Gli addetti ai lavori la definiscono astrazione gestuale, ma è più comunemente conosciuta come Action painting. La pittura d’azione è uno stile molto distante dal tradizionale linearismo geometrico, caratterizzato da un rigido schematismo iconografico; infatti il colore viene lanciato sulla tela, in alcuni casi addirittura lo si lascia gocciolare in maniera caotica. È questa la tecnica utilizzata dal viennese Hermann Nitsch, unico artista vivente al quale sono stati intitolati due musei monografici, uno dei quali conosciuto da pochi, proprio nella città di Napoli.
Il “Museo Archivio Laboratorio per le Arti Contemporanee Hermann Nitsch” è situato a poca distanza dal centro storico della città partenopea, in Vico Luongo Pontecorvo, in un edificio adibito precedentemente a centrale elettrica. All’interno di queste stanze sono riuniti vari capolavori dell’artista dagli anni sessanta ad oggi, raccolta messa insieme dal collezionista Giuseppe Morra. Il 25 ottobre 2014 ha avuto inizio un progetto di collegamento, quasi un gemellaggio, a cura di Michael Karrer, che vede la collaborazione del museo napoletano con il corrispettivo viennese Nitsch Museum di Mitelbach. La mostra sarà aperta fino al 28 febbraio 2015.
Foto, video e tele testimoni delle azioni pittoriche del maestro austriaco avranno il compito di celebrare, davanti agli occhi dei visitatori l’origine e l’evoluzione enfatizzata dell’atto fisico di aggredire la tela. Questo evento godrà di un privilegio particolare: infatti alla mostra parteciperà personalmente lo stesso Hermann Nitsch. L’artista intratterà un discorso volto a sottolineare l’influenza delle sue opere sull’arte in genere e sulla società contemporanea in particolare.
Il sentimento pittorico di Nitsch è dipendente sicuramente dalla sua nota passione filosofica; ammiratore di filosofi come Sigmund Freud e Friedrich Nietzsche, ha come fine ultimo della sua opera creativa la volontà di provocare un impulso alla catarsi e alla purificazione dell’anima dello spettatore. Soggetti delle sue opere sono animali morenti, crocifissi e grondanti di sangue che spesso diventano parte attiva di rituali a i quali si invitano a partecipare gli stessi astanti.
In questi casi l’osservatore coinvolto nell’azione perde qualsiasi freno inibitorio assumendo un atteggiamento animalesco ed entra in contatto con il suo intimo più personale, prendendo coscienza di se stesso. A questo punto si può considerare l’Action painting come un’espressione della sofferenza dell’artista in una società rigidamente precostituita.
Vincenzo Morrone