gol in 33 partite di campionato) e a fine campionato arriva anche la convocazione in Nazionale per Euro 2004, dove Cassano risulta essere il migliore in una squadra che disputerà un torneo disastroso.
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All’indomani di Euro 2004, Cassano inizia a sentire stretta la maglia della Roma. Una stagione e mezza dopo parte, destinazione Madrid, dove l’aspetta Fabio Capello. Ma anche al Real, dopo pochi mesi, la maglia che indossa gli inizia ad andar stretta, stavolta nel vero senso della parola. Cassano è totalmente fuori forma, tanto che i tifosi lo chiamano “El Gordito”, “il grassottello”. Capello decide, allora, di limitarne il minutaggio e di sottoporlo ad una dieta ferrea. Ma Cassano è puro estro, genio e sregolatezza, e tutte queste regole lo infastidiscono. Quasi per dispetto inizia a saltare gli allenamenti, le trasferte, sperpera tutti i suoi soldi in cibo, donne e divertimenti. Nella sua biografia ha raccontato: «A Madrid, prima di ogni gara, prenotavo una stanza nel piano di sotto dell’hotel della squadra, dove ospitavo alcune ragazze in piena notte e poi le facevo sparire grazie ad un cameriere, che per 50 euro mi portava anche quattro cornetti per rifocillarmi». Gli effetti della vita sregolata di Cassano si ripercuotono inevitabilmente sulle sue prestazioni e, quando sgarri al Real, ti mandano a casa senza troppi complimenti.
Cassano fa così ritorno in Italia, dove è stato sempre amato a prescindere da tutto, nonostante le “cassanate“, nonostante gli alti e i bassi. Sampdoria, Milan, Inter, poi il Parma. La storia recente la conosciamo tutti, la situazione delicata del Parma è cosa nota. Fatto sta che Cassano non si diverte più, rescinde il contratto. Ora è un uomo libero, prima che un calciatore svincolato: di soldi ne ha guadagnati abbastanza e vuole semplicemente ritornare a divertirsi, a sognare, come faceva da ragazzino per i campetti di periferia di Bari. Proprio a Bari, chissà che Cassano non possa far ritorno, per riportare la sua amata gente nel palcoscenico che merita, la Serie A. Un po’ come Riquelme, che dopo vent’anni è ritornato all’Argentinos Juniors per riportarlo Primera Division, prima di appendere gli scarpini al chiodo. Chissà che Antonio non voglia seguire le orme di Romàn. Ritornare nella sua Bari, per divertirsi e far divertire il suo popolo, sognando la Serie A. A noi romantici del calcio, ovviamente, farebbe soltanto piacere.
TORNA A CASA, ANTO’!
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Marco Puca