A pochi giorni dal primo caucus (processo di selezione dei candidati democratico e repubblicano per la corsa alla Casa Bianca) che si terrà in Iowa il 1 Febbraio, la corsa alla Casa Bianca appare un rebus di difficile soluzione anche per gli osservatori più esperti.

Se, qualche mese fa, i più avrebbero puntato su una sfida tra due esponenti delle due famiglie politiche più in vista, Clinton-Bush, ad oggi la situazione appare lontana da una rapida definizione sia sul fronte democratico, sia, soprattutto, sul fronte repubblicano. Se Jeb Bush pare ormai infatti fuori dai giochi, Hillary Clinton, in calo da settimane nei sondaggi, ha trovato in Bernie Sanders un ostacolo durissimo nella sua corsa alla nomination, che, solo in estate, appariva una pura formalità.

Sanders, che si definisce un socialista democratico, si è fatto rappresentante di un orientamento politico interno allo stesso partito democratico minoritario e contrapposto rispetto a quello, centrista e moderato, di cui è espressione, invece, l’ex Segretario di Stato. Il programma di Sanders (comunque mai iscritto al partito democratico) che prevede un ruolo più centrale dello Stato nell’economia, più tasse ed un sistema sanitario gratuito per tutti ha avuto, in queste settimane, il merito di attirare l’attenzione (e l’intenzione di voto) dei giovani elettori. Tanto che il senatore del Vermont appare ad oggi favorito nei caucus di Iowa e New Hampshire.

Una vittoria di Sanders alle primarie potrebbe rappresentare, però, un problema per i democratici in vista delle presidenziali di novembre, quando l’elettorato moderato potrebbe decidere di non schierarsi con un candidato visto come eccessivamente liberal, favorendo così una vittoria repubblicana ritenuta difficilmente ipotizzabile solo pochi mesi fa. A destra il fenomeno Trump va, infatti, assumendo giorno dopo giorno una dimensione inaspettata ed imprevedibile.

Nell’Iowa però con un vero voto, si potrà capire concretamente quanto sia forte Trump presso la base repubblicana. Sorprendentemente, nell’ultimo periodo, verso il magnate immobiliare newyorchese, sembrano essersi spostate anche delle fasce della destra religiosa come gli evangelici, quasi a confermare quella deriva verso destra del partito Repubblicano, alla quale paiono adeguarsi gli altri candidati alla nomination.

Se a destra Trump ha saputo sfruttare scaltramente l’emergenza terrorismo islamico coalizzandone l’elettorato, a sinistra pare stia riuscendo a conquistare frange di democratici, soprattutto uomini bianchi di ceto medio tagliati fuori dalla ripresa economica e delusi dalle politiche economiche di Obama. Un ceto medio che si percepisce senza aspettative di ascesa sociale, fermo e con redditi stagnanti da ormai troppo tempo.

C’è, e non da ieri infatti, una radicata insoddisfazione bipartisan verso Obama e le sue politiche. A destra è stato visto debole in politica estera per le indecisioni sia sulla questione ucraina che siriana, più volte accusato di aver avuto un atteggiamento troppo morbido nei confronti di Putin e di un percepito neoimperialismo sovietico. Il presidente ha però deluso anche parte dell’elettorato di sinistra che ha ritenuto troppo poco quanto fatto in tema di disuguaglianze sociali, lavoro, banche e Wall Street.

A pochi giorni dall’Iowa, gli scenari più probabili indicano una lunga stagione di primarie. Se, normalmente, potevano bastare pochi test per designare il favorito, come ad esempio in campo repubblicano nel 2012 con Mitt Romney, quest’anno appare ormai scontato che bisognerà attraversare molti Stati Usa, aspettare molti Supermartedì, forse arrivare fino alla primavera per avere un verdetto definitivo. A ciò bisogna aggiungere la possibilità che ai primi di marzo Michael Bloomberg, l’ex sindaco di New York annunci la candidatura come indipendente. La presenza di un terzo nome di questo peso sulla lista finale di novembre, potrà chiaramente cambiare le carte in tavola e rendere le elezioni presidenziali del 2016 probabilmente le più indecifrabili ed avvincenti della storia.

 

Gennaro Dezio

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