N.B. Questa rubrica vuole essere una sorta di macchina del tempo, dove mi impegnerò a presentare alcuni dei pezzi più importanti (il parametro seguito è il successo commerciale) nella storia della classifica inglese, settimana dopo settimana, partendo dal 1994, esattamente venti anni fa.

Al numero 5 di questa settimana abbiamo un ritorno decisamente inaspettato: quello di Cyndi Lauper con Hey Now Girls Just Want To Have Fun, versione in chiave Reggae del successo del 1983. Il pezzo contribuisce a rilanciare la carriera della ragazza che vuole solo divertirsi, che torna in classifica dopo ben cinque anni di assenza, divenendo in poco tempo un successo mondiale. Complice di tale successo forse anche il divertente videoclip, dove la Lauper si esibisce con un colorato gruppo di drag queen, e a tal proposito, la canzone viene appunto inserita nella colonna sonora dell’iconico film del 1995 To Wong Foo, Thanks For Everything! Julie Newmar.

Per il resto è da segnalare l’uscita di Kylie Minogue dalla top ten, e l’entrata di Lisa Loeb, questa settimana al numero 6. I Bon Jovi salgono sul podio in terza posizione, mentre scende il duo composto da Mariah Carey e Luther Vandross, ora al numero 4. Scendono anche i Boyz II Men, mentre le prime due posizioni rimangono stabili, e sono rispettivamente occupate da Whigfield e Corona.

Ancora Reggae al numero 16 col cantante giamaicano Pato Banton, che rispolvera un vecchio classico dei The Equals, Baby Come Back. Questa versione si avvale della collaborazione degli Ub40, ormai lanciatissimi dopo il grande successo dell’anno precedente, e differisce dall’originale per un suono più convenzionale, che maggiormente si attiene ai canoni del Reggae commerciale, genere diventato popolarissimo dopo l’exploit del 1993. Il riscontro sul mercato è altalenante: mentre viene accolto da un tiepido successo nella maggior parte dei paesi europei, diventa invece una hit in Nuova Zelanda e soprattutto in Inghilterra, dove diventa il quarto singolo più venduto del 1994.

Al numero 20 tornano in classifica i Cranberries con Zombie, potente canzone di protesta dalle forti reminiscenze Grunge. Il pezzo, dedicato alla scomparsa di Jonathan Ball e Tim Parr, vittime degli attacchi terroristici dell’IRA, ha il compito di sensibilizzare il fruitore medio di musica commerciale, solitamente poco propenso a interessarsi a questioni simili, agli orrori della guerra, citando persino la Rivolta di Pasqua del 1916. Nonostante non tutti apprezzino l’operazione (alcuni critici la definiscono senza mezzi termini una banalizzazione del tema); il risultato è molto convincente: le atmosfere pesanti e aggressive si armonizzano perfettamente con la voce della O’Riordan, che si abbandona a un feroce, a tratti “fastidioso”, lamento, che non esprime rassegnazione bensì voglia di ribellarsi (in perfetta tradizione Grunge) a un sistema che ha sparso anche fin troppo sangue.

Al numero 26 troviamo Bug Powder Dust dei Bomb The Bass, che si avvalgono della collaborazione del rapper Justin Warfield. Musicalmente il pezzo, seppur valido, è un semplice esempio di musica elettronica che miscela abilmente il Rap underground al Breakbeat inglese. La particolarità del progetto risiede invece nel testo, totalmente ispirato al mondo allucinato delle opere di William S. Borroughs. Warfield gioca a utilizzare la prospettiva dell’autore, integrandola al Braggadocio tipico dell’Hip Hop, sostituendone le tematiche classiche (ricchezza, potenza sessuale, forza fisica) con quelle care a Borroughs. Nasce così un mondo criptico, dove realtà e finzione si confondono e la sanità lascia il posto alla pazzia senza che realmente si riesca a distinguere l’una dall’altra.

Alfredo Galassi

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