Ridere o piangere? Difficile sapere anche solo come reagire di fronte alla notizia di oggi: Federica D. S., giovane ragazza affetta da sindrome di down, 23 anni appena compiuti, ha da poco scoperto di essere stata candidata alle scorse elezioni comunali.

Sì, lo ha scoperto e tra l’altro nemmeno in modo simpatico, visto che a dirglielo è stata una notifica della Corte di Appello di Napoli, che la “invitava” a presentare, entro e non oltre quindici giorni dalla data di ricezione dell’avviso (avvenuta il 12 gennaio), il rendiconto puntuale delle spese e dei contributi ricevuti per sostenere la sua campagna elettorale. Nel caso non lo avesse fatto, l’avrebbe aspettata una multa tra i 23mila e i 120mila euro.

I genitori della ragazza, fortunatamente, hanno potuto presentare per tempo tutta la documentazione per evitare di pagare, ma difficile pensare che ora ci sia da stare tranquilli. La questione è stata risolta all’Ufficio Regionale Elettorale, da cui hanno annunciato che invieranno in ogni caso i fascicoli sulla vicenda alla Procura.

È così che Federica, la mamma Francesca e il papà Danilo hanno saputo che la giovane era la sedicesima nella lista civica Napoli Vale – Valeria Valente sindaco, schierata, quindi, con la ex candidata del Pd. Federica aveva addirittura ottenuto due voti, lo 0,05% sui voti totali alla lista, andando anche meglio di altri “colleghi”.

Per capire davvero quanto tristemente assurda sia la storia di Federica, sarà utile fare un rapido riepilogo su come nascono le liste civiche.

Caratteristica fondamentale, soprattutto visto il nostro caso, è che ogni lista deve essere composta da un determinato numero minimo di candidati, fissato in base al numero di abitanti della città nel quale la si presenta. Che sia stata la necessità di rispettare tale requisito a far ritrovare Federica coinvolta in questa storia?

Inoltre, è necessario redigere una dichiarazione per la presentazione della lista, completa di firme autenticate dei cittadini che la sottoscrivono. Le firme autenticate vanno apposte anche alle dichiarazioni sostitutive di ogni candidato, attestanti l’insussistenza della condizione di incandidabilità. Chi, quindi, ha firmato al posto di Federica, usando le sue esatte generalità, e chi ha autenticato tale firma?

Probabilmente con i nostri stessi dubbi, i genitori di Federica si sono recati a Palazzo San Giacomo, sede del Comune. La mamma della giovane ha dichiarato:

“l’impiegato dell’ufficio competente per le pratiche elettorali non si è per nulla meravigliato anzi, il problema lo conosceva già molto bene: prima di noi erano arrivati altri sette, otto disabili, pure una ragazza in carrozzella, tutti candidati a loro insaputa”.

Riguardo tutto questo Antonio Nocchetti, della Onlus Tutti a scuola (nata per stare al fianco dei ragazzi disabili e delle loro famiglie, per seguirli a scuola e nel loro tempo libero) ci ha detto:

“Al Comune hanno detto una cosa grave alla famiglia. Bisognerebbe chiedere perché qualcuno ritiene che sia una cosa naturale che possa accadere un incidente (chiamiamolo incidente) del genere.

Rispetto a questa cosa, l’idea che mi sono fatto è che la questione meriti un approfondimento da parte della magistratura. Non credo ci sia un’altra possibilità. Non è una vicenda che può essere derubricata come un infortunio: il furto d’identità o scambio d’identità non è un infortunio.

Qui ci troviamo di fronte a uno scambio d’identità e allora qualcuno ci deve spiegare com’è possibile prendere nome, cognome, data di nascita, indirizzo, dati anagrafici completi. Poi stiamo parlando di una ragazza con la sindrome di Down. A mio avviso bisognerebbe avere una grande cautela e sarebbe il caso che la magistratura facesse ciò che si fa in questi casi; poi con chi o contro di chi lo stabilirà un magistrato.

Io sono però convinto di una cosa: se venisse dimostrato un dolo ci troveremo davanti a un episodio di una gravità assoluta, perché falsare le regole della democrazia è semplicemente un atto eversivo. Chiaramente io sono convinto e mi auguro da cittadino italiano che non sia così”.

Cosa farà la famiglia ora?

“La famiglia, intanto, si è levata dalla posizione di dover spendere dei soldi per un ammenda incredibile e sta per presentare una denuncia in Procura. La famiglia non può che fare questo, c’è poco da fare. Auspico, come associazione, che tutti se ne accorgano e se c’è qualcun altro che si è trovato in una condizione simile venga qui, o chiami i giornalisti, o chiami altre associazioni e abbia il senso del dovere civico di denunciare. Questa è una cosa che non può passare sotto silenzio”.

Ora tocca alla giustizia, quindi. Valeria Valente è della stessa opinione:

“Nelle prossime ore, tramite i miei legali, presenterò un esposto in Procura per chiedere che venga fatta piena luce sull’intera vicenda. Com’è evidente, sono totalmente estranea ai fatti. È inaccettabile, però, qualsiasi ombra. Sono indignata. Se qualcuno ha sbagliato o se qualcuno sta provando a gettare fango deve risponderne. In entrambi i casi, o anche se semplicemente si trattasse di un malinteso, io sono, comunque, parte lesa in questa vicenda”.

Ad oggi, la verità non sembra nemmeno vicina al venire a galla. L’auspicio, allora, è che la giustizia possa fare davvero il proprio corso.

Desire Rosaria Nacarlo 

 

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