Nel dicembre dello scorso anno, il senatore Raffaele Ranucci ed il deputato Roberto Morassut, entrambi del PD, presentarono alla Camera dei Deputati un disegno di legge costituzionale per ridurre le regioni italiane da 20 a 12. “Dopo 45 anni dalla nascita delle regioni – spiegarono i due in quella sede – pensiamo che in Italia sia arrivato il momento di discutere concretamente di una riforma del regionalismo. Oggi ci troviamo in una fase in cui stiamo riorganizzando lo stato, le massime istituzioni, e le basi fondamentali della nostra Costituzione; parliamo poi di riforma della legge elettorale e discutiamo di spending review, cioè di riduzione delle spese. Allora, in questo quadro, il tema delle regioni diventa fondamentale”.
La nuova cartina dell’Italia, presentata dai due parlamentari democratici, vede lo stivale diviso in dodici macro-aree, omogenee per “storia, area territoriale, tradizioni linguistiche e struttura economica”
Lo scorso 8 ottobre, la proposta di legge di revisione costituzionale è stata recepita mediante un ordine del giorno di Ranucci, il quale ha impegnato il governo a ridisegnare l’Italia in dodici macroregioni, ripartite in base al numero di abitanti e alla spesa pro-capite.
Se il ddl sarà poi approvato, dopo 45 anni l’assetto regionale cambierà in questo modo:
Il Piemonte, la Valle d’Aosta e la Liguria sarebbero sostituite dalla Regione Alpina. Non subirebbe modifiche, invece, la Lombardia. La Regione Triveneto accorperebbe insieme il Trentino Alto-Adige, il Friuli Venezia Giulia e il Veneto. Anche l’Emilia Romagna sarebbe confermata, con l’estensione, però, del territorio fino alla provincia di Pesaro e Urbino. La Toscana, l’Umbria e la provincia di Viterbo sarebbero inglobate dalla Regione Appenninica. Invece, Abruzzo, Marche e parte del Molise e Lazio formerebbero la Regione Adriatica. La restante parte del Lazio (le province di Frosinone e Latina) si fonderebbe con la Campania nella Regione Tirrenica. L’altra parte del Molise, con Puglia e Basilicata costituirebbe la Regione del Levante, mentre la Calabria e la provincia di Potenza darebbero forma alla Regione del Ponente. Le due isole, Sicilia e Sardegna, rimarrebbero invariate.
Una considerazione a parte merita Roma, che con la sua attuale provincia, formerebbe una sola nuova regione, che si chiamerebbe Roma Capitale.
Tra i principali dissidenti al nuovo progetto regionale rientra Debora Serracchiani, vicesegretaria del PD e presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia, che ha dichiarato: “L’ipotesi di un accorpamento delle Regioni rifiorisce a intervalli più o meno regolari, senza mai tener conto che il Governo non ha in agenda nulla del genere e che lo stesso vale per il PD […] L’assetto delle Regioni non è toccato dalla riforma costituzionale, a cominciare dal disegno dei confini e non potrà essere un ordine del giorno a incidere, in un modo oltretutto così pesante, sull’iter e sui tempi che ci siamo dati“.
Anche Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria, dimostra di essere contrario alla proposta di Ranucci e Morassut: “Questo governo di danni ne ha fatti a sufficienza. C’è una furia riformatrice sgangherata, un’entropia pazzesca. Non c’è un no pregiudiziale da parte nostra. Ma non si può smembrare la storia con una matita“.
Ranucci, però, risponde: “È la vera grande riforma del nostro Paese. Regioni più forti ci renderanno più competitivi in Europa. Del resto, la Francia ha appena ridotto le sue da 23 a 12“.
Andrea Palumbo