E’ stato necessario porre la questione di fiducia per riuscire a superare le opposizioni dei senatori alla conversione in legge del decreto sugli enti locali, dopo che per ben 4 votazioni era mancato il numero legale (ovvero: taluni rappresentanti, per evitare di esprimere un voto contrario in contrasto con le indicazioni del proprio partito, si erano assentati dall’aula). Il Senato ha approvato il testo con 163 voti a favore e 111 contrari, dopo un dibattito che si è rivelato particolarmente violento (ed ipocrita, dato che chi ha accusato il governo di giocare con la salute dei cittadini ha successivamente votato sì). Adesso si dovrà attendere il voto della Camera, dove comunque la maggioranza non dovrebbe andare incontro ad alcuna problematica. Il voto è previsto per il 4 Agosto, ma non potrà essere rinviato oltre il 7, data in cui avrà inizio la pausa estiva, pena la decadenza del testo (i decreti legge, se non convertiti dal parlamento, perdono ogni efficacia decorsi 60 giorni dalla emanazione).

Il decreto è un insieme di modifiche normative riguardanti gli enti locali, la cui parte più corposa riguarda la sanità. Un anno fa i presidenti delle Regioni avevano votato un accordo con il governo volto a diminuire i fondi statali per il SSN (Servizio Sanitario Nazionale), con una sola eccezione: Luca Zaia, che si era fermamente opposto alla convenzione. Adesso quegli stessi presidenti minacciano guerra, ma con scarsi risultati e con una certa vena di ipocrisia. Il Governo deve diminuire la spesa pubblica, ed ha deciso di intervenire in materia di sanità con l’intento di diminuire gli sprechi (che, secondo Gutgeld, peserebbero sulle tasche dello stato per 2,7 miliardi di euro). Il testo prevede: a) il divieto di ricorrere più volte, a spese dello Stato, ad analisi considerate futili (in assenza di fattori di rischio valutati da un medico, alcuni esami potranno essere fatti soltanto a distanza di un anno l’uno dall’altro); b) il divieto per il medico di prescrivere esami a scopo precauzionale (la finalità della previsione è evidente: evitare il ricorso da parte dei sanitari a plurimi esami al solo scopo di cautelarsi da future denunce); c) l’obbligo del pareggio di bilancio per gli ospedali (come se un’ospedale fosse un’impresa!); d) taglio dei posti letto (nonostante la presenza di molti malati che negli ospedali pubblici restano nelle corsie privi di soccorsi); e) l’impossibilità di prescrivere antibiotici se non è certificata la permanenza dello stato febbrile da almeno 72 ore. Un insieme di norme particolarmente pericoloso per i cittadini, e che potrebbe non riuscire ad ottenere sul piano economico i risultati desiderati (proprio per la totale assenza di indici discriminatori).

Ulteriori previsioni sono: a) nuove assunzioni in vista del giubileo; b) l’invio delle somme di denaro derivanti dal pagamento di IMU, TASI e IMU agricola; c) disposizioni in materia di bilancio delle città metropolitane; d) misure per la ricostruzione  a seguito del terremoto dell’Aquila.

Silenzio assoluto invece sulla riapertura della contrattazione sindacale, il cui blocco è stato dichiarato incostituzionale dalla Consulta. La Madia ha affermato che, se sarà possibile, la riaprirà nel 2016. Come se il rispetto delle sentenze della Corte costituzionale fossero dei meri consigli, non vincolanti.

Vincenzo Laudani

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